Stefano Epifani, Presidente della Fondazione di Ricerca sul rapporto con il digitale
La Fondazione per la Sostenibilità Digitale è la prima Fondazione di Ricerca in Italia che analizza le correlazioni fra trasformazione digitale e sostenibilità con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un futuro migliore ed è il primo e più importante network italiano. La Fondazione nasce il 22 aprile 2021, giorno dell’Earth Day, ad indicare la stretta connessione fra le attività della Fondazione e la Green generation, il miliardo e più di persone che in tutto il mondo guarda ad un futuro costituito da fonti rinnovabili, da un consumo sostenibile, dalla green economy, da un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali: insomma, ad un futuro sostenibile. La sua mission, illustrata nel “Manifesto per la sostenibilità digitale”, è quella di studiare le dinamiche indotte dalla trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica.
Ma quali sono le attività con cui persegue i suoi obiettivi?
L’abbiamo chiesto al suo Presidente, Stefano Epifani. Che chiarisce: “La Fondazione sviluppa attività di ricerca, fornisce letture ed interpretazioni della trasformazione digitale, offre indicazioni operative per gli attori coinvolti, intercetta i trend del cambiamento e ne analizza gli impatti rispetto allo sviluppo sostenibile. La Fondazione agisce attraverso una struttura costituita da esperti indipendenti, istituzioni, imprese e università. Ai soci e partner della Fondazione ( https://sostenibilitadigitale.it/partner-e-soci-sostenitori/ ) si affianca la Rete delle Università che costituisce il sistema di competenze al quale fa riferimento la Fondazione per lo sviluppo dei suoi progetti e che rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni ed aziende nello sviluppo di progetti e di attività dedicati alla sostenibilità digitale. Tra le Università che fanno parte della Rete, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Pavia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Università degli Studi di Cagliari, l’Università degli Studi di Palermo, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Trieste, l’Università di Perugia, L’Università per Stranieri di Perugia, l’Università di Siena, l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, l’Università degli Studi di Torino, l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, l’Università degli Studi di Sassari”.
Presidente, in due parole cosa si intende per sostenibilità dello sviluppo digitale di una azienda?
La sostenibilità è un sistema complesso per natura. Ambiente, società ed economia – i tre sistemi che lo compongono – sono tra loro in una relazione di profonda interdipendenza, tanto che un’alterazione in ognuno di questi può produrre un impatto talvolta ben più ampio sugli altri sistemi collegati.
Quali sono i risultati dei vostri studi più recenti sulle aziende italiane e soprattutto, quanta voglia di cambiare c’è negli imprenditori, nei manager, nei cda delle aziende?
Ciò che rileviamo è una grande attenzione e un forte interesse da parte delle imprese sia del settore pubblico che di quello privato verso i temi della sostenibilità, a tutti i livelli e indipendentemente dal “genere” dei vertici aziendali, siano essi maschi o femmine. E questo perché la sostenibilità è un tema che abbraccia tutti gli aspetti della vita aziendale ma, ancor di più è un elemento che si intreccia a doppio nodo con le realtà individuali di ciascun manager e quindi ciascuno di noi e li influenza fortemente da un punto di vista sociale, economico e ambientale. Come Fondazione lo scorso anno abbiamo creato gli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, un think tank che raccoglie oltre 100 tra i più importanti top manager dell’innovazione delle più grandi imprese pubbliche e private che operano in Italia. La collaborazione tra i top manager degli Stati Generali porta molti vantaggi a chi oggi si occupa di gestire le strategie di innovazione e di trasformazione digitale delle grandi imprese: dall’ottimizzazione dei tempi e dei costi, all’aumento dell’efficacia delle azioni intraprese, alla creazione di processi comuni e standardizzati, al moltiplicarsi delle possibilità di confronto, di aiuto tra pari e, quindi, una maggiore incisività. Il tutto guardando a come trasformazione digitale e sostenibilità debbano diventare veri e propri driver di sviluppo per le aziende italiane, e non essere, semplicemente, degli “obblighi” ai quali adeguarsi.
In concreto, cosa fa la Fondazione per le aziende che vogliono gestire tale complessità?
