A fondarla è stato Antonio, morto di recente, che si è impegnato per il riscatto di un territorio
Se oggi la Puglia del vino può parlare di sé con orgoglio in tutto il mondo, il merito è anche di Antonio Coppi, imprenditore ed enologo, ex Senatore della Repubblica, scomparso all’improvviso il 5 luglio scorso all’età di 75 anni e della sua Casa Vinicola a Turi, sulle colline della Murgia barese. vinicoppi.it
E’ stato lui a vedere per primo le potenzialità di un vino che per decenni è stato venduto sfuso, nelle damigiane, senza un brand, spesso per tagliare i vini del Nord, cioè per renderli più corposi. Ed è stato sempre lui a credere subito nell’importanza di riunire sotto un unico marchio chi produceva lo stesso tipo di vino, fondando la Doc Gioia del Colle.
Parliamo, dunque, dell’azienda Coppi che è riuscita a conquistare mercati internazionali, come quelli classici di Europa, Stati Uniti, Cina, Giappone, ma anche emergenti come Colombia, Ghana, Angola e Kenya.
A guidarla, sono ora i figli di Antonio, cresciuti in azienda, Doni ( 41 anni), che si occupa della direzione generale, Lisia (50 anni), che gestisce l’amministrazione e Miriam (46 anni) che come suo padre è enologa.
La storia della Casa Vinicola Coppi è antica ed è quella di una famiglia pugliese che per decenni si è dedicata alla produzione vitivinicola sulle colline della Murgia dei Trulli.
Si tratta della terra del Primitivo doc Gioia del Colle (da Primativus, cioè uva dalla maturazione precoce), vino elegante, fresco e bilanciato – grazie ai terreni pietrosi collinari – in costante crescita nei mercati mondiali sul piano qualitativo e del marketing territoriale.
Per comprendere l’importanza di questo vitigno e del territorio, si pensi che su 26 premi “3 bicchieri” assegnati alla Puglia nel 2018, ben sette sono stati assegnati a cantine della Doc Gioia del Colle, consorzio, fortemente voluto da Coppi, al quale aderiscono in tutto circa 20 cantine, solo quelle che non disperderebbero mai identità e controllo, per esempio, imbottigliando fuori dal territorio del disciplinare.
A questo punto occorre un flashback.
“Tutto comincia nel lontano 1882 – ci racconta Doni – È questa la data di nascita della cantina storica, poi rilevata dal mio papà, un pioniere nel settore enologico. Nel 1929, l’allora famiglia proprietaria Zaccheo, oggi rinomati produttori di vino in Toscana, incarica il noto architetto Francesco Schettini di ristrutturare gli spazi aziendali in pietra calcarea così come sono oggi, meta di visite da parte di turisti, sommelier, scolaresche e giornalisti. Dalla fine degli anni ‘60 mio padre avvia la sua collaborazione professionale in cantina, tanto da decidere di dedicare la sua vita a quel mondo fatto di profumi antichi, terra e mosto”.
I vini Coppi devono la loro nascita e la loro storia proprio a lui, Antonio, che, negli anni 70, rileva la proprietà della cantina con un solo obiettivo: restituire dignità e lustro ad una produzione vinicola, quella di Puglia, ancora poco conosciuta e per molti versi bistrattata, snobbata dal resto del mainstream vinicolo italiano.
Antonio comincia dalla coltivazione di alcuni ettari di vigneti di proprietà della moglie Eleonora, partendo da: Primitivo, Aleatico, Malvasia, Negroamaro, Falanghina, fino ad arrivare alla Verdeca, spumantizzata in brut.
“Quando ancora le aziende vinicole in Puglia si contavano sulle dita di una mano – continua Lisia – e gli stessi vini regionali venivano considerati di serie C, a fine anni ‘80, il mio papà acquista la prima catena di imbottigliamento e partecipa alla fondazione del Consorzio di Tutela del Primitivo Doc Gioia del Colle, la prima delle denominazioni di origine del Primitivo ad essere riconosciute in Puglia, non a caso nella Murgia dei Trulli, terra vocata da millenni alla viticoltura”.
“Abbiamo lavorato sodo – spiega Miriam – perché il nostro marchio diventasse sinonimo di qualità, capace di riscattare un territorio”.
