di Chiara Calicchio, Senior Consultant Ismo – ICF Corporate coach ismo.org
Il decision making è un aspetto centrale della vita manageriale e organizzativa, un processo sul quale l’intelligenza artificiale generativa potrà impattare in modo anche significativo. Secondo un recente studio di McKinsey, The Economic Potential of Generative AI: The Next Productivity Frontier, l’AI si sta integrando sempre più nei processi aziendali, in particolare nell’ambito decisionale, dove è destinata ad avere un ruolo crescente nel supportare i decisori. In questo contesto appare importante comprendere come le persone impegnate nella presa di decisione e l’AI possono entrare in dialogo all’interno delle organizzazioni.
Vi proponiamo di fare un breve viaggio attraverso le dimensioni in gioco: la dimensione individuale, lo scenario organizzativo e l’AI generativa.
La Complessità della Scelta Individuale tra razionalità, esperienza ed emozioni
A livello individuale, quando siamo chiamati a prendere decisioni di fronte a un problema, iniziamo un processo di raccolta e integrazione di una moltitudine di informazioni, identificando strategie e tattiche più adatte per compiere scelte efficaci. La presa di decisione è un processo composto da più tappe: valutazione e costituzione di preferenza fra diverse opzioni; selezione ed esecuzione di un’azione; valutazione delle conseguenze della scelta effettuata, che dipende dalla differenza fra le conseguenze attese rispetto a quelle sperimentate (Simon 1960; Brim 1962; Dewey 1978).
Non sempre riusciamo a sviluppare il processo in modo pianificato attraverso l’adozione di strategie esplicite basate su confronti e ipotesi. Contrariamente alle prime teorie normative (Bernoulli, 1738; Von Neumann e Morgenstern, 1943), che descrivevano un decisore razionale, oggi sappiamo che l’umano spesso decide in modo automatico, senza piena consapevolezza di tutte le opzioni.
La ricerca dimostra (Klein, 1992; Mc Menamin, 1992) che scegliere in scenari complessi e multisfaccettati, come possono essere le nostre organizzazioni in cui si è chiamati a scegliere in un tempo breve, in una condizione di incertezza, con obiettivi non sempre chiaramente definiti, in situazioni in rapido cambiamento, attiva nelle persone l’uso dell’esperienza nella forma di un repertorio di schemi d’azione specifici per una certa situazione. Questi schemi mettono in risalto in tempi brevi i più importanti segnali, offrono attese su quello che potrà succedere, identificano possibili obiettivi e suggeriscono reazioni tipiche da adottare in quel particolare tipo di situazione.
In questo modo gli individui possono prendere decisioni con successo in tempi molto rapidi combinando l’intuizione a un’analisi cosciente, deliberata e analitica (Recognition Primed Decision).
Le tipiche difficoltà nel processo decisionale spesso non derivano dalla carenza di informazioni ma dalle nostre emozioni e dalle nostre proiezioni. Le emozioni ci guidano nell’acquisizione d’informazioni, influenzando la valutazione e, infine, orientando la scelta. Anche se valutare ogni opzione con metodo razionale potrebbe sembrare l’approccio migliore, questo richiederebbe tempi spesso insostenibili, per cui i decisori si affidano inconsapevolmente a euristiche e strategie intuitive. La razionalità dell’uomo è infatti limitata, soggetta a bias cognitivi, che orientano le scelte a favore di una decisione rapida, piuttosto che di una perfetta.
Considerando quanto sopra e il fatto che le organizzazioni riflettono i comportamenti degli individui che le compongono, spostiamo ora l’attenzione a livello organizzativo.
Decidere dentro l’organizzazione: decisioni veloci e sperimentazione continua
Se, a livello individuale, il decision making presenta tanti piani da tenere in considerazione per comprenderne la natura, non di minore complessità è decidere nei sistemi organizzativi.
Ogni giorno, dentro le nostre organizzazioni, siamo chiamati a prendere tantissime decisioni: da quelle più routinarie a quelle non programmate e con alto impatto sul nostro lavoro e sui nostri stakeholder/colleghi/collaboratori. Queste decisioni sono prese spesso in condizioni di incertezza, devono essere veloci e non sempre è quindi possibile avere a disposizione tutte le informazioni necessarie. Per queste ragioni è importante adottare, dove possibile, un approccio di decision making collaborativo, iterativo e trasparente, che non si affida solamente alla gerarchia. Un approccio che valorizzi la sperimentazione e l’apprendimento dagli errori, visti come parte integrante dell’esperienza, in cui sia centrale il feedback, per migliorare la qualità delle decisioni, ed anche siano utilizzate le diverse competenze presenti all’interno dei team, contribuendo così a migliorare sia la qualità sia la rapidità del processo decisionale.
Quale dialogo tra Umano e AI generativa?
Se questo è lo scenario in cui ci muoviamo – fatto di dimensione individuale, di team e di logiche organizzative – in che modo l’AI può entrare in questa complessità? In che modo l’AI può integrarsi in uno scenario così articolato, composito e complesso?
L’AI generativa può essere di grande supporto nei processi predittivi, ma è priva della capacità di giudizio che contraddistingue l’intelligenza umana, basata su intuizione, esperienza, emozioni e influenze relazionali. In situazioni complesse, l’AI permette di individuare correlazioni tra i dati e di esplorare nuove opportunità di risoluzione, sfruttando il Deep Learning per generare nuova conoscenza in tempi rapidi. Viceversa, quando un’organizzazione si trova a fronteggiare situazioni incerte ed ambigue per le quali non sono disponibili dati o evidenze passate, l’intuizione, l’immaginazione e la creatività del decisore umano risultano i mezzi più efficaci per individuare la soluzione migliore. In questi casi l’AI può risultare non adeguata perché ha bisogno di limiti ben delineati che definiscano un’area specifica nella quale elaborare i dati a disposizione ed eventualmente crearne di nuovi.
Al contrario, il processo decisionale umano può essere slegato da un pensiero puramente razionale e si può basare sull’intuizione e sulle emozioni.
Macchine e persone sono ontologicamente diverse, gli output generati della macchina, basandosi su strutture matematiche e statiche, possono dare origine a risultati sorprendenti e inaspettati per le persone, le quali, basando le proprie decisioni non solo su logica e razionalità, ma anche su emozioni ed esperienza, sarebbe arrivate probabilmente ad un output diverso. All’Umano quindi il compito di valutare i risultati forniti dalla macchina e di decidere se e come utilizzarli essendo consapevoli delle caratteristiche dell’AI nel decision making.
Hybrid decision making
Umano e AI hanno dunque caratteristiche diverse e nei processi decisionali possono agire in maniera simultanea concentrandosi ognuno sulla parte del processo più affine alle sue caratteristiche.
Questa interazione tra le capacità umane e artificiali, sappiamo non essere esente da rischi (sicurezza dei dati, dipendenza dalla macchina, scomparsa di alcune professionalità…), allo stesso tempo non cogliere le opportunità che l’AI offre in termini di potenziamento delle nostre abilità sarebbe controproducente.
Quando l’organizzazione implementa l’AI nei suoi processi organizzativi non deve, quindi, solo curarsi del loro disegno e struttura, ma porre l’attenzione alla conoscenza, consapevolezza e formazione delle persone verso potenzialità e limiti dell’AI per sfruttarne al massimo i vantaggi senza diventarne dipendenti o fruitori passivi e acritici.