Scopri perché la Business Intelligence è essenziale per l’innovazione aziendale e come un corso Power BI può trasformare i tuoi dati in valore strategico.
Innovazione e cultura del dato: perché le aziende moderne non possono più fare a meno della Business Intelligence
Quante volte ti è capitato di partecipare a riunioni interminabili, con fogli Excel sparsi ovunque e numeri che non tornano mai del tutto? Quel momento di smarrimento — “Ma da dove salta fuori questo dato?” — è più comune di quanto si pensi. E non si tratta solo di confusione: ogni errore, ogni ritardo, ogni dato mal interpretato si traduce in tempo perso e decisioni poco efficaci.
Il punto è chiaro: oggi non basta raccogliere informazioni. Serve una vera cultura del dato. Senza un sistema strutturato per analizzare e interpretare ciò che accade in azienda, è impossibile parlare davvero di innovazione.
In questo articolo parleremo di come la Business Intelligence stia cambiando il modo in cui le imprese prendono decisioni e vedremo come strumenti come Power BI possano fare la differenza tra gestire i numeri… e farli lavorare per te. Approfondiremo anche l’importanza della formazione professionale, presentandoti il corso Power BI di Nexsys, pensato per chi vuole diventare un Microsoft Data Analyst certificato e portare subito risultati concreti all’interno della propria realtà lavorativa.
Innovazione = cultura del dato + strumenti intelligenti
Oggi il termine “innovazione” viene usato ovunque. Ma in azienda, innovare non significa solo acquistare nuove tecnologie. Vuol dire prendere decisioni più rapide, più sicure, più strategiche. E questo è possibile solo se i dati diventano parte attiva del processo.
Ecco perché la cultura del dato è diventata il nuovo standard competitivo. I top player di mercato lo sanno già: ogni decisione nasce da un dato preciso, analizzato, interpretato e visualizzato in modo efficace.
Power BI è lo strumento che traduce tutto questo in operatività quotidiana. Con dashboard intuitive, analisi predittive e visualizzazioni dinamiche in tempo reale, ti permette di:
Anticipare tendenze
Monitorare KPI in modo chiaro
Semplificare il reporting
Condividere insight strategici tra reparti
Ma la vera svolta? È la formazione. Perché senza la competenza, ogni strumento è solo una bella scatola vuota.
Perché puntare su una certificazione Microsoft Data Analyst
Avere qualcuno in azienda che sappia usare davvero Power BI è come avere un navigatore satellitare quando tutti guidano a vista. Il corso Power BI di Nexsys ti prepara a ottenere la certificazione PL-300 – Microsoft Data Analyst, una delle più richieste oggi sul mercato del lavoro.
Ecco cosa impari concretamente nel corso:
Modellare e trasformare dati da diverse fonti
Costruire report visivi e funzionali
Applicare strumenti di analisi avanzata
Automatizzare flussi di lavoro
Interpretare i dati in chiave strategica
Non è teoria: è pratica pura. Perché oggi, chi sa leggere i dati, ha un vantaggio reale rispetto alla concorrenza.
A chi serve davvero un corso Power BI?
Aziende che vogliono portare la BI all’interno dei propri processi decisionali
Manager che devono leggere velocemente i numeri per prendere decisioni concrete
Analisti e controller che desiderano fare il salto di qualità con strumenti professionali
Freelance e consulenti che vogliono offrire un servizio più evoluto e competitivo
Non importa il settore: se hai dati, ti serve Power BI. E se vuoi che quei dati diventino valore, ti serve una formazione certificata.
Come si applica tutto questo nel quotidiano?
Immagina di poter:
Vedere in tempo reale le vendite per regione
Identificare in anticipo i prodotti con scarsa rotazione
Condividere con il team marketing una dashboard aggiornata ogni ora
Automatizzare i report settimanali in un clic
Non è fantascienza. È quello che fanno ogni giorno le aziende che hanno integrato Power BI nei loro processi. E che hanno investito su persone capaci di guidare questo cambiamento.
Conclusione
Parlare di innovazione senza parlare di dati è come voler costruire una casa senza fondamenta. La Business Intelligence non è solo uno strumento: è un cambio di mentalità. Power BI ti offre tutto ciò che serve per leggere i numeri con occhi nuovi.
Soluzione creata e lanciata sul mercato nel 2022 da Maxfone
Un applicativo di Machine Learning progettato per il monitoraggio e l’ottimizzazione dei processi produttivi industriali, che accompagna le aziende verso modelli d’impresa più efficienti e sostenibili. IDA (IoT Data Analytics), la soluzione creata e lanciata sul mercato nel 2022 da Maxfone, il Digital Enabler specializzato nella transizione digitale delle PMI, diventa ora uno strumento che SMACT Competence Center mette a disposizione di tutte le imprese. Con questa partnership, che contestualmente vede il rinnovo dell’adesione di Maxfone all’ecosistema SMACT, il centro di competenza del Nordest amplia la propria offerta di servizi, fornendo alle imprese uno strumento capace di accelerare il loro percorso di trasformazione digitale e ambientale, aiutandole così a rispettare i requisiti di sostenibilità previsti per accedere agli incentivi del piano Transizione 5.0. Oltre a fornire la tecnologia, SMACT estenderà il proprio supporto anche alla fase di data analysis, con una consulenza mirata per l’analisi dei dati raccolti dall’applicazione e per l’ottimizzazione dei processi aziendali.
«I dati generati dalla digitalizzazione dei processi produttivi possono essere utilizzati per migliorare le performance aziendali, ad esempio con la manutenzione preventiva e predittiva, o ancora nel settore della sostenibilità ambientale in funzione energy management – dichiara Matteo Faggin, direttore generale di SMACT – Vogliamo offrire questo strumento, che nasce grazie a Maxfone, a tutte le imprese che vogliono digitalizzare, con un notevole risparmio di tempo e risorse, i loro processi. Ma mettiamo a disposizione anche le nostre competenze nel campo dell’analisi dei dati e nella creazione di un process modelling a supporto delle previsioni e delle decisioni aziendali. In questo modo rendiamo più semplice massimizzare i benefici dell’applicazione, anche nel caso in cui l’azienda non dovesse avere una figura specifica di data analyst al proprio interno».
«Siamo nelle condizioni di poter sviluppare nuovi servizi avanzati per le PMI. Grazie all’analisi dei dati, le aziende che utilizzano le nostre applicazioni possono rispondere a nuove esigenze e progettare modelli d’impresa più efficienti e sostenibili – dice Paolo Errico, Ceo di Maxfone. – Questo accordo con SMACT unisce le competenze ed il networking del competence center con le prestazioni avanzate di IDA. Una combinazione vincente e apprezzata dagli imprenditori perché disegnata per una transizione digitale su “misura” di PMI».
Cos’è IDA (IoT Data Analytics)
IDA utilizza le più sofisticate tecnologie di Intelligenza Artificiale, Machine Learning ed Edge Computing per analizzare e gestire i dati aziendali ed estrae informazioni utili per ridurre tempi ed errori nell’elaborazione manuale. Nello specifico, attraverso una dashboard intuitiva, il sistema consente di monitorare in tempo reale parametri critici come consumi energetici, emissioni di CO2 e stato dei macchinari, permettendo di ottimizzare e pianificare interventi con maggiore precisione. IDA nel corso degli anni ha trovato applicazione in diversi settori industriali, anche grazie alla sua metodologia standardizzata che ne garantisce una versatilità applicativa unica. Questo approccio data-driven, quindi esclusivamente basato sui dati, trasforma le informazioni raccolte in un patrimonio indispensabile per i processi aziendali presenti e futuri.
