Fabio Sola (Praxi) e il metodo di selezione “lean” per avere l’eccellenza. Ne ha scritto il primo manuale
Recruitment: si fa presto a dire Benvenuto a bordo!
Ma se vuoi l’eccellenza nella ricerca del personale, devi avere un metodo, seguire vari step di una procedura lunga e costosa. Inseguire scorciatoie avrà ripercussioni negative sull’azienda e la sua reputazione.
A sentire Fabio Sola, consigliere di amministrazione di Praxi dal 2013, alla guida del network Praxi Alliance dal 2016, da quindici anni docente di un Master in Sviluppo delle Risorse Umane dell’Università di Pisa e collaboratore dell’Osservatorio del Job Placement dell’Università di Firenze, esisterebbe un processo per ottenere assunzioni migliori, in tempi contenuti e la massima soddisfazione di tutti i soggetti coinvolti. Sarebbe il Lean Recruitment. Ne ha scritto di recente, in un libro pubblicato di recente, primo testo pubblicato sul pensiero snello. Applicato alla ricerca di personale.
Dunque, prima di arrivare al Brindisi finale, occorre seguire un percorso.
Ma cosa distingue il Lean Recruitment dalla normale ricerca di personale? Lo chiediamo a Sola che nel suo libro (Guerini) riporta casi di successo.
“L’elemento saliente è un processo solido e migliorato di continuo, che elimina in modo consapevole tutte le attività improduttive per il cliente – interno per chi si occupa di talent acquisition, esterno per gli head hunter. L’eliminazione degli sprechi consente di avere più tempo e risorse per ciò che è davvero utile. Inoltre la costante gestione dei tempi e delle informazioni consente di andare con sicurezza verso le soluzioni, senza perdere nel frattempo candidature che sarebbero interessanti.
Da quando esiste il Lean Recruitment?
Quando in Praxi abbiamo avviato il nostro progetto interno – nel 2014 – non c’era traccia di niente di simile in Italia. Solo qualche testo statunitense affrontava, ma in modo non soddisfacente, l’applicazione dei principi lean alla ricerca del personale. In questi dieci anni la nostra esperienza si è evoluta molto – grazie al miglioramento continuo che è uno dei capisaldi della lean organization – e sono stati pubblicati numerosi articoli sulle riviste anglosassoni di management. In Italia il mio libro è comunque il primo testo focalizzato su questo argomento, e ciò mi rende orgoglioso.
Da quanto scrive in Lean Recruitment, sembra che trovare il candidato ideale in modo “snello”, senza spreco di risorse economiche né tempo, per una pmi, non sia una chimera, a patto che si segua una procedura e che il selezionatore conosca perfettamente gli obiettivi aziendali.
Un recruiter interno ha normalmente maggiore facilità nel comprendere valori e obiettivi della propria azienda, ma a dire il vero non è sempre così. Talvolta le figure che si occupano di selezione vengono relegate in un angolo e non sono dunque in grado di valorizzare tale opportunità. Per contro, l’adozione del lean recruitment richiede un team strutturato in grado di lavorare con un processo solido e di migliorarlo costantemente. Ciò è estremamente improbabile in una PMI – in cui la selezione viene svolta da profili non specialistici o da singole persone – mentre può essere possibile in un’organizzazione più grande con gruppi di lavoro dedicati a questa attività più ampi. In ogni caso, il processo richiede di svolgere in modo chiaro alcune fasi, quali: analisi preliminare, individuazione dei candidati, valutazione dei candidati, scelta finale e finalizzazione – contratto e inserimento.
Meglio che il selezionatore sia più di uno?
Un singolo recruiter può essere molto bravo e adottare le tecniche e le procedure migliori, ma non ha la possibilità di confrontarsi con nessuno che sta realmente svolgendo il suo stesso lavoro. In questa situazione, non è possibile creare un processo di lean recruitment, che si basa sul confronto continuo per trovare le soluzioni migliori e testare nuove modalità sempre più efficaci.
Da dove si parte per avviare una ricerca? Meglio google, i social, linkedin in particolare? E può indicarci in percentuale l’importanza delle caratteristiche psico fisiche, delle competenze, dell’esperienza?
