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Aprile 30, 2024
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Sostenibilità: obblighi normativi, costi e vantaggi per le imprese

Parla Daniela Latorre, Senior Associate, Osborne Clarke Italia


Aumentano gli obblighi normativi per le imprese. Il Consiglio dell’Unione europea approva il  testo relativo alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). osborneclarke.com

È un importante traguardo in materia di sostenibilità. Scendiamo nel dettaglio. Dopo una serie di incontri c’è l’accordo politico provvisorio tra il Consiglio e il Parlamento europeo.

La normativa

Il complicato iter approvativo della Direttiva UE sulla due diligence delle imprese ai fini della sostenibilità (la “CSDDD”) sembra volgere verso la conclusione, visti l’accordo sul testo raggiunto il 15 marzo 2024 nell’ambito del Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli stati membri dell’UE (Coreper), e l’approvazione successiva della Commissione Affari Giuridici del Parlamento UE. Si attende ora l’approvazione da parte del Parlamento UE che dovrebbe aver luogo nell’ambito dell’ultima plenaria che terrà la corrente legislatura europea a fine aprile. Se così non fosse, interverrebbe la sospensione dei lavori parlamentari dovuto alle imminenti elezioni europee di giugno 2024 e l’approvazione della CSDDD risulterebbe ulteriormente rinviata. La proposta originaria di CSDDD è del febbraio 2022 e nell’ambito del suo iter approvativo ha subito modifiche significative che hanno cambiato l’ambito applicativo e la struttura degli obblighi previsti, pur mantenendo l’originario obiettivo: introdurre obblighi in capo alle società di una certa dimensione in relazione al controllo della propria catena del valore per evitare gli impatti negativi, effettivi o potenziali, della loro attività in materia di tutela ambientale e rispetto dei diritti umani.

Che cos’è la CSDDD

Le imprese dovranno gestire i rischi legati al rispetto dei diritti umani e agli impatti ambientali che potrebbero generarsi nelle attività che svolgono e nelle catene del valore a cui partecipano. Tutto ciò si ripercuote sulle politiche e sulle strategie aziendali, sulle operazioni e sulle qualifiche di fornitura. Le aziende sono chiamate a svolgere attività di diligenza all’interno delle proprie operazioni, senza dimenticare la propria supply chain, per prevenire oppure attenuare gli effetti potenziali, ed eliminare oppure ridurre al minimo gli effetti reali. Non solo. Le aziende dovranno attuare piani di transizione per ridurre le proprie emissioni climalteranti, affinché il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Con Daniela Latorre, Senior Associate, Osborne Clarke, entriamo nello specifico per conoscere gli obblighi normativi delle imprese.

Quali sono gli adeguamenti normativi per le imprese?

«La trasposizione della CSDDD all’interno delle diverse giurisdizioni europee avrà effetti importanti sulle imprese di grandi dimensioni. La CSDDD si applicherà alle società dell’UE con un minimo di 1000 dipendenti e un fatturato netto di 450 milioni su base mondiale, anche calcolato su base consolidata. Per le società che invece non hanno sede nell’UE la stessa soglia di fatturato determinerà l’applicazione degli obblighi della CSDDD quando raggiunta nell’ambito dell’UE. La CSDDD si applicherà anche alle società che abbiano stipulato, o siano le  società capogruppo di un gruppo che ha stipulato, accordi di franchising o licenza nell’UE in

