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  • Negoziazione: l’arte di ridurre l’incertezza

    Negoziazione: l’arte di ridurre l’incertezza

    E’ il titolo del nuovo libro di Massimo Antonazzi, avvocato, pubblicato da FrancoAngeli


    Negoziazione, l’arte di ridurre l’incertezza.

    A questo tema è dedicato il libro, pubblicato di recente da FrancoAngeli, di Massimo Antonazzi, avvocato e docente a contratto in tecniche e strategie di negoziazione, che svolge attività di formazione universitaria e aziendale sulla gestione professionale ed è cofondatore di NegoAi, piattaforma che sviluppa l’uso dell’intelligenza artificiale nei processi negoziati.

    Il lavoro di Antonazzi – duecento pagine –  si sofferma prima sulla fase di preparazione alle trattative, poi su quella operativa del negoziato attraverso l’analisi di una serie di tattiche da utilizzare direttamente o che serve conoscere per poterne disinnescare gli effetti.

    Ma facciamoci spiegare tutto da lui, che è anche membro del Comitato Editoriale della rivista Mediares.

    Intanto perché un libro sulla negoziazione? In Italia se ne fa poca rispetto ad altri Paesi o si fa male?

    Il perché di un libro sulla negoziazione è semplice: si tratta  del mio settore di specializzazione ed è la materia che da dieci anni insegno. In questo caso il testo è stata l’occasione per raccogliere in modo organico tutte le mie pubblicazioni. Per quanto riguarda la situazione nel nostro Paese non credo che la negoziazione sia poco utilizzata. Al contrario. Ma per una sua definitiva affermazione come scienza autonoma occorre un percorso di istituzionalizzazione universitaria come già avvenuto in molte esperienze internazionali.

    Quanto nel processo della negoziazione c’è di spontaneo, e quanto di regolato o standardizzato?

    Intanto ricordiamo che il processo negoziale è dinamico, flessibile, interdisciplinare, trasversale e strutturalmente caratterizzato da un elevato grado di incertezza. Per una gestione efficace sarà indispensabile ridurre i livelli di incertezza attraverso un processo di preparazione caratterizzato dalla raccolta informazioni che permette successivamente nella fase operativa di comprendere e reagire velocemente alle trasformazioni e agli imprevisti che le trattive portano immancabilmente. Semplificando, quindi, possiamo dire che avere un approccio professionale alle trattive significa utilizzare un modello comportamentale funzionale ai propri obiettivi nel quale l’elemento della spontaneità specialmente con negoziatori esperti è ridotto al minimo e dove qualsiasi nostra azione può avere conseguenze sullo svolgimento del processo stesso. Per rispondere all’assenza di certezze dobbiamo lavorare sotto il profilo della preparazione che in gran parte è caratterizzata dalla raccolta informazioni.

    Negoziare è sempre utile?

    La negoziazione non è sempre e comunque la scelta migliore e in questo senso assumono importanza la configurazione della maturazione del conflitto e l’esatta identificazione del timing negoziale. Inoltre, è la stessa scienza della negoziazione che elenca i casi in cui dobbiamo assolutamente evitare di negoziare. Per quanto attiene, invece, a ciò che è negoziabile, la scelta dipende dal contesto, dagli obiettivi e in molti casi dal sistema di credenze delle parti coinvolte.

    Quindi non tutto è negoziabile e non sempre conviene negoziare. Bisogna conoscere le alternative. E’ così?

    Le alternative vanno analizzate con attenzione perché rappresentano una fonte di potere, più precisamente rientrano tra le fonti di potere situazionali. Va detto che il ruolo del potere è centrale in ogni trattativa, ma va affrontato in un’ottica più ampia e non solo in riferimento alle alternative che comunque rimangono un elemento tecnico di indiscutibile importanza.

    Quali sono i casi più frequenti in cui nelle Pmi  – per i rapporti all’interno o nei rapporti con l’esterno – si ricorre alla negoziazione e quali sono le maggiori difficoltà?

    Ogni azienda in base alla struttura, alla grandezza e al comparto di riferimento svolge continue negoziazioni che possono riguardare tanto problematiche interne quanto le relazioni con l’esterno. Le difficoltà sono sempre legate alle specificità del contesto negoziale e spesso ad una mancanza strutturale di analisi tecnica della trattiva, che si concretizza quasi sempre nella scarsa preparazione all’incontro di negoziazione. Le sfumature e i particolari assumono un ruolo centrale nello svolgimento del processo negoziale e probabilmente l’assenza di questa consapevolezza rappresenta la difficoltà maggiore.

    Cosa porta a risultati positivi e in genere cosa significa negoziazione riuscita per le pmi?

