Marco Gatti (Key2): «La tecnologia deve essere una leva per il businessۚ»
La tecnologia e il progresso digitale cambiano la vita delle persone e delle imprese. Questa trasformazione tecnologica coinvolge diversi asset dell’economia italiana ed è ormai presente da quattro anni circa – il cambiamento comincia dopo il Covid-19 – , rivoluzionando scelte e vita dei consumatori. Secondo un recente sondaggio condotto dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUSA) «l’88% degli italiani considera l’Information Technology (IT) un motore essenziale per il miglioramento della vita quotidiana e l’84% riconosce nell’Intelligenza Artificiale una tecnologia con forte potenziale per apportare benefici concreti alla qualità della vita». E questa convinzione è supportata dalle stime dell’Osservatorio sull’Investimento Digitale. «Prevede un aumento degli investimenti – si legge nel Documento – in innovazione digitale per questo 2024, con una maggiore attenzione verso l’intelligenza artificiale, cloud computing, cybersecurity e big data. Le aziende destineranno il 57% della spesa alla sicurezza informatica e il 45% alla business intelligence».
È la dimostrazione pratica di quanto sia in espansione il mercato, richiedendo allo stesso tempo nuove competenze e tecnologie avanzate. Tra i protagonisti di questa crescita c’è Key2, un’azienda con oltre quindici anni di esperienza, conosciuta per la sua capacità di saper cavalcare le tecnologie emergenti, come l’Intelligenza Artificiale e il web 3.0, e metterle al servizio dei propri clienti (sia aziende sia organizzazioni ed istituzioni) anche grazie ad una lunga serie di esperienze maturate negli Stati Uniti.
Con Marco Gatti (in foto), responsabile della divisione marketing e sales, cerchiamo di conoscere le nuove tendenze del mercato della tecnologia.
La tecnologia come influenza consumatori e imprese nelle decisioni quotidiane degli acquisti?
«Senza giri di parole, siamo in prossimità di una nuova rivoluzione industriale. Le imprese in quasi tutti i settori in questo momento hanno un’autostrada davanti. L’IA Generativa ha aperto al cambiamento sia nel modo in cui le aziende generano contenuti per i consumatori, sia nel modo in cui gli stessi li fruiscono, sia online che negli store fisici. Faccio un esempio su tutti: basti pensare che lo stesso mondo dei motori di ricerca sta per cambiare, strumenti come Perplexity e Chatgpt potrebbero rivoluzionare il modo in cui le persone fruiscono informazioni sul web equindi le regole della SEO, attraverso motori di ricerca che rispondono come assistenti virtuali. Ma, ripeto, è solo un esempio. Ne posso fare un altro: per le aziende in questo momento è molto facile raccogliere dati di comportamento anche negli store fisici, sui punti di osservazione delle vetrine, degli scaffali, adeguare le proposte promozionali di conseguenza anche in real-time. Per arrivare alla possibilità di offrire soluzioni di realtà aumentata che sfruttano la motion detection e proiettano immagini realizzate in 3d su specchi virtuali».
Quali vantaggi per le imprese del settore?
«Il settore IT si sta trasformando. Da una parte si stanno creando nuove figure dotate di una cassetta degli attrezzi piena di strumenti ready-to-use che consentono ai clienti di adottare potenti soluzioni in tempi rapidissimi, pur personalizzandole per le diverse esigenze, sfruttando servizi a valore aggiunto offerto dai grandi vendor di servizi cloud. Penso a Microsoft, ad esempio, con il nuovo strumento Co-Pilot. Dall’altra, anche grazie ai fondi del PNRR, si è dato più spazio alla ricerca realizzando nuove soluzioni. Abbiamo la fortuna in un grande ecosistema come Key2 Business di poter vivere entrambe queste sfide e siamo felici di coglierne i vantaggi».
Le imprese come vivono questo cambiamento?
«Quasi tutte le imprese stanno cercando di attuare dei cambiamenti, molte necessitano di una guida, di un partner che sappia guidare il processo. Occorre comprendere il business, come diciamo sempre, fare le domande giuste senza idee preconcette. Il processo inizia con le giuste domande. La tecnologia deve essere una leva per il business e non fine a se stessa. Il fattore determinante però è che la leva tecnologica ad oggi si è molto democratizzata. Una piccola azienda può attivare strumenti a costi bassi e flessibili, andando a creare nuovi servizi e cambiando le regole del mercato».
Che ruolo assume l’intelligenza artificiale?
«Ad oggi e per i prossimi anni è la chiave per il cambiamento. Oltre a consentire di svolgere attività e processi più velocemente può rivoluzionare interi settori, consentendo in alcuni casi dei grossi risparmi in termini di investimenti o la possibilità di inserire sul mercato nuovi servizi. Avere un assistente che mi aiuta nel leggere le email più urgenti, scrivere in automatico una presentazione, costruire il testo di una nuova campagna promozionale in modo personalizzato per ciascun utente. Prima abbiamo parlato di comportamenti di acquisti, ma se passiamo alla sicurezza, nel mondo smart city l’AI può aiutare nel rendere i luoghi pubblici più sicuri, attraverso una sorveglianza attiva nel rispetto della privacy, oppure aiutare a monitorare le infrastrutture stradali. Sono alcune delle soluzioni che abbiamo applicato».
La nuova frontiera del futuro è la tecnologia. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di queste innovazioni?
«Dei vantaggi abbiamo parlato, ma mi voglio soffermare sugli svantaggi. Il pericolo è quello di vedere sostituiti molti lavoratori. Tuttavia si deve fare grande attenzione in termini di mercato del lavoro. La figura del knowledge worker, se non è sul viale del tramonto, senz’altro sarà messa molto più in discussione. I lavori di tipo ripetitivo saranno sicuramente meno richiesti. Non saranno forse sostituiti, ma l’IA, ad esempio, aiuterà nell’automatizzare delle attività e richiederà meno risorse per produrre gli stessi risultati».
L’economia in senso più generale quali benefici può avere dalla tecnologia?
«La barriera di accesso al fare impresa si sta riducendo notevolmente. Vedo opportunità di nascita e crescita di nuove realtà, startup o aziende più tradizionali con idee giuste e un giusto processo di sperimentazione. Anche le aziende consolidate devono pensare fuori dagli schemi e sperimentare costantemente. Una famosa frase di Jeff Bezos è uccidi il tuo business prima che lo facciano altri. È vera oggi più di ieri».
Analisi del settore
«Il mercato dell’Intelligenza Artificiale, in Italia, cresce in maniera impetuosa. Nel 2023 segna +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di Generative AI. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale)». È quanto emerge dai risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di Intelligenza Artificiale, e più di un italiano su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta. C’è grande interesse, dunque, ma anche una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT ma solo il 57% conosce il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”. Un italiano su quattro dichiara inoltre di aver interagito almeno una volta con ChatGPT. Ben il 77% degli italiani (+4 punti percentuali rispetto al 2022) guarda con timore all’Intelligenza Artificiale, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermamente contrario all’ingresso dell’AI nelle attività professionali. Di certo, gli impatti sul mondo del lavoro saranno molto significativi. Già oggi, in Italia, l’Intelligenza Artificiale ha un potenziale di automazione del50% di posti di lavoro equivalenti (l’equivalente in posti di lavoro della somma del tempo impiegato in singole attività che possono essere affidati alle macchine), ad oggi realizzato in minima parte, considerando anche che il ruolo dell’AI è più di supporto che di vera e propria sostituzione. Ma da qui a 10 anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia».
Francesco Fravolini