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Dicembre 3, 2024
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Disagio mentale: alle aziende in Europa costa 240 miliardi di euro

A fornire i dati la società di consulenza Stimulus in occasione della giornata mondale della salute psichica


Duecentoquaranta miliardi di euro l’anno: tanto costa alle aziende in Europa il disagio psicologico (Fonte: Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro) correlato al lavoro, ma anche disgiunto. Il 43 per cento, cioè 104 miliardi di euro, è riferito a costi diretti, per esempio,  alle cure mediche. Il 57 per cento, cioè 136 miliardi di euro, rappresenta, invece, la perdita di produttività per le assenze da malattie.

I dati sono venuti fuori nel corso della presentazione di un “Quick report 2023”, curato da Stimulus https://stimulus-consulting.it/ (società di consulenza, specializzata nel campo della Salute Mentale al lavoro, presente in  Francia,Italia, Spagna e Germania), in occasione della giornata mondiale della salute mentale (il 10 ottobre).

Analizzando i primi sei mesi dell’anno, nel corso dei quali gli psicologi Stimulus hanno prestato 8040 consulenze a collaboratori e collaboratrici di aziende di grandi e medie dimensioni, affiora un dato: è cresciuto il bisogno di servizi specifici sul tema benessere mentale. La domanda di aiuto è ampia e va dai casi di sovraccarico agli stati di ansia, depressione o insonnia.

Nel 77 per cento dei casi, le persone si sono rivolte agli psicologi Stimulus per difficoltà personali, il 6,5 per cento, invece, ha espresso difficoltà professionali e il 16,4 per cento ha ammesso difficoltà in entrambi gli ambiti.

“Questo malessere incide sulla qualità del lavoro dei professionisti e sulla loro percezione degli ambienti di lavoro, come osserva Marisabel Iacopino, Service Coordinator Stimulus Italia – Notiamo come il malessere percepito a livello individuale sia notevolmente aumentato, insieme alle problematiche di benessere che vengono riscontrate nell’ambito lavorativo. Rispetto al 2022, la percezione di malessere individuale si sta estendendo permeando sempre di più al contesto lavorativo. Di qui la necessità di concentrarci, nelle consulenze con i nostri utenti, nella comprensione delle radici di tale malessere, per aiutarli a definire confini sempre più chiari tra ciò che deriva dal contesto personale e ciò che invece arriva dal contesto lavorativo”.

Fra le tematiche personali, il 57 per cento dei professionisti espone malesseri individuali, il 30,06 per cento vive problemi di coppia, il 10,10 per cento ha difficoltà con i figli. Fra le situazioni che preoccupano i professionisti sul luogo di lavoro, per il 5,54 per cento dei casi si tratta di relazioni con i superiori, nel 5,44 per cento il tema è il carico mentale e nel 4,59 per cento emergono problemi di benessere nello svolgimento del proprio incarico.

Continua Iacopino: “Spesso i professionisti non sono consapevoli delle origini del loro malessere, sanno, però, di stare male e decidono di chiedere aiuto. In una società orientata alla corsa contro il tempo a favore del mito dell’iperproduttività, trovare degli spazi di ascolto non è facile. È difficile, ancor di più, intuire che possa trattarsi di un disagio psico-emotivo ed è questo il motivo delle numerose somatizzazioni”.

Andrea Bertoletti, Country Manager di Stimulus Italia fa sapere: “In Stimulus siamo sempre stati persuasi di quanto sia importante stare bene, sotto tutti i punti di vista, nei luoghi di lavoro. Ottobre è il mese della salute mentale e l’attenzione cresce su questi temi, ma vorrei sottolineare che è necessario occuparsi di questa tematica per tutto l’anno, perché la continua sensibilizzazione permette alle aziende di far percepire che il cambiamento culturale è in atto e che la Salute Mentale e la cura della persona sono elementi prioritari per l’organizzazione. Il benessere psicologico delle persone in azienda è oggi un tema che non può essere trascurato”.