Grazie a IDA è possibile ottenere fino al 20% di risparmio sui consumi energetici e indicazioni per un uso efficiente delle risorse, ricevendo approfondimenti sui processi industriali, i cicli di lavorazione per ogni commessa, operatore, materiale, attrezzatura e fermo macchina, per mezzo di avvisi e notifiche personalizzate anche a distanza. IDA analizza i dati in tempo reale e presenta soluzioni per migliorare i processi: orari di produzione ottimali, identificazione dei prodotti più energivori e manutenzione predittiva.
SMACT Competence Center
SMACT è uno degli 8 Centri di Competenza industria 4.0 nati in Italia su impulso del Ministero dello Sviluppo Economico. È una partnership pubblico-privata che mette a sistema le competenze in ambito 4.0-5.0 della ricerca, dei provider di tecnologie e delle imprese early adopter. SMACT nasce nel Triveneto raggruppando stakeholder con capacità ed esperienza nella Digital Transformation, per permettere all’intero sistema produttivo e sociale di affrontare il futuro e creare valore.
Tutti i dettagli e le attività di SMACT Competence Center sul sito www.smact.cc
Maxfone Srl Società Benefit
Maxfone è un’azienda fondata a Verona nel 2010, oggi punto di riferimento per l’innovazione e l’avanzamento tecnologico dei business italiani. La società è un Digital Enabler che opera nei settori dell’Internet of Things (IoT) e dell’Internet of Behaviors (IoB) attraverso due competence center: IoTSolutions e SocialMeter. Le competenze in Data Science e nell’utilizzo di sistemi avanzati di apprendimento automatico (Machine Learning e Intelligenza Artificiale) rendono le tecnologie sviluppate da Maxfone molto agevoli e di facile integrazione per le PMI. L’azienda ad oggi conta 10 persone e oltre 92 collaborazioni universitarie. Nel 2023 ha generato ricavi per circa 1,3 milioni di euro.
A maggio 2023, l’ ESET Threat Report aveva già messo in evidenza i rischi legati all’utilizzo di software scaricato da fonti considerate affidabili ma che si rivelano tutt’altro che sicure, spesso contenenti malware come ransomware o infostealer.
Nonostante gli sforzi per sensibilizzare gli utenti sui pericoli associati a tali pratiche, la situazione non è migliorata di molto.
Il Threat Report di ESET per la prima metà del 2024 ha mostrato un aumento significativo degli infostealer rilevati. Questi malware non sono più nascosti solo in giochi piratati per Windows, crack e tool non ufficiali, ma si presentano anche come strumenti di AI generativa. Inoltre, non sono limitati al sistema operativo Windows: GoldDigger, la famiglia di malware per il furto di informazioni funziona su dispositivi con sistema operativo Android, mentre la campagna Ebury, attiva da oltre un decennio, sottrae carte di credito, criptovalute e credenziali SSH su sistemi operativi di tipo UNIX.
Analizzando le rilevazioni degli infostealer nel periodo compreso tra agosto 2022 e agosto 2024, emerge che queste minacce sono rimaste costantemente attive, con cali evidenti durante i mesi di dicembre e gennaio. Si ipotizza che ciò possa dipendere dalla minore attività informatica delle vittime o da una pausa degli stessi criminali, un fenomeno comune da quando i singoli hacker si sono evoluti in vere e proprie organizzazioni criminali strutturate.
Tra le famiglie di infostealer individuate da ESET, le prime dieci rappresentano oltre il 56% dei rilevamenti, con Agent Tesla in cima alla classifica al 16,2%. Anche se la maggior parte di questi malware colpisce sistemi Windows, esistono infostealer basati sul web, che, pur avendo tassi di diffusione inferiori, potrebbero avere un impatto significativo su utenti non protetti da soluzioni di sicurezza ESET.
Le differenze nei dati tra i vendor di cybersecurity sono normali. Ad esempio, secondo il report sulle tendenze malware del secondo trimestre del 2024 di ANY.RUN, gli infostealer sono scesi dal primo al quarto posto rispetto al trimestre precedente. Queste variazioni sono attribuibili a fattori come il diverso metodo di classificazione delle minacce, la base clienti o l’uso specifico degli strumenti.
Cosa sono gli infostealer?
Gli infostealer sono malware progettati per sottrarre qualsiasi informazione ritenuta di valore dagli operatori. Questo include non solo username e password per siti web, ma anche credenziali diapplicazioni, account di gioco, portafogli di criptovalute e token di sessione. Gli account rubatipossono essere utilizzati per compiere ulteriori truffe o rivenduti sul mercato nero.
I token di sessione, ad esempio, permettono ai criminali di accedere a un account senza dover reinserire credenziali o autenticazione a due fattori. Questi vengono spesso presi di mira proprio per bypassare i controlli di sicurezza.
Gli infostealer non si limitano al furto di informazioni: in alcuni casi, possono installare malware aggiuntivi per mantenere l’accesso al sistema o cancellarsi dopo aver completato il furto, rendendo più difficile risalire all’attacco.
Il business del furto di informazioni
Gli infostealer spesso operano come “crimeware-as-a-service”, consentendo ai loro acquirenti di personalizzarne il funzionamento in base alle loro esigenze. Una volta completato il furto, possono auto-eliminarsi per rendere più difficile identificare l’attacco, oppure installare ulteriori malware per mantenere l’accesso al sistema infettato.
Come riprendersi da un attacco con furto di informazioni
La prima azione da intraprendere è formattare il disco rigido del computer e reinstallare il sistema operativo, a meno che non sia necessario conservare il dispositivo come prova. Se il backup dei dati non è aggiornato, si consiglia di rimuovere l’hard disk, sostituirlo con uno nuovo e installare un sistema operativo pulito. I dati importanti potranno poi essere recuperati tramite un case esterno.
Successivamente, è necessario cambiare tutte le password degli account online, utilizzando combinazioni complesse e uniche per ogni servizio. È fondamentale evitare variazioni prevedibili delle password precedenti. L’abilitazione dell’autenticazione a due fattori per tutti i servizi disponibili aumenterà ulteriormente la sicurezza.
Un altro passaggio essenziale è terminare tutte le sessioni attive sui dispositivi precedentemente autorizzati. Questa misura previene l’uso non autorizzato dei token di sessione sottratti.
Infine, è importante denunciare il crimine alle forze dell’ordine e informare le istituzioni finanziarie coinvolte. Negli Stati Uniti, è possibile fare una segnalazione all’Internet Crime Complaint Center (IC3), utile per tracciare le attività criminali, mentre in Italia ci si può rivolgere alla Polizia Postale e delle Comunicazioni.
Strategie difensive
Prevenire è meglio che curare. Per proteggersi dagli infostealer, è consigliabile:
Utilizzare password lunghe, uniche e diverse per ogni servizio, preferibilmente con un gestore di password
Abilitare l’autenticazione a due fattori, preferendo token hardware o app dedicate
Monitorare i dispositivi connessi agli account e rimuovere quelli non riconosciuti
Evitare software piratati, crack e strumenti simili, poiché sono veicoli frequenti di malware
Mantenere aggiornati sistema operativo, applicazioni e software di sicurezza
Seguire blog di sicurezza informatica per rimanere aggiornati sulle nuove minacce.
