Parla il docente di Economia degli Intermediari Finanziari, autore di un libro
Perché alcuni alla sicurezza preferiscono l’utile e il rischio? Scegliere di investire in obbligazioni è una scelta dettata solo dalla ragione?
Di questi temi si è occupato in un libro (Investire alla velocità del pensiero), pubblicato di recente (Franco Angeli), Vincenzo Farina, professore associato di Economia degli Intermediari finanziari all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Adjunct Professor di Financial Management e Financial Markets all’Università Bocconi.
In poco meno di centottanta pagine, l’autore – che è anche presidente dell’organo di revisione e membro del gruppo di ricerca dell’Associazione interuniversitaria di Neuroeconomia BrainLine – spiega perché molte nostre decisioni sono il risultato di processi inconsci. E questo nonostante il nostro cervello, che rappresenta il 2 percento del peso totale di una persona (con un peso di 1500 grammi e un volume compreso tra i 1100 e i 1300 cm cubici), sia in perenne attività, controlli ogni nostra azione, ci faccia sperimentare il mondo e, in fondo, ci renda unici come i individui.
Proviamo a capirne di più con il docente, partendo da una curiosità.
Professore, cos’è la neuroeconomia?
Un campo di ricerca interdisciplinare che combina neuroscienze, economia, psicologia e altre scienze sociali per analizzare i correlati neurali delle scelte individuali. Il cervello gioca un ruolo cruciale nei processi decisionali e questo campo di ricerca unisce la comprensione economica del comportamento umano con la conoscenza dell’attività cerebrale. Si parla di neuroeconomia fin dagli anni ‘90, quando l’economia comportamentale ha iniziato a utilizzare strumenti di imaging cerebrale per studiare i processi decisionali. La neuroeconomia è quindi una disciplina ancora piuttosto giovane, cresciuta molto negli ultimi decenni.
Quanto è attendibile?
Come per qualsiasi campo di indagine, l’attendibilità dei risultati degli studi di neuroeconomia dipende dalla qualità della ricerca e delle tecniche utilizzate per studiare le decisioni ed il comportamento delle persone. Tra queste ultime si segnala la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che permette di osservare l’attività del cervello durante le varie fasi del decision making. Mentre l’economia tradizionale spiega come dovremmo comportarci in teoria e l’economia comportamentale studia come ci comportiamo in pratica, la neuroeconomia si concentra sul perché dei nostri comportamenti, sulle decisioni dei consumatori, degli investitori e dei produttori, così come sulla valutazione del valore, della fiducia e della cooperazione. L’obiettivo principale della neuroeconomia è creare modelli economici teorici e empirici sempre più accurati e integrare le conoscenze neuroscientifiche con la teoria economica tradizionale.
Nel suo libro spiega come alcuni colori, livelli di glucosio bassi nel sangue, una pancia vuota, una forte stanchezza ci facciano perdere l’autocontrollo e portino a determinate scelte anche in altri ambiti. Alludo alle sentenze dei giudici. Dunque, anche uno stato intestinale non proprio in salute ci spinge all’azzardo.
Il mio non è un libro di neuroeconomia. Il focus sono le decisioni economiche e finanziarie e tutto ciò che le può influenzare. Modelli economici tradizionali, economia comportamentale e neuroeconomia forniscono gli strumenti per l’indagine e in qualche modo rappresentano la cassetta degli attrezzi. Nel tempo il nostro cervello ha sviluppato meccanismi di pensiero rapidi e intuitivi che funzionano bene in diverse situazioni. Questo significa che le decisioni non sono sempre basate esclusivamente sulla razionalità e sulla logica, ma sono anche influenzate dalle reazioni emotive e istintive. Quando le informazioni sono incomplete o ambigue, per prendere una decisione noi ci affidiamo alle euristiche o alla pancia. Se da un lato questo può portare a errori o a scelte non ottimali, dall’altro lato, le euristiche non sono necessariamente sempre un male.
Perché?
In base alla conoscenza e all’esperienza della persona e alla natura della scelta da compiere, esse hanno il potenziale per essere efficaci strumenti di decisione. Del resto, hanno contribuito in maniera rilevante alla nostra evoluzione come esseri umani, garantendo la sopravvivenza della nostra specie di fronte alle non poche minacce ambientali. Tuttavia, quello che ha funzionato per millenni non è sempre efficace in alcuni contesti, come quello delle decisioni economiche e finanziarie. Il denaro rappresenta un’invenzione relativamente recente nella scala temporale dell’evoluzione e i mercati finanziari sono un’invenzione ancora più recente.
Quali sono le maggiori trappole, i meccanismi distorti delle nostre decisioni economiche e finanziarie?
Ce ne sono molti. Però, tra i più importanti quando si parla di investimenti, ci sono: L’eccesso di fiducia / overconfidence. Si riferisce alla sopravvalutazione delle proprie capacità di prendere decisioni efficaci sui mercati finanziari. Bias di conferma. E’ la tendenza delle persone a cercare, interpretare e ricordare le informazioni in maniera selettiva, in modo tale da confermare le proprie convinzioni e credenze preesistenti, e ignorare o minimizzare le informazioni che non lo fanno. In altre parole, una persona tende ad accettare solo le informazioni che si adattano alla propria visione del mondo e filtra tutto il resto.
Poi?