Risulta chiaro a questo punto che investire sulla salute mentale per prevenire costi meno che curare. Come sottolinea Diego Scarselli, Operations Manager Stimulus Italia (in foto)

Ma che tipo di disagio avete riscontrato?   “Il nostro campione – aggiunge Scarselli –  è dato dalle aziende che, in collaborazione con Stimulus Italia, offrono ai loro collaboratori il servizio di consulenza psicologica. Si tratta di più di 200 grandi imprese per un totale di oltre 500 mila dipendenti distribuiti nella penisola, di tutti i settori economici. Abbiamo riscontrato, per lo più, malesseri individuali – ansia, depressione – ma non solo. Anche disagi legati alla sfera familiare e ai cambiamenti di vita. Il disagio non ha genere, coinvolge uomini e donne e non ci sono differenze regionali di rilievo”.

A sentire Scarselli, “nelle grandi aziende la consapevolezza è in aumento. C’è un focus importante sulla formazione e c’è attenzione a costruire una cultura aziendale condivisa. Dirigenti e responsabili HR sono sensibili al tema del benessere degli individui e sanno che ha un impatto sulle organizzazioni. Nelle piccole e medie imprese italiane, invece, questa persuasione non è ancora maturata”.

Sembra che le persone con un grado di istruzione più basso siano spesso più vulnerabili, anche dal punto di vista della salute mentale. Per quanto riguarda il malessere nei luoghi di lavoro, però, “oggi – dice Scarselli – vediamo una situazione in cui il disagio è trasversale: ne soffrono operai, professionisti, manager. Blue collar e white collar vivono differenti tipologie di problemi. Per i primi il disagio può connettersi a difficoltà nella vita quotidiana o a problemi sociali. Nei colletti bianchi c’è, attualmente, una crescita di situazioni di stress, dovuta ai continui cambiamenti”.

Quanto si incrociano disagio psichico al lavoro e disagio familiare?  “Quale ne sia l’origine – afferma il Manager – un malessere tende a condizionare l’intera giornata dell’individuo, dalla vita privata a quella professionale e viceversa. Dai nostri dati, emerge che, nel 77 per cento dei casi, le persone si sono rivolte agli psicologi Stimulus per difficoltà personali. Il 6,5 per cento, invece, ha espresso difficoltà professionali e il 16,4 per cento ha ammesso difficoltà in entrambi gli ambiti. Accade anche che le persone vivano un disagio che non riconoscono e di cui non sempre vedono la causa. Per esempio, sono frequenti le somatizzazioni. Il ruolo dello psicologo è aiutare la persona a comprendere dove stia la fonte del disagio e a diventarne consapevole”.

I caregiver sono una parte delle persone che si rivolgono alla società di consulenza. E rappresentano una metà del campione indagato. “Tra coloro che vivono un disagio ci sono – ancora Scarselli – oggi, giovani adulti, single, non necessariamente persone che hanno un carico familiare come figli o anziani non autosufficienti da accudire. Il malessere mentale avanza in categorie che, in passato, si pensava meno vulnerabili. Per fortuna negli ultimi dieci anni è aumentato il numero di aziende che offrono ai loro collaboratori supporto psicologico. I primi a farlo sono stati gli Stati Uniti e il Regno Unito, in Europa la tendenza è arrivata in seguito. Le imprese italiane sono in linea con la tendenza europea e, dopo la pandemia, la percezione che questo servizio sia importante è chiara. Diverso è, invece, il caso delle Pmi”.

Regalare momenti di relax, vacanze, o ridisegnare l’ambiente lavorativo potrebbero aiutare? “Due aspetti sono importanti per il benessere delle persone nei luoghi di lavoro – conclude – autonomia e riconoscimento. Non si tratta di pensare a vacanze o momenti di relax in modo occasionale. Il punto chiave è prima di tutto cambiare la logica, mettere al centro la persona. L’obiettivo è creare una cultura aziendale che dia a chi lavora la possibilità di esprimere le proprie capacità. Bisogna saper trasmettere passione e responsabilità verso il proprio lavoro, desiderio di migliorare e senso di appartenenza. Occorre imparare ad ascoltare le persone e coinvolgerle nei processi decisionali, fare in modo che la professionalità di ciascuno guidi i cambiamenti in azienda. La flessibilità degli orari, lo smartworking e l’adattamento degli spazi alle nuove modalità di lavoro rappresentano un punto di arrivo importante. Non ne farei un problema di norme, che ci sono già. A mancare è la formazione. Se in azienda un lavoratore vive un disagio psicologico, spesso i responsabili in azienda non sanno  come comportarsi. Gli strumenti ci sono, bisogna conoscerli”.

Cinzia Ficco

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