Seguire queste raccomandazioni può ridurre significativamente il rischio di diventare vittime di questi attacchi o agevolare la ripresa nel caso in cui ciò accada.
Samuele Zaniboni, Manager of Sales Engineering di ESET Italia
E’ un’azienda familiare, fondata a Porcia (PN) circa 71 anni fa
La Palazzetti, palazzetti.it fondata circa 71 anni fa a Porcia (Pordenone), è un’azienda leader in Italia e tra le prime in Europa nel settore dei caminetti e delle stufe a legna e a pellet.
Si distingue per la sua capacità di innovazione. Opera con due stabilimenti produttivi nella provincia di Pordenone, coprendo una superficie di oltre 120mila quadrati e impiegando più di 200 addetti. Il suo impegno nel rispondere alle normative europee si riflette nei suoi prodotti progettati e testati per garantire massime prestazioni con il minimo impatto ambientale. Con un fatturato medio annuo di circa 50 milioni di euro, si conferma azienda leader in Italia nel settore del riscaldamento domestico a legna e derivati.
Di recente ha sviluppato un progetto sperimentale, denominato Superat, che ha un obiettivo: fornire assistenza tecnica predittivatramite un dispositivo intelligente, per efficientare l’uso delle stufe a pellet ed ottimizzarne il consumo di energia.
L’idea ha ottenuto un cofinanziamento di 60mila euro nell’ambito del Bando IRISS, promosso da SMACT Competence Center.
Il progetto Superat (“Stufe a Pellet controllate mediante tecniche adattative ed intelligenza artificiale per Assistenza Tecnica”), serve, dunque, a identificare in modo predittivo gli usi impropri delle stufe a pellet e nasce dall’esigenza di poter utilizzare in maniera più efficiente possibile i dati che provengono dalle stufe connesse, già controllabili via app e che consentono una lettura da remoto.
Tramite l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale il progetto ha creato una piattaforma che permette di analizzare e sintetizzare i dati in tempi molto più rapidi. Questo approccio garantisce una rapidità di risposta da parte dell’assistenza tecnica e migliora la durata e la competitività in termini di costi delle stufe, contribuendo così ad un uso più efficiente in termini di consumi energetici.
Superat ha potuto contare sul supporto tecnico-scientifico del Polo Tecnologico Alto Adriatico e di AIperTech, alpen-tech.comSpin off del laboratorio di Intelligenza Artificiale dell’Università di Udine e partner tecnico del progetto, che ha sviluppato la componentistica intelligente.
A fornire, invece, il contributo digitale, Lean Experience Factory, centro di formazione e acceleratore nei processi di trasformazione lean e digital.
Azienda Palazzetti a Porcia (PN)
Per la realizzazione del progetto si sono susseguite diverse fasi: inizialmente sono stati condotti i primitest di verifica del dispositivo intelligente, realizzato da AIperTech. A questa è seguita una seconda fase di test, per ottimizzare e migliorare il dimostratore che funziona in maniera “stand-alone”, quindi singolarmente per ogni stufa. Infine, l’attuale e ultima fase del progetto prevede il trasferimento dei dati acquisiti all’interno dei sistemi aziendali e quindi dell’assistenza tecnica interna. Tra gli sviluppi futuri del progetto vi è poi la previsione di estendere le informazioni anche ai centri di assistenza sul territorio, per rendere ancora più rapide ed efficaci le risposte al cliente, ma anche il coinvolgimento dell’utente finale che potrà, tramite notifiche, avere tutte le informazioni necessarie per utilizzare al meglio la stufa in autonomia e correggere eventuali usi impropri.
«Superat segna un punto di svolta per la nostra azienda. Ci permette di sfruttare al meglio i dati IoT generati dalle nostre stufe connesse – dichiara Marco Palazzetti, CEO Palazzetti Lelio Spa – Questo progetto ci consente di offrire un’assistenza tecnica più rapida e predittiva, migliorando la performance e la durata dei nostri prodotti. Allo stesso tempo, crea nuove opportunità di dialogo e condivisione con i centri assistenza e i clienti privati, favorendo una gestione sempre più efficiente e sostenibile delle risorse».
Il digitale ha profondamente cambiato il modo in cui i clienti vogliono interagire con le aziende: ha creato maggiori aspettative, maggiori opportunità di relazione e d’informazione e molte più opzioni di scelta. Oggi sono i consumatori a guidare, per cominciare sono loro che decidono cosa, dove, come e quando fare un acquisto.
Di conseguenza si aspettano che le aziende li riconoscano nella loro unicità, soddisfacendo le loro necessità e le loro preferenze. Da un’indagine di Mc Kinsey mckinsey.com/capabilities/growth è emerso che le persone ormai non solo apprezzano una relazione personalizzata con i marchi, ma la pretendono: il 71% dei consumatori si aspetta infatti che le aziende offrano interazioni su misura e ben il 76% si frustra quando ciò non avviene. Ma una evidenza è ancora più importante: quando i marchi fanno sentire i loro clienti speciali e ascoltati, le persone premiano questo trattamento: il 76% degli intervistati ha affermato che ciò è stato un fattore chiave nel determinare la loro scelta per un marchio e il 78% li ha resi più propensi ad acquistare nuovamente.
Ovviamente la sfida della personalizzazione non è nuova e ormai è disponibile una varietà di strumenti software che raccolgono, archiviano e gestiscono i dati dei clienti al fine di profilare in maniera dettagliata i clienti anche da un punto di vista comportamentale per destinare loro comunicazioni, contenuti, offerte su misura.
Oggi quindi cresce il numero di marchi che a seconda delle dimensioni della loro attività, della maturità digitale e della personalizzazione raggiunta si sono dotati di uno strumento in grado di personalizzare la comunicazione.
Ma non è tutto. Oggi gli algoritmi di intelligenza artificiale e apprendimento automatico consentono di gestire l’interazione con la propria clientela con un approccio anche 1:1 in real time, fino a qualche anno fa impensabile. In altre parole, queste tecnologie sono in grado di rivoluzionare la relazione e la customer experience, consentendo una personalizzazione iper.
Nel dettaglio quando si parla di Hyper-personalization ci si riferisce all’utilizzo in tempo reale di analisi avanzate, anche predittive, per creare esperienze ancora più mirate e in modo proattivo. Grazie all’AI le aziende sono in grado di percepire prima che si manifestino le esigenze del cliente in quello specifico momento e indipendentemente dal touch point, e di agire di conseguenza arrivando anche ad anticipare un suo bisogno o a modificare una sua futura reazione.
Ovviamente la hyper-personalizzazione deve essere ben gestita: non deve mai entrare in ambiti o in momenti della vita dei clienti che possono essere percepiti come un’invadenza della sfera strettamente personale.
Alla base di questa rivoluzione troviamo i dati raccolti e archiviati attraverso le moderne applicazioni di Customer Intelligence e la capacità dell’intelligenza artificiale da un lato di trasformarli in insight, incluse previsioni di comportamenti futuri, dall’altro di raccogliere ed elaborare le informazioni lungo tutto il percorso del cliente e di dare vita ad azioni coerenti fra loro. Quella che viene definita Journey Orchestraction.
