Parla Cristina Bettinelli, docente, che con Olivia Mathijsen ha scritto un libro (GueriniNexT)
Imprese familiari: tutto quello che avreste voluto sapere, ma non avete mai osato chiedere, lo troverete nel libro, pubblicato di recente da Guerini (Next), scritto da Cristina Bettinelli e Olivia Mathijsen, una guida di 320 pagine alla comprensione “intenzionale” di queste realtà, della loro governance, dei loro conflitti, dei loro valori e della loro cultura, delle difficoltà che devono affrontare nei passaggi generazionali. Un’opera pensata per comprendere la rilevanza per il nostro Paese di questo mondo spesso oggetto di scarsa attenzione, se non di bias.
Quante volte leggiamo che le imprese familiari sono piccole, semplici e fragili, poco innovative, tradizionaliste e che la stessa staffetta generazionale è solo un evento e non un percorso da preparare in vari anni?
La realtà, però, secondo le autrici del testo (che contiene la Prefazione di Alfredo De Massis, docente all’Università D’Annunzio, Chieti- Pescara) è un’altra.
Scopriamola con Cristina Bettinelli (nella foto in alto), professoressa Ordinaria di Economia e gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Bergamo, che insegna Management delle imprese familiari nei corsi di laurea triennale, magistrale e in corsi executive.
Perché un libro sulle imprese familiari?
Io e Olivia Mathijsen abbiamo concepito questo progetto con tre spinte fondamentali. In primis, il bisogno e il desiderio di unire teoria e pratica. Spesso le opere sull’argomento che trattiamo sono o molto scientifiche o molto divulgative. Il nostro incontro a New York qualche tempo fa ha fatto nascere l’idea di provare ad unire le forze. Da allora è iniziato un intenso scambio di idee, esperienze, racconti, mirato a intersecare la prospettiva della ricerca più accademica – la mia, da due decenni mi dedico allo studio delle imprese familiari – con quella dell’esperienza più pratica di Olivia Mathijsen, consulente ed executive coach con esperienza trentennale sia in Italia sia a livello internazionale In secondo luogo, il bisogno e il desiderio di scrivere un testo in italiano per i nostri studenti del corso di Management delle imprese familiari. Le risorse per chi desidera insegnare un corso come questo non mancano, ma spesso sono in lingua inglese o, se in italiano, sono curatele e hanno un marcato taglio scientifico, concentrandosi più su ricerche empiriche e meno sulla formazione. Infine, ma non meno importante, il sogno di poter mettere nero su bianco la nostra visione, consegnare nelle mani delle molte donne e uomini di impresa con cui interagiamo tutti i giorni un libro che fosse un messaggio semplice e chiaro da parte nostra.
Come guardare a queste realtà, su cui si concentrano spesso pregiudizi?
Le imprese familiari rappresentano un elemento fondamentale del tessuto economico italiano e mondiale, contribuendo significativamente alla crescita e al benessere del Paese. Purtroppo le imprese familiari sono spesso oggetto di stereotipi e luoghi comuni che offuscano la loro reale natura e ne ostacolano una comprensione profonda. Per sfatare questi miti e preconcetti nel nostro nuovo libro, tra le altre cose, esploriamo e confutiamo i miti secondo noi più diffusi sulle imprese familiari. Questi, spesso assorbiti sin dalla tenera età e considerati come verità assolute, dovrebbero essere analizzati criticamente e sviscerati alla luce di dati e informazioni oggettivi. Lo studio e la demistificazione delle leggende sulle imprese familiari, assumono un’importanza cruciale per promuovere una migliore comprensione di queste realtà, del loro ruolo nell’economia e per affrontare con maggiore consapevolezza le tematiche legate alla loro gestione. Infine, la demistificazione dei miti serve anche per aiutare le famiglie d’impresa a liberarsi dall’ombra di queste leggende, riducendo il rischio della cosiddetta «profezia autoavverante» da parte loro e dei loro stakeholder. Questo porta ad un altro effetto.
Quale?