cambio di royalties con società terze indipendenti, laddove tali accordi garantiscano un’identità comune, una concezione commerciale comune e l’applicazione di metodi commerciali uniformi, e le royalties ammontino a più di 22,5 milioni quando la Società (o la controllante di un gruppo) ha un fatturato mondiale netto superiore a 80 milioni. Nello specifico, alle imprese verrà richiesto di integrare le proprie politiche aziendali e i sistemi di gestione dei rischi,  adottare politiche di due diligence perché siano idonee a identificare, valutare e prevenire gli impatti negativi anche potenziali su diritti umani e ambiente. Inoltre, le aziende dovranno attuare piani di transizione per ridurre le proprie emissioni climalteranti, affinché il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. La politica di due diligence dovrà essere basata sulla descrizione dell’approccio aziendale di lungo periodo, prevedere l’adozione di un codice di condotta (condiviso con società controllanti e le terze parti nella catena del valore) e la definizione dei processi volti ad attuare la due diligence (es. misure per verificare la compliance con il codice di condotta e la sua applicazione alle terze parti). Le società dovranno adottare procedure che consentano di individuare e valutare gli impatti negativi derivanti dalla propria attività e da quella delle terze parti, prevenire e mitigare i potenziali eventi avversi nonché arrestare o minimizzare quelli effettivi. In questo ambito le società dovranno tra l’altro mappare le loro attività e quelle delle loro filiali e, se collegate alle loro catena di attività, quelle di terze parti, per individuare eventuali rischi ed effettuare una valutazione approfondita delle operazioni nelle aree in cui sono individuati impatti negativi. La gestione dei rischi dovrà essere condotta attraverso l’adozione di un piano d’azione di prevenzione, con chiare indicazioni temporali per l’attuazione delle misure ritenute appropriate e indicatori che misurino sotto un profilo quantitativo e qualitativo i miglioramenti.

Perché sia effettivo il piano d’azione cosa è necessario fare?

Il piano dovrà essere provvisto di risorse adeguate alla realizzazione degli interventi per l’adeguamento dell’operatività alla strategia. Inoltre dovranno essere previste idonee clausole contrattuali con le terze parti perché sia garantito il rispetto del codice di condotta e delle misure di prevenzione identificate. L’efficacia del sistema sarà rafforzata tra l’altro dall’obbligo di realizzare azioni rimediali in caso si verifichino eventi avversi, dalla previsione di meccanismi di segnalazione e se sorgono timori legittimi circa i rischi connessi agli impatti negativi con adeguate tutele ai segnalanti, da sistemi di automonitoraggio e da obblighi di comunicazione e trasparenza rispetto all’attività condotta.

In termini più concreti?

Si tratta della definizione di un vero e proprio modello organizzativo di controllo e gestione dei rischi per la cui attuazione è prevista la pubblicazione di linee guida da parte della Commissione che indirizzino le imprese interessate e le autorità statati deputate al controllo. Le imprese di minori dimensioni e in generale le PMI non avranno dei veri e propri obblighi nell’ambito CSDDD, salvo quello di collaborare fornendo le informazioni che si renderanno necessarie alle aziende obbligate per l’espletamento degli obblighi di due diligence, di gestione dei rischi e degli eventi avversi quando saranno anelli della catena di attività. Comunque sarà indispensabile per queste imprese adeguare la propria operatività e i propri sistemi di controllo interno per mantenere o migliorare i loro rapporti commerciali, ossia mantenere la loro qualificazione quali fornitori e garantire il rispetto delle clausole contrattuali imposte dalle aziende obbligate nell’ambito degli adempienti di cui alla CSDDD».

In che modo la normativa favorisce la sostenibilità?

«La CSDDD ha l’intento di contribuire all’attuazione del Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile e del Green Deal Europeo, con particolare riferimento agli obiettivi e alle iniziative volte a rendere coerente la governance societaria con le politiche e gli obiettivi di sostenibilità delle imprese dell’Unione Europea. Il meccanismo di base individuato nella CSDDD determina che le imprese di grandi dimensioni debbano dotarsi di strumenti di governance idonei a individuare e valutare gli impatti della propria attività su ambiente e diritti umani anche attraverso la qualificazione di terze parti che rientrano nella loro catena del valore. La normativa di fatto tende ad estendere indirettamente i parametri di sostenibilità richiesti alle imprese di grandi dimensioni anche a quelle che rappresentano un anello della loro catena del valore e individua dei meccanismi di supporto alle piccole e medie imprese. Dovrebbe così generarsi un circolo virtuoso. Inoltre, gli obblighi di trasparenza dovrebbero contribuire a rendere effettivo il sistema».

