Parla Corrado Priami, da un anno Prorettore per la valorizzazione della conoscenza e suo impatto
“Uno dei miei compiti è sicuramente quello di far crescere la cultura imprenditoriale all’interno dell’ateneo anche in quei settori non STEM che, in genere, faticano ad interagire con il mondo delle imprese, pur avendo notevoli potenzialità”.
Ad annunciarlo, Corrado Priami, da un anno Prorettore per la valorizzazione della conoscenza e suo impatto all’Università di Pisa, che sente forte l’esigenza di accorciare le distanze tra il mondo accademico e quello del lavoro e che per questo rimarca: “La stessa difficoltà a creare relazioni con l’Università la si osserva anche nelle piccole e medie imprese che spesso non sanno cogliere le opportunità di crescita legate all’innovazione. Per questo, abbiamo attivato una serie di iniziative, sperando di agevolare l’incontro in modo costruttivo e concreto, mostrando quali possano essere i vantaggi dell’una e delle altre in un ecosistema collaborativo in cui tutti gli attori sono sullo stesso piano”.
Qual è l’errore più frequente degli accademici e degli imprenditori?
Troppo spesso i primi pretendono di insegnare alle imprese come fare il loro mestiere e troppo spesso le imprese pensano che gli accademici siano dei teorici, incapaci di risolvere problemi concreti. L’Università di Pisa ha pensato di partire dagli studenti, applicando una strategia che noi chiamiamo delle 4E. La prima E è education e consiste in un corso aperto a tutti gli studenti dell’ateneo su startup e multidisciplinarietà indipendentemente dall’anno di corso e dal corso di studi scelto (https://startupedu.unipi.it). Questa introduzione di base a fare impresa e agli strumenti utili vuole stimolare la curiosità che poi viene coltivata nella fase di experiment (seconda E), gestita nel nostro Contamination Lab (https://contaminationlab.unipi.it). Qui gli studenti affinano le loro competenze e provano a cercare idee di impresa che potrebbero essere realizzate. Fornire agli studenti queste competenze li rende più qualificati anche per un futuro lavoro in azienda e più aperti al confronto con l’Università. È una strategia di lungo periodo, ma darà i suoi frutti.
La terza E?
Sta per execute. Qui abbiamo avviato il progetto Start Attractor dell’Università di Pisa per creare una calamita di competenze e capitali per favorire progetti di open innovation e venture building. Start Attractor cerca di attrarre aziende per identificare i loro bisogni e i trend di mercato su cui investire. E lo fa con le competenze dell’ateneo e del suo ecosistema. Start Attractor è un portale unico di accesso alle competenze dell’Università che spesso le aziende non conoscono in modo completo.
Veniamo all’ultima E.
Che è exit. Si riferisce alla capacità delle start-up – che Start Attractor ha contribuito a far crescere – di camminare con le proprie gambe sul mercato e sfruttare realmente i risultati dei progetti di Open Innovation attivati, con le grandi aziende. È un processo di medio periodo che realizza prodotti e soluzioni innovative, e – cosa fondamentale – consente di creare fiducia tra aziende e Università.
Da uno a dieci quanto l’Università in Italia è lontana dalle esigenze del mercato del lavoro rispetto ad altri Paesi?