Come già evidenziato, le persone hanno aspettative sempre più elevate e premiano quei marchi che sono in grado di ascoltarli per soddisfare le loro esigenze. In questa direzione, Axiante affianca le aziende a comprendere quanto i dati della propria client base nell’era dell’AI siano una risorsa inestimabile e come la tecnologia può aiutarli a scoprire e prevedere comportamenti, preferenze ed esigenze in evoluzione dei clienti, a cominciare dagli Ideal Customer ovvero quelli strategici. Il che ha un impatto significativo sul coinvolgimento, sui tassi di conversione e sulla soddisfazione complessiva del cliente e quindi sul conto economico aumentando le vendite e riducendo il cost to serve.
Antonio D’Agata, Partner e Director Strategic Accounts di Axiante
I quattro step necessari. Una guida per le aziende
La Generative AI è al centro delle discussioni attuali sull’innovazione, spingendo le aziende a ripensare i propri processi, la gestione delle risorse e l’infrastruttura tecnologica. Questa rivoluzione rappresenta una sfida cruciale per le imprese moderne che aspirano a crescere e innovare. Tuttavia, il successo richiede un cambio di mentalità, una visione strategica e una profonda comprensione dei benefici e delle sfide legate a questa tecnologia.
“Il viaggio verso il successo nell’adozione della GenAI richiede coraggio, determinazione e una strategia ben definita. spiega Nicola Scarfone, Generative AI Team Leader di SAS – a governance, la distribuzione strategica, l’integrazione tecnologica e la guida esperta sono i pilastri su cui costruire il futuro di ogni azienda moderna. Affrontando queste sfide e adottando le migliori pratiche, le organizzazioni non solo sopravviveranno, ma prospereranno in un mercato sempre più competitivo”
Per aiutare le aziende a navigare in questo panorama, SAS, in collaborazione con Coleman Parkes Research Ltd, ha condotto uno studio globale che ha identificato quattro elementi chiave per l’implementazione efficace della GenAI.
Una governance chiara e trasparente: la base di ogni successo
Governance della GenAI non significa solo rispettare le normative, ma anche garantire che i sistemi operino con trasparenza e in modo etico: ad oggi, solo il 5% delle organizzazioni ha sviluppato sistemi affidabili per monitorare i rischi di bias e privacy nei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLMs). Questo dato sottolinea quanto la maggior parte delle aziende non sia ancora pronta per le normative future, rappresentando un grande ostacolo.
Una solida governance deve garantire la protezione dei dati degli utenti attraverso strumenti come la generazione di dati sintetici, l’anonimizzazione e la crittografia. Questi metodi non solo tutelano le informazioni sensibili, ma affrontano anche i problemi legati alla qualità e alla disponibilità dei dati, elementi cruciali per il successo della GenAI. Per rispondere a questa sfida, è fondamentale che le organizzazioni implementino flussi di lavoro integrati che validino l’intero ciclo di vita degli LLMs, dalla conformità normativa alla gestione del rischio dei modelli.
La distribuzione strategica: dalla visione all’azione
Molte organizzazioni incontrano difficoltà nel passare dalla teoria alla pratica nell’adozione della GenAI: circa il 47% delle aziende riscontra problemi nel tradurre il concetto in implementazione, e solo una piccola percentuale può dimostrare un ritorno sugli investimenti (ROI). Diventa, quindi, fondamentale che i leader aziendali comprendano appieno il potenziale della GenAI e il suo impatto sui flussi di lavoro.
L’adozione della GenAI richiede, cioè, una pianificazione strategica che non si limiti a soddisfare le esigenze attuali, ma sia anche orientata alla crescita e all’innovazione future. Questo include l’identificazione di casi d’uso concreti e ad alto ROI, dove la GenAI può apportare valore reale e scalabile. Per far sì che ciò accada, le organizzazioni devono poter integrare senza problemi i modelli di GenAI nei loro flussi decisionali e nei processi aziendali esistenti.
L’integrazione tecnologica: massimizzare la produttività
L’integrazione tecnologica non solo è il cuore pulsante dell’implementazione della GenAI, ma è anche fondamentale per aumentare la produttività, migliorare la customer experience e aggiungere valore misurabile agli stakeholder. Per ottenere questi risultati, le organizzazioni devono affrontare in modo proattivo le sfide legate alla qualità e alla scarsità dei dati.
L’integrazione tecnologica non deve limitarsi alla GenAI, ma deve anche garantire che i modelli di AI e machine learning siano completamente integrati nei flussi decisionali aziendali esistenti. Utilizzando strumenti avanzati di orchestrazione della GenAI, le organizzazioni possono ottimizzare l’uso dei loro LLMs, automatizzando, monitorando e aggiornando continuamente i modelli per garantire risultati affidabili e scalabili.
Una guida esperta: ovvero, trovare i talenti giusti
Nessuna tecnologia può prosperare senza il talento umano che la guida. Le organizzazioni devono investire nel reclutamento e nella formazione di esperti in GenAI per supportare la loro strategia. Settori come il manifatturiero,l’health care e le telecomunicazioni stanno già beneficiando della presenza di personale qualificato e competente.
Individuare e formare le giuste figure professionali diventa, quindi, essenziale per trasformare il potenziale della GenAI in realtà. Oltre a formare nuovi talenti, le organizzazioni dovrebbero considerare l’importanza di una piattaforma di orchestrazione della GenAI, che consenta di automatizzare, monitorare e aggiornare continuamente i modelli in uso.
Un altro aspetto cruciale è garantire che i risultati generati dai modelli di GenAI siano affidabili e spiegabili. È fondamentale che gli utenti possano applicare tecniche di elaborazione del linguaggio naturale per pre-processare i dati e spiegare i risultati in termini facilmente comprensibili, minimizzando errori come le “allucinazioni” dei modelli e riducendo i costi operativi.
SAS è tra i leader mondiali nell’intelligenza artificiale e nei dati. Grazie al software SAS e a soluzioni specifiche per ogni settore, ogni azienda può trasformare velocemente i dati in decisioni affidabili.
L’Intelligenza Artificiale (AI) è ormai parte integrante della nostra vita, dai chatbot che ci aiutano a gestire il tracking dei prodotti ordinati agli algoritmi che suggeriscono cosa acquistare sui siti di shopping online. Anche attività come scrivere post su LinkedIn o email possono essere assistite dall’AI generativa.
Ma qual è il confine? Con l’AI che gestisce compiti monotoni e crea contenuti a velocità incredibili, ci si chiede se gli esseri umani siano ancora necessari sul posto di lavoro.
I Benefici dell’AI
L’AI ottimizza i processi aziendali e riduce il tempo dedicato a compiti poco produttivi. Le aziende usano l’AI per diverse funzioni, dall’analisi dei curriculum, all’identificazione di anomalie nei dati o per generare contenuti. Tutto questo, in una frazione del tempo che impiegherebbe un essere umano. In circostanze dove una diagnosi precoce e un intervento tempestivo sono cruciali, l’uso dell’AI può avere un impatto molto positivo. Ad esempio, un test del sangue potenziato dall’AI potrebbe aiutare a prevedere il Parkinson fino a sette anni prima della comparsa dei sintomi.