Fallacia del tasso di base. E’ la tendenza a giudicare erroneamente la probabilità di una situazione, non tenendo conto di tutti i dati rilevanti. Effetto framing. Si riferisce all’influenza esercitata su chi decide delle modalità con cui le informazioni vengono presentate, a prescindere dal loro contenuto effettivo. Herding bias. L’abitudine a seguire il comportamento degli altri investitori, senza analizzare in modo critico le proprie scelte di investimento.
Cosa avviene nel nostro cervello quando non riusciamo ad autocontrollarci e cosa ci dà estrema sicurezza anche quando ci sono rischi concreti?
In generale, la propensione al rischio di una persona è determinata da una complessa interazione tra: disposizione cerebrale individuale e fattori ambientali, tra cui esperienze passate, formazione ed educazione. Dal punto di vista neurologico, la nostra corteccia prefrontale gioca un ruolo importante nell’esecuzione del controllo cognitivo e nella valutazione delle conseguenze delle nostre azioni. Tuttavia, quando siamo esposti a situazioni stressanti o abbiamo la possibilità di ottenere un guadagno elevato, il nostro sistema limbico può prendere il sopravvento e spingerci a prendere decisioni irrazionali.
Cosa avviene, invece, in soggetti con problemi al cervello?
In soggetti che presentano lesioni cerebrali possono osservarsi comportamenti differenti, a seconda delle aree del cervello compromesse. Ad esempio, in un esperimento si è visto come i soggetti con lesioni orbitofrontali fossero insensibili al livello di ambiguità e incertezza che caratterizzava determinate scelte.
Quanto incidono le informazioni, quindi le notizie che diffondono i media, sulle nostre scelte economiche e finanziarie? E le mode collettive sulle scelte individuali?
La conoscenza passa attraverso le informazioni e, certo, le notizie dei mass media contribuiscono alla diffusione delle informazioni fra gli investitori. Occorre, però, considerare alcuni aspetti. In primo luogo, il nostro cervello non è in grado di processare correttamente un volume elevato di informazioni, notizie. Quindi non necessariamente miglioriamo l’efficacia delle nostre decisioni. Inoltre, troppe informazioni possono aumentare il nostro senso di fiducia nelle decisioni, non necessariamente migliori. Infine, la rappresentazione delle informazioni può incidere sulla loro corretta interpretazione e innescare reazioni più o meno marcate in chi legge e vuole investire in base ad esse. Da questo punto di vista, sappiamo che i mass media competono fra loro per avere l’attenzione dei lettori e sappiamo anche che il modo in cui sono enfatizzate le notizie crea una maggiore o minore reazione di chi le utilizza per decisioni di investimento. Questo può spingere a investire o disinvestire in modo eccessivo (over-reaction) in un certo settore o in una certa azienda, portando di fatto alla creazione di bolle sui mercati finanziari.
Come l’intelligenza artificiale, le nuove tecnologie possono in qualche modo pesare sulle nostre decisioni finanziarie?
Le tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale, sono solo uno strumento e come tale andrebbero considerate. In altri termini, esse non dovrebbero essere intese come sostitute dell’intelligenza umana. Tenendo conto degli impatti sociali ed etici, l’uomo -il fine- e non la tecnologia -lo strumento- deve essere al comando. Credo, invece, che l’evoluzione tecnologica debba rappresentare un’opportunità per sviluppare sistemi che lavorino in sinergia con gli esseri umani per sfruttare al meglio le nostre competenze e aiutarci a superare i limiti cognitivi. Quindi, a prendere decisioni – non solo di tipo economico e finanziario- più efficaci. Un ruolo importante, per rimanere in argomento, potrebbe essere quello di supportare le persone alle prese con le decisioni economiche finanziarie. Ad esempio, migliorando il processing di un volume elevato di informazioni. Servono sostegniper evitare di farci prendere decisioni finanziarie impulsive o basate sull’emotività.
Per chiudere, la scelta ideale?
In linea di principio, prendere decisioni economiche ponderate significa considerare e valutare attentamente tutti i fattori rilevanti per la decisione in questione, tra cui costi, benefici, rischi, opportunità e conseguenze a lungo termine. Il problema che si pone, però, è proprio la valutazione attenta e razionale di tutti i fattori.
Cioè?
Come discriminiamo fra informazioni rilevanti e non rilevanti? Siamo sicuri di riuscire ad elaborare tutte le informazioni rilevanti? Sul frontone del tempio di Apollo a Delfi era presente l’esortazione conosci te stesso. Ecco, per migliorare le nostre decisioni bisogna partire da lì. Occorre prima di tutto essere consapevoli dei nostri obiettivi, preferenze e priorità. Poi, per prendere decisioni economiche ponderate, dobbiamo identificare – o almeno essere consapevoli della loro esistenza – i nostri bias (distorsioni mentali) e cercare di evitarli o mitigarli. Forse le decisioni che prederemo non saranno ponderate o perfette dal punto di vista economico, ma soddisfacenti per noi. Del resto, le distorsioni di cui abbiamo parlato finora hanno senso da un punto di vista evoluzionistico. Le emozioni hanno un peso enorme sulle nostre vite e, direi, meno male! Se diventassimo tutti esseri razionali, probabilmente il mondo non sarebbe migliore, ma certamente diventerebbe più noioso.
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Cinzia Ficco