    Partendo dal presupposto che avere un approccio professionale alla negoziazione non determina di per sé il successo nelle trattative, ma aumenta la possibilità di raggiungere accordi vantaggiosi, possiamo dire che accanto alle considerazioni precedentemente fatte un passo importante è saper riconoscere la fase del processo che si sta affrontando. Del resto, ogni fase ha delle caratteristiche e delle criticità specifiche. Per quanto riguarda, invece, il significato di negoziazione riuscita occorre fare riferimento da un lato, alla capacità di procedere all’esatta identificazione degli obiettivi negoziali – argomento troppo spesso sottovalutato, ma dal quale nascono molti mancati accordi – e dall’altro saper affrontare tecnicamente l’ultima fase del processo negoziale, la fase della valutazione dell’accordo.

    Come gestire una negoziazione con soggetti che hanno una cultura, quindi valori differenti?

    La negoziazione internazionale che io preferisco definire negoziato con soggetti appartenenti a culture diverse, proprio per ampliare il campo di indagine, è un argomento che ha da sempre suscitato l’interesse delle scuole di negoziazione. Nel mio libro dedico un capitolo intero a questa fattispecie proprio alla luce della complessità e delle innumerevoli criticità che presenta. Va detto che per comprendere il ruolo della cultura in una trattativa occorre sempre partire dall’ influenza che il sistema di credenze degli individui esplica nel processo negoziale. Del resto, la cultura è solo una parte del nostro sistema di credenze, ma ovviamente nei negoziati internazionali assume una posizione dominante. In questo senso gli studi di comunicazione interculturale organizzativa sono stati un valido supporto per i negoziatori impegnati nella gestione di conflitti con culture diverse.

    Immagino sia fondamentale agli inizi l’attività di intelligence.

    Le informazioni sono un tema centrale, come ho già detto e come ho messo in luce nel mio volume. Inoltre, negli ultimi sette anni avendo avuto la possibilità di lavorare all’università con persone che provenivano dal mondo dell’intelligence, ho potuto approfondire il rapporto tra human intelligence e negoziazione scoprendo moltissimi punti in comune. Abbiamo lavorato sull’applicazione del ciclodell’intelligence alla raccolta di informazioni nei negoziati, sulla declinazione delle tecniche dinegoziazione nel rapporto tra fonte e operatore e non da ultimo sulle tecniche di licitazione. Al di là diqueste specifiche declinazioni possiamo dire in modo più semplice che la capacità di trasformare laraccolta di informazioni in attività di intelligence è una skill indispensabile.

    Oggi l’Intelligenza artificiale, come scrive da pagina 114, è uno strumento imprescindibile. Ci può dire come va utilizzata in materia di negoziazione?

    Quello dell’intelligenza artificiale è un altro settore di ricerca che ho approfondito negli ultimi anni. Ho scritto il primo articolo su questo tema nel 2020 sul Journal of Ethics and Legal Technologies e da quel momento ho scritto molto e fatto vari tentativi per creare un supporto di intelligenza artificiale per i negoziati. In questo senso mi sono scontrato con diverse contraddizioni e limiti tecnologici. Nel libro cerco di fare il punto delle mie ricerche su questo argomento e allo stesso tempo tra breve lancerò la prima applicazione concreta. Infatti, negli ultimi due anni ho addestrato un supporto di intelligenza artificiale con le mie pubblicazioni che servirà da tutor e da collega nelle simulazioni. Quindi possiamo riassumere che in futuro l’intelligenza artificiale sarà un vero e proprio membro dei team di negoziazione, applicabile principalmente nella fase strategica, mentre in questo momento l’utilizzo più concreto è da contestualizzare nel training negoziale e nella formazione. Le ragioni di questa diversificazione sono da ricondurre a questioni di responsabilità professionale, riservatezza e negoziazione asimmetrica, che a mio parere per ora rimangono irrisolte.

    La negoziazione prevede la presenza di un terzo o si può gestire anche in due?

    No, assolutamente. Nella negoziazione non è presente un terzo. Esiste solo un caso specifico di questo genere chiamato Mediation Advocacy, che consiste nel negoziare per una parte all’interno di un processo di mediazione, dove ovviamente è presente un mediatore, ma rappresenta un caso specifico. Non bisogna infatti confondere la Negoziazione con la Mediazione. Sono due strumenti differenti che prevedono percorsi di formazione autonomi anche se rientrano entrambi all’interno dei mezzi alternativi alla risoluzione delle controversie. Poi per non sbagliare sarebbe opportuno affidarsi a professionisti che hanno uno specifico percorso di formazione in tecniche e strategie di negoziazione, nonostante le difficoltà che questo comporta nel nostro Paese. 

    Una volta raggiunto un accordo cosa si fa?

    L’accordo, nella gran parte dei casi, deve assumere una valenza giuridica, quindi, va ovviamente contrattualizzato tra le parti. Il monitoraggio, successivo, dipende dalla natura dell’accordo e dalla struttura di interessi del negoziato. Se l’accordo deve esplicare i suoi effetti nel corso del tempo i monitoraggi saranno necessari, ma se l’accordo ha un immediato effetto risolutivo i monitoraggi non avranno senso. Quello che esiste invece, in entrambi i casi, è la quarta fase del processo negoziale, che prevede appunto la valutazione dell’accordo attraverso una serie di indicatori tecnici. La valutazione ci aiuta a comprendere molti aspetti del nostro stile negoziale, dello svolgimento del processo e dello sviluppo delle future relazioni con la nostra controparte.  