Grazie alla capacità di scoprire schemi in enormi quantità di dati, le tecnologie AI possono anche supportare il lavoro delle forze dell’ordine, aiutandole a identificare probabili scene del crimine. Gli strumenti AI-driven hanno un ruolo anche nel combattere il crimine e altre minacce nel mondo online, aiutando i professionisti della cybersecurity a svolgere meglio il proprio lavoro.
La capacità dell’AI di far risparmiare tempo e denaro alle aziende non è una novità. Pensiamo a questo: meno tempo i dipendenti spendono in compiti ripetitivi più tempo possono dedicare alla strategia aziendale e alla crescita.
I sistemi basati sull’AI possono anche aiutare a eliminare il rischio di errore umano. Tutti possiamo commettere errori, specialmente se sotto stress. I sistemi basati sull’AI possono lavorare 24 ore su 24 senza mai stancarsi. In un certo senso, hanno un livello di affidabilità che neanche il più dettagliato e metodico degli esseri umani può raggiungere.
I Limiti dell’AI
A un esame più attento, però, le cose si complicano un pò. Sebbene i sistemi AI possano minimizzare gli errori associati alla fatica e alla distrazione, non sono infallibili. L’AI può commettere errori e produrre affermazioni false presentandole come se fossero corrette, specialmente se ci sono problemi con i dati su cui è stata addestrata o con l’algoritmo stesso. In altre parole, i sistemi AI sono buoni quanto i dati su cui sono stati addestrati (che richiedono competenza e supervisione umana).
Inoltre, mentre gli esseri umani possono cercare di essere obiettivi, tutti siamo soggetti a bias, ovvero pregiudizi inconsci basati sulle nostre esperienze di vita, ed è difficile, se non impossibile, eliminarli completamente. L’AI non crea bias di per sé, piuttosto, può amplificare i bias già presenti nei dati su cui è addestrata. In pratica, uno strumento di AI addestrato con dati puliti e privi di bias può produrre risultati puramente basati sui dati e correggere il processo decisionale umano distorto. Detto ciò, garantire equità e obiettività nei sistemi AI richiede uno sforzo continuo nella selezione e nella gestione dei dati, nella progettazione degli algoritmi e nel monitoraggio costante.
Uno studio del 2022 ha mostrato che il 54% dei leader tecnologici si è dichiarato molto preoccupato per il bias nell’AI. Le conseguenze negative dell’uso di dati distorti sono già evidenti nel mondo aziendale. Ad esempio, a causa di dataset che riflettono pregiudizi preesistenti, una compagnia di assicurazioni auto in Oregon ha applicato alle donne un costo assicurativo circa dell’11,4% superiore rispetto agli uomini per la stessa polizza, nonostante tutte le altre condizioni fossero identiche. Questo può facilmente danneggiare la reputazione dell’azienda e portare alla perdita di clienti.
Con l’AI che utilizza dataset ampi, sorge anche la questione della privacy. Quando si tratta di dati personali, attori con intenti malevoli potrebbero trovare modi per bypassare i protocolli di privacy e accedere a queste informazioni. Sebbene sia possibile creare un ambiente di dati più sicuro attraverso
questi strumenti e sistemi, le organizzazioni devono rimanere vigili su eventuali lacune nella loro sicurezza informatica con l’ulteriore superficie di dati che l’AI comporta. Inoltre, l’AI non può comprendere le emozioni. Gli utenti che interagiscono con l’AI possono avvertire una mancanza di empatia e comprensione che potrebbero ottenere da un’interazione umana& reale. Questo può influenzare l’esperienza del cliente o dell’utente, come dimostra il caso del gioco World of Warcraft, che ha perso milioni di giocatori con la sostituzione del proprio team di assistenza clienti, che era composto da persone reali che entravano persino nel gioco per mostrare ai giocatori come eseguire azioni, con bot AI privi di quel senso dell’umorismo e di quell’empatia.
Con il suo dataset limitato, l’AI può incontrare difficoltà nell’interpretare i dati a causa della mancanza di contesto. Ad esempio, gli esperti di cybersecurity possono avere una comprensione approfondita di un attore della minaccia specifico, che consente loro di identificare e rilevare segnali di allerta che una
macchina potrebbe non riconoscere se non allineata con il suo algoritmo programmato. Sono queste sfumature che possono avere conseguenze enormi nel tempo, sia per l’azienda che per i suoi clienti.
Mentre l’AI manca di contesto e comprensione dei dati di input, gli esseri umani mancano di comprensione di come funzionano i sistemi AI. Quando l’AI opera come una scatola nera non c’è trasparenza su come vengano prodotti gli output o le decisioni fornite. L’impossibilità di identificare i calcoli dietro le quinte può portare le persone a dubitare della sua validità. Inoltre, in caso di malfunzionamento o se i dati di input sono alterati, diventa difficile identificare, gestire e risolvere il problema.
Perché abbiamo bisogno delle persone
Gli esseri umani non sono perfetti. Ma quando si tratta di parlare ed entrare in relazione con le persone e di prendere decisioni strategiche importanti, sono sicuramente i migliori candidati per questo compito.
A differenza dell’AI, le persone possono adattarsi a situazioni in evoluzione e pensare in modo creativo.
Senza regole predefinite, i dataset limitati e i prompt che l’AI utilizza, gli esseri umani possono utilizzare la loro iniziativa, conoscenza ed esperienza per affrontare le sfide e risolvere i problemi in tempo reale.
Questo è particolarmente importante quando si prendono decisioni etiche e si bilanciano gli obiettivi aziendali (o personali) con l’impatto sociale. Ad esempio, gli strumenti di AI utilizzati nei processi di assunzione potrebbero non considerare le implicazioni più ampie del rifiuto di candidati basato su bias algoritmici, e le conseguenze che questo potrebbe avere sulla diversità e inclusione sul posto di lavoro.
Poiché l’output dell’AI è creato da algoritmi, corre anche il rischio di essere formulato in modo stereotipato. Consideriamo l’AI generativa utilizzata per scrivere blog, email e didascalie sui social media: strutture di frasi ripetitive possono rendere il testo poco coinvolgente. I contenuti scritti da esseri umani avranno probabilmente più sfumature, prospettive e, diciamolo, personalità. Specialmente per il messaggio del brand e il tone of voice, può essere difficile imitare lo stile di comunicazione di un’azienda utilizzando gli algoritmi rigidi che l’AI segue.
Tenendo conto di ciò, mentre l’AI potrebbe essere in grado di fornire un elenco di potenziali nomi per un marchio, solo le persone che ci lavorano possono comprendere il loro pubblico e capire cosa potrebbe avere maggiore risonanza. Con l’empatia e la capacità di cogliere le sfumature, gli esseri umani possono connettersi meglio con gli altri, favorendo relazioni più forti con clienti, partner e stakeholder. Questo è particolarmente utile nel servizio clienti. Come accennato prima, un servizio clienti scadente può portare alla perdita di fedeltà e fiducia nel marchio.
Infine, gli esseri umani possono adattarsi rapidamente a condizioni in evoluzione. Se si necessita di una dichiarazione aziendale urgente o si deve cambiare rapidamente il messaggio di una campagna, è necessario un essere umano. L’aggiornamento degli strumenti di AI richiede tempo, e potrebbe non essere disponibile in determinate situazioni.
