Si tratta di impianti e macchinari collegati tra loro. In ballo 6mld di euro
Il Piano di transizione 5.0? In Italia, un passo in avanti verso le fabbriche smart, ma anche l’opportunità, non più rinviabile, di preparare le risorse umane alla rivoluzione digitale.
E questo perché non basta far funzionare impianti e macchinari collegati tra loro. Occorre saper leggere i dati e trasformarli in informazioni utili perché le imprese diventino intelligenti.
Cosa significa? “Che da un lato – afferma Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio IoT presso il Politecnico di Milano – l’utilizzo dei dati può migliorare le performance del business attuale tramite, ad esempio, l’efficientamento delle operazioni o il miglioramento dell’offerta. Dall’altro, permette alle imprese di espandere il proprio business o modificarne la natura, abilitando servizi aggiuntivi per i propri clienti e nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione. Su questi temi c’è ancora molta strada da fare, anche se iniziano ad arrivare sul mercato nuove soluzioni sempre più avanzate in grado valorizzare concretamente i dati raccolti”.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto definitivo del piano di incentivi per la digitalizzazione e la sostenibilità delle imprese italiane – approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio scorso e inserito nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)- si dà il via libera al credito d’imposta per tutte quelle realtà imprenditoriali che vorranno efficientarsi dal punto di vista energetico e trasformarsi in aziende digitali. Tramite l’IoT, internet delle cose, applicata alle aziende.
Ma di preciso di cosa parliamo? Per esempio, di macchinari connessi tra loro in grado di monitorare lo stato di avanzamento degli oggetti che si stanno producendo e darne notizia al reparto produzione per attivare o meno la manutenzione, di sensori in grado di captare sostanze dannose nell’aria di un capannone o rilevare in un ufficio problemi elettrici prima di un black out. Dunque, si tratta di macchine connesse, che inviano dati da trasformare in materiale informativo, utile alla sopravvivenza di un’impresa.
Perché si attivino, sono necessari un collegamento alla rete- una delle tante, tipo, l’ultima 5G- oppure batterie che si autoalimentino per il maggior tempo possibile. Condizioni di utilizzo che sono anche costi per le imprese.
“A questi – aggiunge il docente – bisogna aggiungere la parte hard, i sensori. Più complessa è la soluzione che si sceglie – numero alto di beep con elevate funzionalità– più risorse ci sono da investire. Restando sul capitolo costi, c’è anche quello delle figure specializzate in IoT. Si possono seguire due strade: si può assume uno Iot manager o un Innovation manager oppure si forma personale interno all’azienda, che possa coprire gli ambiti più determinanti, come il marketing o la produzione. Il lavoro da fare all’interno delle imprese, soprattutto di quelle più piccole, in questa fase è notevole. Dopo uno studio che ha coinvolto 200 aziende di piccole dimensioni abbiamo scoperto che il personale non è formato in modo adeguato. Il piano di transizione 5.0 darà una spinta notevole in questo senso. Non c’è più tempo per aspettare e non c’è più la scusa delle risorse economiche scarse. Con migliaia di euro destinati alla formazione le imprese potranno finalmente attrarre personale qualificato, tipo data analytics per un mercato quello dell’IoT – applicato alla fabbrica – che in Italia continua a crescere e vale 8,9miliardi di euro, quasi quanto quello europeo, di circa 10 miliardi. Merito delle normative italiane e europee – pensiamo al Data Act- dei Piani di transizione 4.0 e quello prossimo 5.0 finanziato da fondi pari a 6,3 miliardi di euro e in vigore dal 2 marzo scorso”.
Giulio Salvadori ha conseguito la Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale nel 2012 presso il Politecnico di Milano e il PhD nel 2017 presso lo stesso Ateneo. Dal 2013 si occupa per gli Osservatori Digital Innovation di ricerca sui mercati digitali. In particolare, è oggi direttore degli Osservatori Internet of Things, Connected Car & Mobility e Smart City, nonché responsabile della gestione delle relazioni con oltre 200 aziende che fanno parte della community degli Osservatori. Nella sua esperienza professionale, alla ricerca ha affiancato anche attività di advisory in ambito Internet of Things, per imprese pubbliche e private, e di tutoring, per diverse startup innovative.
Cinzia Ficco