Quanto costa, alle imprese, questo adeguamento?

«Molte imprese di grandi dimensioni anche in virtù degli obblighi di reportistica di sostenibilità individuate dalla CRSD, hanno già avviato un percorso verso politiche aziendali e processi di qualificazione e controllo sulla catena del valore nel rispetto di parametri volontari di sostenibilità. Con l’approvazione della CSDDD sarà necessario strutturare nuovi processi operativi aziendali che tengano conto non solo degli obblighi normativi ma anche del sistema di monitoraggio, controllo – affidato ad un’autorità pubblica – delle sanzioni per i casi di violazioni e delle nuove responsabilità che saranno individuate in capo al management. Pertanto, le società dovranno necessariamente allocare risorse umane ed economiche adeguate. Quanto alle PMI, come già detto, la CSDDD prevede meccanismi di sostegno, proprio riconoscendo il peso economico ed amministrativo del sistema. Tuttavia il percorso per mantenere il loro posizionamento nelle catene del valore delle aziende obbligate avrà certamente un impatto in termini di nuovi costi. In generale, inoltre, deve essere considerato il costo in termini di competitività delle imprese. Nel percorso di approvazione della CSDDD sono emersi dubbi proprio sulla ulteriore burocratizzazione delle attività economiche e commerciali delle aziende UE e sui costi di questi obblighi per il mercato».

Come cambieranno le politiche aziendali?

«Come già evidenziato, la regolamentazione sulla sostenibilità si innesta su quella che fino ad oggi ha rappresentato una esigenza del mercato che tende a valorizzare e a premiare le aziende che riescono a qualificare in termini di sostenibilità, rispetto dei diritti umani e tutela ambientale e governance, la propria attività e la catena del valore. I benefici non sono visti soltanto in termini di immagine, eticità e affidabilità volti a rafforzare i rapporti con gli stakeholders anche finanziari. Il controllo degli impatti sull’ambiente, sull’area sociale e la conduzione di una accurata due diligence della catena del valore rappresenta anche uno strumento di controllo interno sui rischi legali, giuslavoristici, civilistici e penali, che di per sé porta valore all’impresa. Inoltre, questi meccanismi tutelano anche il management a fronte della loro responsabilità tipiche verso soci e società. Con la CSDDD cambierà la struttura delle attività che in questo ambito non rappresenteranno più soltanto una scelta strategica e volontaria ma saranno guidate dalle previsioni normative con precisi controlli, trasparenza e obblighi di comunicazione».

Quali stravolgimenti subirà il modello di business?

«Considerando i tempi previsti dalla CSDDD per la effettiva applicazione delle previsioni (scaglionata a seconda delle dimensioni delle imprese da 3 a 5 anni dopo l’approvazione), il processo già avviato di volontario allineamento alle politiche sostenibili da parte delle imprese e l’allargamento degli obblighi relativi alla reportistica non finanziaria, le imprese obbligate e quelle indirettamente interessate dalla normativa avranno tempo per organizzarsi e individuare ed attuare gli adempimenti richiesti. Più che di uno stravolgimento potrebbe trattarsi di un graduale adattamento, che implicherà l’individuazione di strutture e professionalità interne ed esterne, risorse dedicate, un approccio che si concentri sulla valorizzazione dei vantaggi delle attività di compliance più che sull’adempimento normativo. Considerare con la maggiore serietà richiesta dall’obbligo normativo e dalle sanzioni previste gli impatti dell’attività aziendale su ambiente e diritti umani, avere un approccio olistico e di sistema alla sostenibilità, potrebbero essere il vero stravolgimento del modello di business».

Francesco Fravolini

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