    Quanto competitive diventano le Pmi che sanno negoziare?

    Beh, un approccio professionale alle trattative rappresenta senza dubbio uno strumento strategico per ogni azienda, ma attenzione a far passare il concetto che sia la panacea di tutti i mali o che non si possa negoziare senza avere studiato negoziazione. Lo studio di questa materia ci rende più competitivi, ci porta ad evitare errori superficiali e aumenta la possibilità di raggiungere accordi di successo, ma va ricordato che ogni individuo ha una propria sensibilità rispetto alla gestione dei conflitti e che alcune persone possono risultare performanti anche senza un percorso specifico.

    L’errore più comune?

    E’ sempre lo stesso: negoziare nell’incertezza rispetto a cosa vogliamo, a come vogliamo ottenerlo, allo sforzo e ai costi che questo comporterà.

    Cinzia Ficco

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  • Porgere l’altra guancia e il suo non so che di strategico

    Porgere l’altra guancia e il suo non so che di strategico


    Porgere l’altra guancia al collega e al superiore, senza sentimentalismo, né
    banalizzazione, credo possa avere una valenza strategica. Leggendo questo invito, in
    prima battuta, si ha l’impressione che a pronunciarlo sia una persona in stato di
    debolezza, dunque, l’offesa. Ma se bypassiamo la sensazione o il pensiero comuni,
    possiamo immaginare e costruire un significato diverso. Difficile, ma proviamo.

    Porgendo l’altra guancia, quindi cercando con l’ascolto un motivo per condividere e scomporre
    quello che potrebbe essere un potenziale conflitto, permettiamo all’azienda di non
    perdere tempo e risorse anche economiche per arrivare ad una mediazione. Rimanere
    intrappolati a ruminare può solo creare danni, ci sfianca e riduce la nostra creatività.

    Immaginiamo un cliente, un collega in collera, o alterato, con qualche difficoltà: il suo
    comportamento può essere l’espressione delle sue emozioni interiori non gestite o non
    riconosciute. Rispondere al suo atteggiamento con la sua stessa carica emotiva
    potrebbe produrre il suo allontanamento, la sua chiusura o l’esplosione di un conflitto.

    Invece porgere l’altra guancia significa dirigere aggressività o rabbia verso
    una trasformazione costruttiva per entrambe le parti. Soprassedere ad una battuta fuori
    posto vuol dire condurre la persona arrabbiata all’analisi del suo comportamento e forse
    alla soluzione del problema.

    Fatene pratica e scoprirete i vantaggi di questo tipo di relazioni più empatiche. Se consideriamo il tempo come una risorsa importante – in alcuni casi più preziosa del denaro – eviteremo di perderlo in azioni inutili, in discussioni che si possono gestire o addirittura far evaporare, appunto rivolgendo l’altra guancia o addirittura quella “schiaffeggiata”.

    Certo, agli inizi ci costerà fatica, ma se la comprensione diventerà prassi, l’azienda-guadagnerà in vitalità, in termini di prestigio e autorevolezza. Il tempo è una risorsa che va utilizzata per pensare e agire nel bene dell’impresa e quindi per sdrammatizzare, accorciare le distanze, chiedersi scusa,
    comprendersi.

    Si parla tanto di benessere aziendale. Ma non sono il tornare sui propri passi, il rivolgersi la parola dopo uno scontro, esempi concreti di bene per l’azienda? E allora, se vogliamo interrompere una situazione che giudichiamo offensiva o non eticamente corretta, dobbiamo bloccarla con un comportamento opposto, così da non entrare nello stesso stato emotivo di chi l’ha provocata.

    E’ arrivato il tempo di fare un balzo in avanti e non solo in senso tecnologico. Occorre quanto prima riuscire a far stare insieme razionalità, pensiero, emozioni, intuizione, creatività, immaginazione. Di qui la necessità da parte di imprenditori e manager di ricorrere a nuove leve per guidare le
    risorse umane.

    Spesso sono testimone di criticità da parte di imprenditori i quali si lamentano della forte competitività. Sono queste le occasioni e questo è il tempo per cambiare abitudini e cominciare davvero a osservare la situazione non più da una sola prospettiva. Sembrerà un paradosso, ma l’evoluzione tecnologica vissuta in maniera unidirezionale è la causa principale delle difficoltà verso il miglioramento e l’evoluzione. Le qualità tecniche sono un supporto all’evoluzione, ma non devono essere intese come un sostituto del nostro cervello, il quale possiede risorse illimitate. Alludo soprattutto all’intuizione, che non rispetta regole fisse.

    E allora lasciamo muoversi liberamente la nostra creatività e proviamo a porgere non una, ma tutte e due le guance.

    Patrizia Esposito, psicologa del lavoro

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