Non a caso è la Coppi ad aver avuto il privilegio di vedere assegnata, per la prima volta in assoluto, una Gran Medaglia d’oro al Vinitaly 2006 ad un Primitivo doc Gioia del Colle, il Vanitoso Riserva 1999, premiazione che ha sancito l’ingresso di questo vitigno nell’olimpo dei grandi vini rossi fermi invecchiati.
Sono seguiti numerosi riconoscimenti fra i quali: i tre bicchieri Gambero Rosso 2017, 2018, 2019, 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, Miglior Primitivo al “5 stars Vinitaly 2017”, 96 punti sulla Guida Vini di Luca Maroni, punteggi superiori a 90 con WineSpectator, WineEnthusiast, James Suckling, Falstaff, Anuga Wine Special, Decanter, Double Gold Medal al CWSA e tanti altri concorsi enologici nazionali ed internazionali.
Oggi è possibile vivere la storia centenaria della famiglia Coppi e della vinificazione nella Terra del Primitivo con un percorso di visita e degustazione nella cantina storica alle porte di Turi, fra cisterne in pietra, botti di rovere, torchi, eventi di wine tasting e show cooking.
Coppi, però, non è solo sinonimo di passato e tradizioni, ma anche di innovazione, ammodernamento tecnologico e impresa ambientalmente sostenibile, oltre che di coraggio.
“Mio padre si è mosso controcorrente – fa sapere Doni – con tanta determinazione. E’ riuscito a superare quella lunga fase critica, tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta in cui la Francia faceva la guerra commerciale ai vini italiani e quando un immenso patrimonio di vigne viene estirpato in Puglia, ma soprattutto nella zona di Gioia del Colle. Da una landa a molti sconosciuta, Coppi senior è riuscito ad estrarre un diamante grezzo che negli ultimi anni sta rimontando grazie al suo valore aggiunto dato dalla collina, dall’escursione termica e dalla pietra carsico-calcarea, che rendono unico il nostro prodotto”.
Si diceva innovazione e sostenibilità. Già venti anni la famiglia Coppi fa un investimento su due impianti fotovoltaici, il primo dedicato all’energia necessaria il giorno, il secondo finalizzato a vendere energia al gestore, per quindi far fronte agli impegni finanziari del consumo energetico notturno.
“E sappiamo bene – sono le parole di Miriam – che ne serve una grande quantità perché uno dei segreti del vino di qualità sta nella temperatura: 16°/17° gradi sempre sia nei depositi che nelle cisterne”.
“La casa Vinicola Coppi – prosegue Lisia- che segue l’intera filiera, dalla vigna alla produzione biologica, sino alla vendita, è stata anche tra le prime a sperimentare con il Centro Ricerche in Agricoltura, la macerazione carbonica utilizzata per produrre vini invecchiati eleganti, fruttati e scarsamente tannici, così come quelli richiesti oggi. Dunque papà un visionario, che in passato si è cimentato anche con alcune idee di marketing e originali etichette per diversificare il suo prodotto. Ricordiamo quella del vino Senatore che riporta l’immagine geomorfologica della collina di Marchione, da cui sono raccolte le sue uve”.
Come si comunica un vino ignorato per decenni -oggi una griffe ricercata – in modo tale da valorizzare tutto il territorio, noto anche per una produzione casearia di alto livello?
“Per presentare un vino – afferma Roberto Bianco, export manager – si può parlare di un nome e un cognome. Il nome è rappresentato dal vitigno, quindi dall’uva autoctona da cui si ricava il nostro vino, da noi il primitivo. Il cognome è il territorio enologico, nello specifico Gioia del Colle, che è come dire Puglia, oggi regione molto amata da vip, sportivi e politici. Se parliamo di marketing, ormai il primitivo non ha più bisogno di presentazioni. Anzi, è un prezioso biglietto da visita per la regione, che dimostra tutto l’impegno delle nuove generazioni di produttori verso la qualità”.
Il fatturato della Cantina è di circa 3.5 milioni di euro l’anno. I dipendenti sono circa 20/25 a seconda della stagionalità, impegnati sia nella coltivazione dei vigneti che nella produzione di vino. Le bottiglie vendute oscillano fra 550.000 e 600.000.
In foto da sinistra: Miriam, Doni, Eleonora e Lisia
Cinzia Ficco