Qual è la soluzione?
L’approccio più efficace è affidarsi ai punti di forza di entrambi. Questo potrebbe significare utilizzare l’AI per gestire l’analisi e l’elaborazione di grandi quantità di dati, per poi ricorrere all’esperienza umana per il processo decisionale, la pianificazione strategica e la comunicazione. L’AI dovrebbe essere usata come uno strumento per supportare e migliorare la forza lavoro, non per sostituirla.
di Fabio Buccigrossi, Country Manager di ESET Italia
Risultati della Riverbed Global AI & Digital Experience Survey
Riverbed, leader nella AI Observability, ha presentato i risultati della Riverbed Global AI & Digital Experience Survey, che ha rilevato come leimprese si trovino a un punto di svolta nell’accelerare l’adozione dell’AI.
Nonostante l’alto ottimismo, la Survey mette in luce questa realtà: mentre il 94% degli intervistati afferma che l’AI è una priorità per i vertici aziendali e il 91% riconosce che offre vantaggi competitivi, solo il 37% è,al momento, preparato a implementare progetti di AI, poiché le organizzazioni stanno affrontando diverse sfide che vanno dalla qualità dei dati ai temi di scalabilità, che influenzano le capacità di sfruttare i benefici derivanti dall’adozione dell’AI. Tuttavia, nei prossimi tre anni si prevede una rapida espansione, con le imprese che cercheranno approcci e metodologie efficaci per l’AI e, entro il 2027, l’86% dei leader si aspetta che la propria organizzazione sarà pronta a implementare strategie e progetti di AI.*
Durante lo stesso periodo, si prevede che l’AI maturerà e diventerà un motore di crescita. Se oggi il 54% dei leader afferma che il motivo principale per utilizzare l’AI è migliorare l’efficienza operativa rispetto alla crescita (46%), queste percentuali si invertiranno nel 2027, con il 58% delle organizzazioni che ritiene che l’AI sarà principalmente un motore di crescita rispetto all’efficienza (42%). Anche la fiducia nell’AI è in crescita: i leader affermano che preferirebbero utilizzare l’AI per automatizzare un importante aggiornamento IT (61%) piuttosto che sedersi nel sedile posteriore di un’auto senza conducente in città (39%).
“L’AI è una priorità per i leader IT, poiché può offrire enormi benefici per le operazioni IT e trasformare i settori e il modo di lavorare,” ha dichiarato Jim Gargan, Chief Marketing Officer di Riverbed – Nonostante l’entusiasmo, la Survey ha rivelato diversi gap che le organizzazioni devono superare per sfruttare tutti i benefici dell’AI. Ciò che i leader vogliono è passare dal semplice hype a un’AI concreta che funzioni e offra risultati misurabili. In Riverbed, offriamo ai clienti un approccio pratico all’AI che consente di sviluppare una strategia integrata per ottimizzare la digital experience e migliorare i processi IT. L’AI di Riverbed è sicura, protetta e accurata, e affrontiamo le sfide più urgenti delle aziende: fornire automazione AI che funzioni su larga scala, colmare il gap dei dati con un’osservabilità completa su tutta l’infrastruttura IT utilizzando dati reali e offrire soluzioni di accelerazione che supportino gli investimenti in AI trasferendo i dati ovunque, rapidamente”.
L’ottimismo sull’AI è alto tra le direzioni aziendali e i collaboratori più giovani
Con l’AI pronta a trasformare le organizzazioni di tutto il mondo, la Survey ha rivelato un forte entusiasmo tra i vertici aziendali, i dipendenti più giovani e le organizzazioni in genere.
– Oggi, il 66% dei leader afferma che l’AI è una priorità chiave per la propria impresa, e un altro 33% afferma che è moderatamente importante.
– Il 94% concorda sul fatto che l’AI li aiuterà a offrire una migliore digital experience agli utenti finali.
– Il 59% indica che il sentiment sull’AI all’interno dell’organizzazione è positivo, il 37% è neutrale e solo il 4% è scettico.
– Alla domanda su quale generazione si senta più a suo agio con l’AI in ufficio, i leader hanno riferito la Gen Z (52%), seguita dai Millennials (39%), dalla Gen X (8%) e dai Baby Boomers (1%). Tuttavia, negli Stati Uniti, i Millennials sono visti come nativi dell’AI (47% contro il 40% della Gen Z).
La Survey ha anche rilevato che la maggior parte delle imprese ha superato le fasi di valutazione e sperimentazione dell’AI e oggi il 65% sta accelerando le proprie strategie in materia con investimenti crescenti in infrastrutture e talenti. Un altro 23% è nella fase trasformativa finale in cui l’AI è completamente integrata nei processi aziendali.
Migliorare la digital experience e i processi IT con l’AI
La Global Digital Employee Experience (DEX) Survey di Riverbed del 2023 aveva già evidenziato che la DEX è un obiettivo cruciale per le imprese, specialmente con le aspettative digitali sempre più elevate dei dipendenti Gen Z e Millennial, che rappresentano circa la metà della forza lavoro globale. Nella Survey di quest’anno, le aziende hanno riconosciuto il ruolo che l’AI svolge nella DEX, poiché l’86% dei leader ha concordato sul fatto che l’automazione AI è importante per migliorare l’efficienza IT e offrire una migliore digital experience agli utenti. Gli intervistati hanno classificato i primi cinque modi in cui si aspettano di utilizzare l’AI nei processi IT per migliorare la DEX nei prossimi tre anni, tra cui: automazione dei workflow (72%), automazione delle soluzioni (69%), supporto continuo 24/7 come chatbot (63%), data-driven insight (59%) e analisi del feedback (57%). I leader hanno anche affermato di aspettarsi numerosi vantaggi dall’uso dell’AI nelle operazioni IT, tra cui una maggiore efficienza operativa e produttività, tempi di risposta più rapidi del service desk IT, aumento delle entrate e una migliore digital experience per i dipendenti.
Tutti i leader intervistati pensano di utilizzare, testare o iniziare a esplorare l’AI generativa (il tipo di AI più atteso) per i processi IT nei prossimi 12-18 mesi. Attualmente, solo il 34% delle imprese ha già implementato casi d’uso di Gen AI o ha completato prototipi che prevede di mettere in produzione. Nei prossimi 12-18 mesi, questa percentuale raddoppierà quasi, arrivando al 67%, con il resto delle organizzazioni nella fase di ideazione.
Nonostante l’entusiasmo per l’AI e i benefici, esistono diversi gap
Nonostante il grande entusiasmo la ricerca ha identificato tre gap che le organizzazioni devono superare per garantire che l’adozione dell’AI porti benefici e successo aziendale.
– Reality Gap. La maggioranza degli intervistati (82%) crede di essere avanti rispetto ai concorrenti (incluso il 30% in modo significativo) quando si tratta di adozione dell’AI per i servizi IT e per la DEX, e solo il 5% afferma di essere leggermente indietro. Questo gap tra percezione e realtà indica che molti leader sono troppo fiduciosi riguardo al punto in cui si trovano nel percorso verso l’AI rispetto ai concorrenti del settore.
