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Dicembre 6, 2024
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Demand planning: si passerà da un valore di 4 miliardi di dollari del 2023 a uno di 7 miliardi entro il 2028


Tutte le aziende, in particolare quelle del settore retail, hanno sfide molto impegnative dal momento che si trovano a operare in mercati e in contesti macro-economici sempre più globali, aggressivi e dinamici, in cui i cambiamenti sono frequenti e repentini.

A ciò si aggiunge la proliferazione dei canali, l’aumento esponenziale delle tipologie di prodotti e la richiesta di livelli di servizio crescenti da parte dei clienti, solo per citarne alcuni.

Per essere efficienti e competitivi è fondamentale implementare processi di pianificazione molto precisi che, quindi, tengano conto dei sales forecast, ma che non possono più prescindere anche dal demand planning. Se il sales forecast è la previsione delle vendite future (vendite non domanda!) basate sull’andamento del mercato e dell’azienda stessa, il demand planning è relativo al processo di previsione della domanda dei clienti attraverso la combinazione di una serie di set di dati sia interni che esterni.

In altre parole, misura con la maggiore precisione possibile la domanda futura del mercato, permettendo all’azienda di fornire al cliente il prodotto o servizio nei tempi e nei termini promessi, per esempio in una campagna social.

La ‘conditio sine qua non’ per una buona pianificazione della domanda è una gestione accurata dei dati che sono sempre di più, sempre più eterogenei, raccolti da fonti molto diverse e archiviati in repository a loro volta molto differenti fra loro, che sono in continua evoluzione e quindi non possono più essere estrapolati e analizzati attraverso meri fogli excel.

In particolare l’approccio data driven alla pianificazione della domanda dovrebbe toccare:

– Dati sul prodotto: dati sulle vendite, sulla stagionalità delle vendite, ecc

– Dati sulle tendenze interne a cominciare dalle previsioni di vendita

– Dati su eventi e promozioni interni ed esterni che possono influenzare l’andamento della domanda

– Dati di contesto: dalla concorrenza al clima, dai trend sui comportamenti dei clienti a possibili eventi d’impatto

Da questo si evince che il demand planning, proprio per l’interazione fra la domanda ed enne fattori, non può essere un’attività a sé stante, ma deve invece essere integrata con tutte le altre funzioni aziendali: trade marketing, marketing, vendite, logistica. Occorre quindi che ci sia una condivisione delle informazioni all’interno dell’azienda e un coinvolgimento degli altri team.

Un ulteriore best practice è quella di suddividere i prodotti in cluster. Per esempio, accorpando le referenze o i segmenti che hanno le medesime caratteristiche e ridurre così l’effort necessario alla pianificazione o, al contrario, isolando alcuni perché richiedono una pianificazione mirata. Operazioni che possono essere fatte con l’aiuto di modelli analitici, econometrici per esempio, ma anche customizzati, ovvero creati ad hoc in base alle caratteristiche specifiche del business e del retailer.

Inoltre, per rispondere a una realtà caratterizzata dal succedersi rapido di cambiamenti, è determinante che la review della pianificazione sia molto frequente, anche settimanale, grazie anche in questo caso al supporto di soluzioni tecnologiche.

Nel dettaglio parliamo di software in grado di:

1. Gestire un’enorme quantità di dati;

2. Apprendere e migliorare a ogni ciclo successivo grazie al machine learning;

3. Fornire review della pianificazione in modalità automatizzata e continua per non pesare in termini di tempo sul lavoro del demand planner, permettendogli di concentrarsi sulla pianificazione in senso stretto e non di rispondere agli imprevisti.

4. Prevedere anche il cosiddetto demand sensing, ossia la possibilità di aggiungere alle informazioni per la pianificazione una serie di ulteriori informazioni in real time. Per esempio, quelle che arrivano dai social, dai dispositivi point of sales, etc.

Un approccio strutturato al demand planning ha notevoli vantaggi. Innanzitutto migliora il calcolo del forecast e della sua revisione/gestione, permettendo di individuare con anticipo scostamenti tra previsioni

e venduto e negli stock e anche possibili criticità di approvvigionamento o di produzione. Benefici che si traducono in una riduzione delle mancate vendite e dell’obsolescenza degli stock, delle scorte di sicurezza e dei relativi costi di magazzino e conseguentemente del flusso di cassa. Ma anche in una migliore reputation in quanto il cliente per esempio troverà il prodotto promozionato durante tutto il periodo di sconto.

Non stupisce pertanto che il “Demand Planning Solutions Global Market Report 2024” di Research And Markets abbia previsto che il mercato delle soluzioni di pianificazione della domanda registrerà un robusto incremento. Nel dettaglio si passerà da un valore di 4 miliardi di dollari del 2023 a 6,9 miliardi entro il 2028 grazie soprattutto al numero crescente di aziende che doteranno i propri demand planner di questo tipo di soluzioni evolute.

Antonio D’Agata, Partner e Director Strategic Accounts di Axiante

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