Un team di recruitment esperto conosce quali sono i canali migliori (database, network, social, job posting) e utilizza sin dall’inizio della ricerca tutti quelli che sono realmente appropriati per una ricerca per ridurre i tempi di raccolta delle candidature. Ciò è molto diverso da quanto avveniva in passato, quando, per le ricerche di middle management, l’advertising – un tempo sui quotidiani, successivamente sui job portal- era il primo canale ad essere utilizzato, e solo quando si rilevava che l’efficacia non era adeguata, venivano attivati altri strumenti, quali database e scouting diretto. Ovvio, la lettura di un profilo sul web o in archivio consente di valutare soprattutto le esperienze già maturate – formazione, ruoli in azienda, ed altro- mentre fornisce meno informazioni sulle cosiddette competenze trasversali. Queste ultime sono invece individuabili per i candidati già valutati per ricerche passate, per le quali sono disponibili le note da precedenti interviste. Questo consente quindi una valutazione più approfondita già in via preliminare. Il Lean Recruitment svolge in modo più approfondito la parte preliminare, che è più veloce e può essere così allargata ad un talent pool più ampio, per focalizzare l’approfondimento solo sulle figure più interessanti. La situazione ideale vede il recruiter intervistare in questo modo solo le figure che arriveranno ad una valutazione finale per l’assunzione.
Passo successivo, telefonate, mail, messaggi? E i colloqui meglio farli sempre in presenza?
Una volta creato il talent pool, individuando candidati che hanno caratteristiche interessanti sulla carta, iniziano i passaggi di valutazione. Si tratta di una serie di step incrementali con una fase più rapida – tradizionalmente al telefono, ma sempre più spesso via email o addirittura con video ripresi dai candidati- seguita da un approfondimento one-to-one con le persone che sembrano davvero centrate per la posizione. Dal 2020 il primo colloquio viene svolto pressoché sempre in videocall, tranne che per le posizioni di vero top management. In questo caso è, comunque, necessario bloccare un intervallo di tempo appropriato – nella mia esperienza da 60 a 90 minuti in funzione della complessità del profilo – e pretendere che il setting sia quello adeguato. Meglio evitare interviste a candidati in movimento, oppure con scarsa connessione. Il fatto di svolgere interviste lunghe può apparire uno spreco di tempo di tempo, ma è esattamente il contrario, perché consente di approfondire la valutazione e di concentrarsi davvero sui profili più interessati e di non perdere quelli che potrebbero essere scartati con un colloquio più superficiale.
Il contenuto dell’intervista?
Varia molto in funzione della ricerca, ma non possono mancare domande sulle conoscenze tecniche, sulle competenze trasversali e sulle motivazioni al cambiamento. Inoltre, è estremamente lean verificare anche se un candidato sta svolgendo altre selezioni, per evitare di perderlo, semplicemente perché l’altro iter si conclude prima. Questa informazione può spingere ad accelerare il processo per i profili più interessanti.
Cosa fare con chi non supera la selezione?
La cosiddetta candidate experience è uno dei pilastri del Lean Recruitment e fornire ai candidati informazioni puntuali e sollecite sullo status della ricerca è probabilmente l’elemento che incide di più in questa esperienza. Non è solo una questione di rispetto – anche se ciò dovrebbe bastare- ma anche il modo per curare al meglio la relazione con queste persone, in vista di prossime ricerche. Addirittura, in alcuni casi proprio grazie ad un feedback appropriato, sono i candidati stessi a segnalare loro conoscenti che sono più centrati per la posizione, aiutandoci nel finalizzare il nostro lavoro!
L’Ai può e in che percentuale può aiutare il recruiter?
L’intelligenza artificiale generativa è uno strumento dalle potenzialità enormi, che già oggi viene utilizzata per accelerare alcune attività – inviare messaggi, scrivere report, ed altro- ma il suo utilizzo è ancora in versione beta almeno in ambito executive search. Guardando al futuro, siamo certi che essa potrà essere del tutto disruptive per i processi di recruitment più massivi, ma avrà un impatto anche per quelli più mirati. In ogni caso, abbiamo ragioni per credere che il lean recruiter del futuro vedrà impegnati tre diversi attori: due dotati di intelligenza umana e una intelligenza artificiale!
Quanto costa un lean recruitment?
L’eliminazione degli sprechi consentita dai principi lean non è mirata al risparmio, bensì all’eccellenza. Per questo un lean recruitment avrà onorari simili a quello di colleghi che lavorano in modo tradizionale, ma sarà in grado di dare un supporto consulenziale di migliore qualità. È per questo che la metodologia funziona molto bene anche per processi su singole figure da inserire, anziché per reclutamenti multipli rivolti a decine o centinaia di assunzioni.
Consigli alle imprese?
Ne ho due in particolare. Il primo è scegliere il proprio consulente in modo avveduto, facendosi spiegare le metodologie utilizzate e come perseguono l’eccellenza nella propria attività, anziché limitarsi ad indagare costi e precedenti esperienze in un settore o per una determinata posizione. Il secondo è valutare con attenzione il vero valore ricevuto nell’ambito di una ricerca conclusa, oltreché vedere se l’inserimento è avvenuto oppure no. Sentirsi aggiornati e guidati in tutta la ricerca, supportati nella scelta e nell’inserimento, avere infine una nuova persona che entra al meglio nell’organizzazione, valgono molto più che semplicemente vedere se è stata trovata la persona oppure no.
Cinzia Ficco