– Readiness Gap. Come indicato precedentemente, esiste un gap di preparazione poiché solo il 37% dei leader afferma che a oggi la propria organizzazione è pienamente preparata a implementare progetti di AI. Inoltre, il 72% afferma che con l’AI ancora in fase di maturazione, è difficile implementare un’AI efficace e scalabile.
– Data Gap. Quasi tutti i leader (85%) confermano che i dati sono cruciali per l’AI. Tuttavia, tra gli intervistati, il 69% è preoccupato per l’efficacia dei dati della propria organizzazione per l’uso dell’AI, e solo quattro su dieci valutano i propri dati come eccellenti per completezza (43%) e accuratezza (40%), con il 42% che afferma che la qualità dei dati è un ostacolo a ulteriori investimenti in AI. Inoltre il 76% dei leader intervistati sono preoccupati che i propri dati siano accessibili al pubblico.
Strategie per iniziative AI di successo
Le imprese stanno cercando di superare le sfide e promuovere strategie di successo che producano risultati tangibili, considerando che il 57% ha formato team dedicati all’AI e il 45% team di osservabilità e/o user experience.
In merito ai dati, la maggioranza dei leader (86%) afferma che l’utilizzo di dati reali, piuttosto che di dati sintetici, è cruciale per le iniziative di AI finalizzate a ottimizzare la DEX. Inoltre, l’84% concorda sul fatto che l’osservabilità su tutti gli elementi dell’IT è importante in una strategia AIOps, e almeno l’82% afferma che l’osservabilità per superare i punti ciechi della rete – inclusi il cloud pubblico, gli ambienti di lavoro remoto, le architetture Zero Trust e i dispositivi mobili di proprietà dell’impresa – è estremamente o moderatamente importante.
La Survey ha anche rilevato diverse correlazioni tra l’adozione di successo dell’AI da parte delle organizzazioni ad alte prestazioni (con una crescita dei ricavi del 10,5% o superiore) rispetto alle organizzazioni a basse prestazioni (ricavi stazionari o in calo).
– Le imprese ad alte prestazioni danno priorità all’AI, con il 74% che la considera una priorità strategica chiave (e il 26% moderatamente importante) rispetto al 56% delle organizzazioni a basse prestazioni.
– Il 67% delle organizzazioni ad alte prestazioni sta già sfruttando l’AI per migliorare la DEX contro il 45% delle organizzazioni a basse prestazioni.
– Il 63% delle organizzazioni ad alte prestazioni fornisce una formazione estesa sull’AI rispetto al 41% delle organizzazioni a basse prestazioni.
La Riverbed Global AI & Digital Experience Survey ha intervistato 1.200 responsabili IT, di imprese e del settore pubblico in sette paesi e sette settori, tutti con oltre 250 milioni di dollari di fatturato annuo (oltre 500 milioni negli Stati Uniti, Regno Unito e Francia), fornendo una fotografia di come le aziende stiano adottando l’AI. I settori inclusi sono manifatturiero, servizi finanziari, vendita al dettaglio, governo/settore pubblico, provider di servizi sanitari, energia e servizi, e trasporti e compagnie aeree.
Lo studio esplora: il sentiment globale verso l’AI e le posture generazionali, la curva di adozione; i benefici dell’AI, i gap e le strategie per il successo e il ruolo dell’AI nelle operazioni IT e nella digital experience.
L’indagine è stata condotta da Coleman Parkes Research a giugno 2024.
Tutte le aziende, in particolare quelle del settore retail, hanno sfide molto impegnative dal momento che si trovano a operare in mercati e in contesti macro-economici sempre più globali, aggressivi e dinamici, in cui i cambiamenti sono frequenti e repentini.
A ciò si aggiunge la proliferazione dei canali, l’aumento esponenziale delle tipologie di prodotti e la richiesta di livelli di servizio crescenti da parte dei clienti, solo per citarne alcuni.
Per essere efficienti e competitivi è fondamentale implementare processi di pianificazione molto precisi che, quindi, tengano conto dei sales forecast, ma che non possono più prescindere anche dal demand planning. Se il sales forecast è la previsione delle vendite future (vendite non domanda!) basate sull’andamento del mercato e dell’azienda stessa, il demand planning è relativo al processo di previsione della domanda dei clienti attraverso la combinazione di una serie di set di dati sia interni che esterni.
In altre parole, misura con la maggiore precisione possibile la domanda futura del mercato, permettendo all’azienda di fornire al cliente il prodotto o servizio nei tempi e nei termini promessi, per esempio in una campagna social.
La ‘conditio sine qua non’ per una buona pianificazione della domanda è una gestione accurata dei dati che sono sempre di più, sempre più eterogenei, raccolti da fonti molto diverse e archiviati in repository a loro volta molto differenti fra loro, che sono in continua evoluzione e quindi non possono più essere estrapolati e analizzati attraverso meri fogli excel.
In particolare l’approccio data driven alla pianificazione della domanda dovrebbe toccare:
– Dati sul prodotto: dati sulle vendite, sulla stagionalità delle vendite, ecc
– Dati sulle tendenze interne a cominciare dalle previsioni di vendita
– Dati su eventi e promozioni interni ed esterni che possono influenzare l’andamento della domanda
– Dati di contesto: dalla concorrenza al clima, dai trend sui comportamenti dei clienti a possibili eventi d’impatto
Da questo si evince che il demand planning, proprio per l’interazione fra la domanda ed enne fattori, non può essere un’attività a sé stante, ma deve invece essere integrata con tutte le altre funzioni aziendali: trade marketing, marketing, vendite, logistica. Occorre quindi che ci sia una condivisione delle informazioni all’interno dell’azienda e un coinvolgimento degli altri team.
Un ulteriore best practice è quella di suddividere i prodotti in cluster. Per esempio, accorpando le referenze o i segmenti che hanno le medesime caratteristiche e ridurre così l’effort necessario alla pianificazione o, al contrario, isolando alcuni perché richiedono una pianificazione mirata. Operazioni che possono essere fatte con l’aiuto di modelli analitici, econometrici per esempio, ma anche customizzati, ovvero creati ad hoc in base alle caratteristiche specifiche del business e del retailer.
Inoltre, per rispondere a una realtà caratterizzata dal succedersi rapido di cambiamenti, è determinante che la review della pianificazione sia molto frequente, anche settimanale, grazie anche in questo caso al supporto di soluzioni tecnologiche.
Nel dettaglio parliamo di software in grado di:
1. Gestire un’enorme quantità di dati;
2. Apprendere e migliorare a ogni ciclo successivo grazie al machine learning;
3. Fornire review della pianificazione in modalità automatizzata e continua per non pesare in termini di tempo sul lavoro del demand planner, permettendogli di concentrarsi sulla pianificazione in senso stretto e non di rispondere agli imprevisti.
4. Prevedere anche il cosiddetto demand sensing, ossia la possibilità di aggiungere alle informazioni per la pianificazione una serie di ulteriori informazioni in real time. Per esempio, quelle che arrivano dai social, dai dispositivi point of sales, etc.
Un approccio strutturato al demand planning ha notevoli vantaggi. Innanzitutto migliora il calcolo del forecast e della sua revisione/gestione, permettendo di individuare con anticipo scostamenti tra previsioni
e venduto e negli stock e anche possibili criticità di approvvigionamento o di produzione. Benefici che si traducono in una riduzione delle mancate vendite e dell’obsolescenza degli stock, delle scorte di sicurezza e dei relativi costi di magazzino e conseguentemente del flusso di cassa. Ma anche in una migliore reputation in quanto il cliente per esempio troverà il prodotto promozionato durante tutto il periodo di sconto.