Come dicevo prima, non è un problema di lontananza in termini di competenze offerte agli studenti – quelle sono più o meno le stesse in tutto il mondo. Il problema italiano è culturale. Collaborare con le aziende è considerata un’attività di serie B. Questo non avviene, ad esempio, in UK, Stati Uniti, Nord Europa, Germania, Giappone solo per citarne alcuni. E questa non è solo colpa degli accademici. Le norme di reclutamento del personale docente, derivate dalle linee guida ministeriali, considerano tali attività marginali. Le norme che regolano la partecipazione di docenti ad attività imprenditoriali, che potrebbero drasticamente ridurre le distanze, sembrano essere fatte per limitarne al massimo – se non impedirne- la possibilità. Direi quindi che il legislatore dovrebbe avere una visione più aperta nei confronti dei rapporti Università – impresa. Molte distanze si eliminerebbero in modo automatico. Quello che possiamo fare come Università è cercare di abbattere le barriere culturali tra i due mondi: la strategia delle quattro E è un esempio. Come I lunch dell’innovazione.Torto e ragioni di docenti e imprenditori? Ci insegnano da piccoli che la colpa non sta mai completamente da una parte sola.Sono stato amministratore delegato di una PMI per dodici anni e da quell’esperienza hocapito che non si possono fare politiche di breve respiro, basate solo sull’obiettivo di fare cassa. La sopravvivenza nel medio termine e la crescita passanosempre per l’innovazione, e l’innovazione ha bisogno di investimenti. In questo momento, stiamo cercando di individuare partner per lanciare Start Attractor e dialogare con aziende, soprattutto di grandi dimensioni. È interessante scoprire le loro strategie aziendali Ci sono realtà più propense di altre ainvestire su progetti ad alto rischio, con ritorni altissimi. E la principale differenza tra chi è propenso a investire echi no, dipende dalla cultura aziendale. Quella stessa cultura che io sto cercando dimodificare all’interno dell’università per renderla più aperta al mondo delle imprese.Quindi direi che i problemi sono simili. Organizzazione,reclutamento di giovani con visione e spirito imprenditoriale e investimenti ininnovazione sono la chiave per avvicinare l’industria alle università.
Mi fa esempi di un’azienda e di un ateneo che si sono “presi subito”?
All’Università di Pisa abbiamo molte collaborazioni sia con grandi aziende che con PMI. Non le faccio esempi perché non ci sono collaborazioni di serie A e serie B: sono tutte importanti. Il mix perfetto per la nascita delle collaborazioni nasce sempre dal rapporto tra le persone e non tra le istituzioni. Due persone desiderose di collaborare cominciano a parlare e a individuare temi comuni su cui ottenere insieme vantaggi. Così si comincia a creare un rapporto di fiducia. Se i risultati sono positivi, si avviano progetti di una portata più alta fino ad arrivare ad accordi strategici e di sviluppo congiunto. Partire da piccole cose per verificare se il rapporto può funzionare e poi espanderlo, è sempre il processo che paga di più.
Sempre perseguendo lo stesso obiettivo ha lanciato i Lunch dell’innovazione.
Esatto, fanno parte della strategia di avvicinamento del mondo accademico e imprenditoriale. Sono momenti per stimolare il dialogo e creare fiducia. Li abbiamo avviati da poco. Continueranno sino a maggio prossimo. (https://www.unipi.it/index.php/trasferimento/item/27307- lunch-dell-innovazione) quando si terrà la seconda edizione del convegno Converging Skills, che ha lo scopo di esaminare le buone pratiche di collaborazione università- azienda, analizzare i processi e i percorsi che seguono le aziende e le università in questo contesto. Conoscersi fa aumentare la possibilità di un approccio collaborativo. Lo scorso anno (https://convergingskills.unipi.it), l’evento ha avuto un notevole successo e portato ricadute positive in termini di collaborazioni. Quest’anno aggiungeremo un paio di sessioni in cui l’Università di Pisa presenterà dieci progetti molto maturi – alludo al Livello di Maturità Tecnologica e che potrebbero essere di interesse per le aziende e gli investitori presenti. Quindi, quest’anno facciamo un passo verso l’incontro concreto dei bisogni reciproci.
Alla fine l’Italia è un Paese per innovatori, dove poter fare ricerca applicata e avere risultati concreti?
La qualità delle nostre Università non è in discussione, altrimenti non avremmo il problema della fuga dei cervelli, tanto sono ben preparati i nostri laureati. Talento e competenze non ci mancano. La burocrazia spesso fiacca la capacità di innovare, ma innovazione vuol dire anche avere pazienza e perseverare sulla propria idea. I veri innovatori riescono. Il progetto Start Attractor dell’Università di Pisa vuole essere un aiuto concreto a chi voglia fare impresa innovativa, aperto a tutte le aziende interessate, non solo agli spin-off dell’Università. Con progetti come Start Attractor speriamo di aiutare il Paese a crescere”.
Cinzia Ficco