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Aprile 30, 2024
EvoluzioneFocus

Impegni per la transizione sempre più presenti nei piani strategici delle aziende

Lo rileva la nuova edizione dello studio EY Seize the Change


L’incertezza geopolitica di questi tempi non bloccato la transizione green.

Oltre il 60% delle aziende non ha interrotto i piani di sostenibilità e il 15% ha accelerato il passaggio a modelli di business più sostenibili.

E’ quanto risulta dalla nuova edizione dello studio EY Seize the Change, secondo la quale  l’80% circa delle aziende intervistate ha previsto un piano di sostenibilità con obiettivi specifici, dato superiore di circa 10 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione.

Il 65% ha definito obiettivi e relative azioni per mitigare il cambiamento climatico, a fronte del 38% dell’anno 2022. Le azioni più significative già avviate sono legate alla riduzione delle proprie emissioni e alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Quasi il 60% prevede al proprio interno una funzione CSR (Corporate Social Responsibility) o legata alla sostenibilità, di quasi 30 punti percentuali in più rispetto allo scorso anno.

Secondo i dati dello studio, nonostante gli impatti economici e finanziari generati dalle tensioni geopolitiche, dunque, le aziende italiane stanno sempre più integrando la sostenibilità nel business con piani e target strutturati e ambiziosi in particolare su alcuni temi specifici, come il cambiamento climatico e l’economia circolare.

Massimo Antonelli (nella foto in alto), CEO di EY in Italia e COO di EY Europe West, commenta “Per l’87% delle aziende che abbiamo intervistato, la sostenibilità è un fattore di vantaggio competitivo solo se presa in considerazione nelle sue tre dimensioni: economica, sociale ed ambientale. Le aziende italiane sono coscienti di avere a disposizione un driver trasformativo eccezionale e la sua integrazione nel business è strategica per aumentare competitività, capacità di sviluppo e crescita sul medio-lungo periodo. Se in passato la sostenibilità ha rappresentato un nice to have, poi una scelta e più recentemente un’opportunità, oggi siamo chiaramente di fronte a una necessità per rispondere alle sfide di business e alle trasformazioni di future”.

Nell’edizione di quest’anno sono state intervistate 200 aziende, 50 in più rispetto allo scorso anno, appartenenti a diversi settori di attività e differenti dimensioni, dalle piccole-medie imprese a quelle più grandi. Inoltre, come per la scorsa edizione, è stato condotto un approfondimento sulle performance economico-finanziarie con l’obiettivo di individuare eventuali correlazioni tra comportamenti in termini di sostenibilità aziendale e tali performance.

I dati indicano che circa l’80% del campione ha previsto un piano di sostenibilità, con obiettivi qualitativi o quantitativi, dato in aumento di circa 10 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione.

Dai risultati della survey emerge come l’87% delle realtà operanti nel settore Automotive & Transport abbia sviluppato un piano di sostenibilità con target nella maggior parte dei casi quantitativi. Questa percentuale diminuisce al 59% per quelle appartenenti al settore Media &Telco.

Riccardo Giovannini (nella foto in basso), Sustainability leader di EY Italy, dichiara: “I dati del nostro studio confermano come sempre più realtà aziendali scelgano di integrare concretamente la sostenibilità all’interno del proprio business. Oltre il 70% delle aziende intervistate, infatti, integra il piano di sostenibilità nel piano industriale, dato in aumento di circa il 18% rispetto alla scorsa rilevazione. Per quanto riguarda le principali aree di miglioramento, quasi l’80% si orienta alla riduzione di emissioni CO2 mentre oltre il 40% del campione all’economia circolare. Per continuare e accelerare il percorso verso la transizione ecologica, alle aziende risulterà necessario cogliere le opportunità che essa comporta. Le imprese dovranno adeguare o trasformare il proprio modello di business non solo al cambiamento climatico, ma anche a tutte le altre sfide ambientali e sociali che provengono dal sistema economico-sociale nazionale e internazionale.”

Il numero di aziende che ha previsto al proprio interno una funzione Corporate Social Responsibility (CSR) e di sostenibilità è in forte crescita, attestandosi quasi al 60% del campione, dato in aumento rispetto all’anno scorso di quasi 30 punti percentuali. Un ulteriore 10% ne prevede invece la creazione.

Sotto la spinta dei recenti fenomeni naturali scaturiti in conseguenza al cambiamento climatico, il 65% delle aziende indica di aver definito degli obiettivi relativi al cambiamento climatico. Si tratta di un dato in grande crescita, registrando un aumento del 38% rispetto al 2022 e del 67% rispetto al 2021.

Tra coloro che hanno definito tali impegni, il 26% li ha inseriti nel proprio piano strategico.

In questo contesto, oltre la metà del campione, il 66%, ha deciso di apportare modifiche alla propria catena di approvvigionamento nel rispetto di alcuni indicatori di sostenibilità, ad esempio, collegati a una maggior responsabilità nella scelta dei fornitori e per via delle richieste da parte dei clienti e dei consumatori sempre più orientate al rispetto dei criteri green.

Più nello specifico, con riferimento all’economa circolare, negli ultimi due anni oltre l’80% delle aziende ha avviato un processo di analisi dei propri processi operativi, trend in aumento di 10 punti percentuali rispetto all’indagine precedente, mentre il 38% si è concentrato sul minimizzare l’impatto dei processi e prodotti a valle della filiera.

Tra i settori che maggiormente si sono distinti in questo ambito si trovano quello del Food &Beverages, Industrial e del Textile & Apparel.

Più in generale, le nuove normative europee in materia di rendicontazione non finanziaria portano ad interrogarsi su come le aziende si stiano attrezzando per fotografare le proprie performance e rispondere ai futuri requisiti di legge.

La survey condotta da EY ha evidenziato come il 52% delle aziende pubblichi già un report di sostenibilità, nonostante solo il 47% rientri negli obblighi della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la direttiva che impone l’obbligo di rendicontazione.

Infine, si consolida la potenziale relazione tra gli investimenti reali in materia di sostenibilità sul breve periodo e l’eventuale crescita sul lungo. Esaminando la relazione tra il posizionamento in termini di sostenibilità con alcune variabili economiche e finanziarie, quali l’andamento su 3 anni del tasso di indebitamento e del rapporto EBTDA/Ricavi, si rileva una certa correlazione fra l’andamento dell’indebitamento e il miglioramento della performance di sostenibilità.

Per le aziende del campione di medie dimensioni, ossia con un fatturato tra i 150-500 milioni, si osserva che a quelle con un rating di sostenibilità inferiore corrisponde un trend di indebitamento crescente.

Anche se tale correlazione varia in base a diversi elementi, ad esempio, a seconda della dimensione delle aziende prese in esame, sarà possibile nel corso dei prossimi anni consolidarne un trend analizzando l’andamento sul medio-lungo periodo.

La Redazione

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