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Ottobre 15, 2024
Management

Porgere l’altra guancia e il suo non so che di strategico


Porgere l’altra guancia al collega e al superiore, senza sentimentalismo, né
banalizzazione, credo possa avere una valenza strategica. Leggendo questo invito, in
prima battuta, si ha l’impressione che a pronunciarlo sia una persona in stato di
debolezza, dunque, l’offesa. Ma se bypassiamo la sensazione o il pensiero comuni,
possiamo immaginare e costruire un significato diverso. Difficile, ma proviamo.

Porgendo l’altra guancia, quindi cercando con l’ascolto un motivo per condividere e scomporre
quello che potrebbe essere un potenziale conflitto, permettiamo all’azienda di non
perdere tempo e risorse anche economiche per arrivare ad una mediazione. Rimanere
intrappolati a ruminare può solo creare danni, ci sfianca e riduce la nostra creatività.

Immaginiamo un cliente, un collega in collera, o alterato, con qualche difficoltà: il suo
comportamento può essere l’espressione delle sue emozioni interiori non gestite o non
riconosciute. Rispondere al suo atteggiamento con la sua stessa carica emotiva
potrebbe produrre il suo allontanamento, la sua chiusura o l’esplosione di un conflitto.

Invece porgere l’altra guancia significa dirigere aggressività o rabbia verso
una trasformazione costruttiva per entrambe le parti. Soprassedere ad una battuta fuori
posto vuol dire condurre la persona arrabbiata all’analisi del suo comportamento e forse
alla soluzione del problema.

Fatene pratica e scoprirete i vantaggi di questo tipo di relazioni più empatiche. Se consideriamo il tempo come una risorsa importante – in alcuni casi più preziosa del denaro – eviteremo di perderlo in azioni inutili, in discussioni che si possono gestire o addirittura far evaporare, appunto rivolgendo l’altra guancia o addirittura quella “schiaffeggiata”.

Certo, agli inizi ci costerà fatica, ma se la comprensione diventerà prassi, l’azienda-guadagnerà in vitalità, in termini di prestigio e autorevolezza. Il tempo è una risorsa che va utilizzata per pensare e agire nel bene dell’impresa e quindi per sdrammatizzare, accorciare le distanze, chiedersi scusa,
comprendersi.

Si parla tanto di benessere aziendale. Ma non sono il tornare sui propri passi, il rivolgersi la parola dopo uno scontro, esempi concreti di bene per l’azienda? E allora, se vogliamo interrompere una situazione che giudichiamo offensiva o non eticamente corretta, dobbiamo bloccarla con un comportamento opposto, così da non entrare nello stesso stato emotivo di chi l’ha provocata.

E’ arrivato il tempo di fare un balzo in avanti e non solo in senso tecnologico. Occorre quanto prima riuscire a far stare insieme razionalità, pensiero, emozioni, intuizione, creatività, immaginazione. Di qui la necessità da parte di imprenditori e manager di ricorrere a nuove leve per guidare le
risorse umane.

Spesso sono testimone di criticità da parte di imprenditori i quali si lamentano della forte competitività. Sono queste le occasioni e questo è il tempo per cambiare abitudini e cominciare davvero a osservare la situazione non più da una sola prospettiva. Sembrerà un paradosso, ma l’evoluzione tecnologica vissuta in maniera unidirezionale è la causa principale delle difficoltà verso il miglioramento e l’evoluzione. Le qualità tecniche sono un supporto all’evoluzione, ma non devono essere intese come un sostituto del nostro cervello, il quale possiede risorse illimitate. Alludo soprattutto all’intuizione, che non rispetta regole fisse.

E allora lasciamo muoversi liberamente la nostra creatività e proviamo a porgere non una, ma tutte e due le guance.

Patrizia Esposito, psicologa del lavoro

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