Non stupisce pertanto che il “Demand Planning Solutions Global Market Report 2024” di Research And Markets abbia previsto che il mercato delle soluzioni di pianificazione della domanda registrerà un robusto incremento. Nel dettaglio si passerà da un valore di 4 miliardi di dollari del 2023 a 6,9 miliardi entro il 2028 grazie soprattutto al numero crescente di aziende che doteranno i propri demand planner di questo tipo di soluzioni evolute.
Antonio D’Agata, Partner e Director Strategic Accounts di Axiante
A sei anni dall’adozione del regolamento GDPR, l’Enforcement Tracker fornisce un quadro chiaro di questa attuazione elencando tutti i procedimenti avviati e le multe inflitte. Nei primi mesi del 2024 sono state già emesse multe per 4,5 miliardi di euro, mezzo miliardo in più rispetto allo stesso periodo del 2023, quindi in aumento dell’11%. Lo studio legale globale DLA Piper prevede nel suo studio annuale sulle violazioni della protezione dei dati addirittura un incremento del 14% nell’anno in corso. L’Italia si posiziona al quarto posto tra i Paesi più sanzionati, con multe che ammontano a 145 milioni di euro dal 25 maggio 2018 a oggi. Tutti indicatori del fatto che se le aziende trattano i dati personali dei cittadini dell’UE in modo improprio, vengono segnalate e, nei casi più gravi, punite.
Come nel caso del GDPR, anche nella stesura del Digital Operational Resilience Act (DORA), dedicato specificatamente al settore finanziario, e della direttiva Network and Information Security 2 (NIS 2), che aggiorna le norme in materia di sicurezza informatica adottate nel 2016, l’UE ha previsto multe significative non solo per ottimizzare il trattamento dei dati, ma anche per spingere le organizzazioni a strutturarsi meglio per resistere agli attacchi informatici.
In sintesi, con il DORA e la NIS 2 sono state introdotte regole volte a stimolare una maggiore resilienza informatica.
Il DORA entrerà in vigore il 17 gennaio 2025,mentre la NIS 2 dovrà essere recepita dagli Stati membri al più tardi il 17 ottobre 2024. Alcuni Paesi europei sono già a buon punto e approveranno a breve le normative locali.
Normative che come nel caso del GDPR, prevedranno sanzioni significative per le violazioni, a conferma del trend di inasprimento avviato con l’IT Security Act 2.0 del 2021. Nel dettaglio, se le aziende non rispetteranno gli obblighi stabiliti dal DORA, rischieranno multe fino a 10 milioni di euro o pari al 5% del fatturato globale dell’anno precedente. Le ammende previste dalla NIS 2 sono ancora più severe e interesseranno da vicino anche il management: le persone giuridiche potranno infatti essere sanzionate da 100 mila euro fino a 20 milioni di euro. Inoltre è prevedibile che le autorità perseguiranno le trasgressioni con lo stesso rigore che stanno dimostrando con il GDPR.
Beneficiare del lavoro preparatorio sul GDPR
Il GDPR ha già imposto alle aziende una migliore gestione dei dati personali, richiedendo loro di gestirli in modo più rigoroso e attento rispetto a qualsiasi altra informazione. La previsione di ulteriori tutele, come il diritto all’oblio e l’obbligo di segnalare la perdita di dati, ha richiesto anche di implementare processi e flussi di lavoro che possono essere utilizzati in modo simile per NIS 2 e DORA in caso di attacco. Il ricorso a una piattaforma di sicurezza e gestione dei dati guidata dall’intelligenza artificiale può aiutare enormemente le imprese a implementare questi processi in modo scalabile ed efficiente. Permette infatti di:
– Conoscere l’esatto contenuto dei dati – In caso di attacco, gli hacker vogliono rubare, criptare o cancellare i dati. Le organizzazioni devono quindi sapere esattamente quali dati possiedono e che valore hanno per rispondere a determinati requisiti di governance e conformità. Inoltre, potranno capire più rapidamente quali dati sono stati colpiti nel caso in cui i criminali informatici siano riusciti a penetrare, accelerando la stesura dei report previsti da NIS 2 e DORA e rendendo i risultati molto più precisi. Si tratta però di un compito gigantesco per la maggior parte delle aziende, che accumulano ormai montagne di informazioni di cui sanno poco o nulla. In questo ambito, soluzioni di AI come Cohesity Gaia possono aiutare a risolvere uno dei problemi più complessi classificando automaticamente i dati delle aziende. Poiché Cohesity indicizza e classifica i dati dal proprio backup, quelli interessati da un attacco possono essere esaminati in dettaglio anche se i sistemi originali sono stati colpiti da un incidente informatico.
– Controllare i flussi di dati – Se i dati sono classificati con le caratteristiche corrette, la piattaforma di gestione dei dati sottostante può applicare automaticamente le regole senza che il proprietario dei dati debba intervenire, riducendo il rischio di errore umano. Le attuali piattaforme di gestione dei dati controllano l’accesso a determinati dati criptandoli automaticamente e richiedendo agli utenti di autorizzarsi tramite multi-factor authentication. Queste policy di controllo degli accessi sono un elemento fondamentale della NIS 2, che impone una verifica granulare degli accessi basata sui ruoli applicando il principio di sicurezza del minimo privilegio. Cohesity supporta il concetto di quorum consentendo alle organizzazioni di implementare il principio di sicurezza della separazione dei compiti.
– Rispondere agli incidenti – Come molti attacchi informatici hanno insegnato, un’azienda deve essere in grado di agire. Al contrario, in caso di ransomware o di attacco wiper, le luci dell’azienda si spengono e non funziona più nulla: niente telefono, niente e-mail, niente database, per non parlare del sito web. I team IT dei CIO e dei CISO non sono nemmeno in grado di rispondere a questi attacchi perché tutti gli strumenti di sicurezza sono offline, le prove nei log e nei sistemi sono criptate e non è possibile chiamare il proprio team perché il VoIP non funziona. Diversamente con soluzioni come Cohesity Data Cloud Platform, i team dell’infrastruttura e della sicurezza possono creare una clean room isolata contenente un set di strumenti e dati di sistema e di produzione per dare avvio a un’operazione di emergenza sicura che copra il sistema IT e avviare poi un processo di incident response. Inoltre la clean room permette di ripristinare le attività in modo graduale e in stretto coordinamento con i team dell’infrastruttura, con sistemi sicuri e affidabili. Non da ultimo, questi processi sono essenziali anche per generare i report previsti dalle normative NIS 2, DORA e GDPR. La direttiva NIS 2 e il regolamento DORA sono importanti per l’Europa e l’economia perché rafforzano la resilienza informatica delle organizzazioni. L’AI e strumenti come il ransomware as a service non solo hanno aumentato la quantità di attacchi informatici, ma anche la loro qualità. Le infrastrutture digitali devono pertanto diventare più solide e reattive. Per farlo, le aziende devono rivedere e ottimizzare tutti i processi e i flussi di lavoro che gestiscono i dati.
Manlio De Benedetto, Senior Director Sales Engineering EMEA di Cohesity,