La Fondazione, grazie al deciso input di realtà associate come Enel, ACI Informatica, Bludigit-Italgas e Cisco Italia, di recente la Fondazione per la Sostenibilità Digitale, insieme ad UNI e ai suoi partner ha sviluppato e lanciato il DiSI Corporate, l’indice che misura il livello di sostenibilità digitale delle imprese sul quale si basa la prassi UNI/PdR 147:2023,prima in Europa nel suo genere. Si tratta del primo e più importante strumento europeo attraverso il quale le aziende potranno valutare la propria sostenibilità digitale rispetto agli obiettivi di Agenda 2030. DiSI Corporate è l’indice che misura il livello di sostenibilità digitale delle imprese, ed è composto da tre elementi fondanti: dalla Prassi UNI/Pdr 147:2023, dalla DiSI Corporate Platform: la prima piattaforma per la misurazione del livello di sostenibilità delle imprese. Uno strumento che la Fondazione ha sviluppato e messo a disposizione per supportare le aziende che vogliono implementare i propri progetti facendo della sostenibilità digitale una leva di valore, a partire dalle indicazioni fornite nella prassi UNI appena rilasciata. Servizi a supporto. DiSI Corporate sarà fondamentale per tutti i manager e tutte le aziende del Sistema-Paese Italia, poiché consentirà loro di raggiungere, attraverso l’alleanza sugellata durante gli ultimi Stati Generali, non solo la compliance con la normativa europea Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) – che si estenderà all’intera catena di fornitura a monte e a valle dell’impresa – ma anche un nuovo modello di sviluppo basato su collaborazione e condivisione tra tutte le imprese e gli enti pubblici che operano nei diversi settori di mercato.
Cosa gli imprenditori trovano particolarmente difficile nell’inseguire la sostenibilità del loro sviluppo digitale?
Analizzando i dati in base all’indice DiSITM – sviluppato dalla Fondazione per misurare il livello di uso consapevole del digitale per la sostenibilità – e messo in relazione in relazione alla disponibilità di infrastrutture tecnologiche nelle differenti aree del Paese e all’uso consapevole della tecnologia in un’ottica di sostenibilità, ne emerge che la popolazione digitale delle aree più svantaggiate infrastrutturalmente, è anche quella più attenta alla sostenibilità, così come lo sono le imprese presenti su quei territori. In altre parole, il fattore più importante che frena l’adozione da parte delle imprese di strategie volte alla sostenibilità è proprio la mancanza delle infrastrutture digitali.
Come distinguere chi vende fuffa sull’argomento?
Vende fuffa chi si presenta con la soluzione pronta, chi rappresenta il tema come un tema semplice, che si risolve con uno strumento o un prodotto. Vende fuffa chi appiattisce la sostenibilità su una sola delle sue dimensioni, facendo perdere il senso della complessità del tema.
Come fare in modo che un imprenditore abbracci in modo volontario la sostenibilità, senza aspettare vincoli e sanzioni?
Perché le imprese abbraccino la sostenibilità – digitale o meno – è indispensabile che si passi da una sostenibilità come costo ad una sostenibilità come investimento. Se la sostenibilità non impatta sul modello di business, non è sostenibilità. Può essere attenzione all’ambiente, o peggio greenwashing, ma non è sostenibilità. Perché sia vera sostenibilità deve entrare nel modo in cui l’impresa costruisce valore, nel modo in cui produce ricavi. Finché vedremo la sostenibilità come costo ne uccideremo il valore. In un’ottica complessiva, non può esserci sviluppo se non sostenibile, ossia che bilanci benessere economico, sviluppo sociale ed attenzione all’ambiente. Il che vuol dire comprendere come ogni business intercetta questi punti e come li valorizza. Il cambiamento è complesso, perché parte dalla mentalità delle persone e dalla consapevolezza. Tanto più complesso perché la dimensione delle aziende italiane non facilita questo percorso di cambiamento.
I costi di un iter sostenibile dello sviluppo digitale?
L’iter lo abbiamo descritto nella Prassi di Riferimento 147/2023 realizzata assieme all’ UNI (Ente Italiano di Normazione), denominata appunto “Sostenibilità Digitale”. Il costo è ovviamente dipendente dalla dimensione dell’organizzazione, dalla complessità, dal settore. Ma, come dicevo, non va considerato costo, ma investimento!
Scenari futuri?
Tutti i settori saranno toccati dal cambiamento. Alcuni vivranno vere e proprie rivoluzioni: dalla sanità ai trasporti, dall’energia ai rifiuti. Tuttavia la vera scommessa è sull’impatto che la sostenibilità digitale, unita all’intelligenza artificiale, avrà sulle professioni. I professionisti che non avranno paura di questo strumento vedranno una vera e propria rivoluzione. Gli altri vedranno messo in discussione il loro ruolo tradizionale. Per questo è imprescindibile una riflessione sulla sostenibilità digitale dell’intelligenza artificiale, tema sul quale abbiamo sviluppato il nostro ultimo manifesto!
Cinzia Ficco