Aiuta anche chi interagisce con le imprese familiari proponendo una visione più consapevole. La disciplina del Family Business si è evoluta in modo impressionante negli ultimi decenni, con la fondazione di Centri di Ricerca in Italia e nel mondo (come il Center for Young and Family Enterprise che dirigo all’Università degli Studi di Bergamo) e corsi universitari ad hoc. All’Università degli Studi di Bergamo siamo stati tra i primi ad aver istituito il corso di Management delle Imprese Familiari e di Family Business, rispettivamente nella laurea Triennale e Magistrale, con grande entusiasmo degli studenti. Contiamo oltre 300 iscritti ogni anno. Direi dunque di approcciare l’analisi delle dinamiche proprie delle imprese familiari con uno sguardo pulito da pregiudizi e corroborato dal cospicuo corpus di studi e ricerche che la letteratura accademica ha prodotto negli ultimi decenni.
Quante sono in Italia? Si può dire che rappresentino la vera ricchezza di questo Paese?
Secondo il Censimento permanente delle imprese 2023, 8 imprese su 10 sono controllate da una persona fisica o famiglia, i numerosi rapporti e rilevazioni esistenti confermano queste percentuali anche nel resto d’Europa. Le imprese familiari contribuiscono in modo rilevante alla creazione di ricchezza economica e posti di lavoro. I loro tratti tipici come il forte radicamento territoriale, un orientamento al lungo termine e una grande attenzione alle relazioni umane, sono elementi che contribuiscono a favorire la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile. Inoltre godono di buona salute. L’Osservatorio AUB (Aidaf, UniCredit, Bocconi, 2024) sulla governance di medie e grandi imprese familiari italiane ha rilevato una crescita più intensa delle aziende familiari risetto a quelle non familiari nell’ultimo decennio. Questo dato, emerso dall’analisi dei bilanci delle aziende con fatturato superiore ai 20 milioni di euro, evidenza la loro capacità di adattarsi e prosperare in un contesto economico complesso e in continua evoluzione.
A differenza dell’impresa tradizionale, quella familiare deve essere più attenta a preservare il patrimonio familiare, garantire un futuro ai figli e mantenere un legame con la comunità locale. Come garantire questi elementi nel tempo e in genere quali sono gli errori più frequenti che vengono commessi?
Il tema della continuità è importante per le imprese italiane come per quelle posizionate all’estero. Anche fuori dall’Italia le imprese familiari assumono un ruolo importante. Al momento un tema caldo è quello della successione. I dati ci dicono che in Italia nei prossimi anni vi saranno molti passaggi generazionali perché un leader su quattro ha più di 70 anni (si vedano i dati dell’Osservatorio AUB, 2024). La struttura demografica nella maggior parte dei Paesi occidentali rimarca situazioni simili e mette in evidenza la necessità di occuparsi del fenomeno del passaggio generazionale (si vedano i rapporti di Deloitte, 2019 e PWC, 2024). Esso è un tema importante anche in Paesi come la Cina, dove molti imprenditori cinesi, che hanno avviato attività durante la liberalizzazione economica della fine degli anni Settanta e Ottanta si stanno, avvicinando all’età della pensione e si trovano ad affrontare per la prima volta il tema del passaggio generazionale (si vedano i dati di Ernst &Young, 2022). L’errore più frequente che viene commesso è quello della procrastinazione. Del non decidere. Il passaggio generazionale è un tema che va affrontato da subito, fin da quando gli eredi sono molto piccoli, con l’educazione, la trasmissione dei valori, e la definizione di una visione chiara per il futuro dell’impresa. Spesso le generazioni senior vedono la successione come un evento: il giorno in cui le chiavi dell’azienda vengono consegnate alla generazione successiva. Non è così. La successione è un processo, prevede un forte investimento nella comunicazione tra le generazioni e dei passaggi graduali nel tempo, fatti in modo pianificato e consapevole, senza lasciare quasi nulla al caso. La nostra visione è che il passaggio generazionale non sia una minaccia, bensì un’opportunità. Se gestito correttamente può generare valore e garantire continuità. Nel nostro nuovo libro riflettiamo sull’importanza di unire strumenti teorici e pratici per gestire con intenzionalità. L’intenzionalità è per noi uno stato mentale che richiede di acquisire consapevolezza del contesto e delle dinamiche di cui si fa parte, porta alla volontà e alla curiosità di raccogliere informazioni per valutare, affrontare o correggere il contesto e le dinamiche, da cui deriva la formulazione di un piano d’azione e al desiderio di attuarlo. Essere intenzionale per noi significa essere pro-attivi e preparati. Vuol dire anche essere pronti ad accogliere gli imprevisti. Insomma, vuol dire guardare avanti con una meta e con coraggio.
Cinzia Ficco