Parla Fabio Speranza, avvocato di Partner d’Impresa, network professionale
Il passaggio generazionale nelle piccole e medie imprese è una realtà sempre più presente
perché le nuove generazioni cresciute nelle imprese vogliono prendere il timone della “barca” di
famiglia. È un processo normale e di grande valore economico poiché testimonia l’interesse
verso l’impresa della propria famiglia. Non è un passaggio semplice e, a volte, si complica con
la presenza di altri eredi legittimati a subentrare nella proprietà.
Analisi del settore
Conosciamo meglio il fenomeno economico e sociale. «Secondo i dati della XV edizione
dell’osservatorio AUB del 2024, le PMI a gestione famigliare in Italia sono il 65%. Di queste, fino
al 78,8% dei casi, la leadership è nelle mani della famiglia imprenditoriale. Si registra però una
nuova tendenza: il 33,9% delle piccole medie imprese italiane sta iniziando ad adottare un
modello di gestione collegiale. Le PMI a gestione famigliare sono il 65% del tessuto imprenditoriale italiano; in queste, nelle aziende di più grandi dimensioni, la leadership è nelle mani della famiglia imprenditoriale (65,7%) mentre nelle realtà più piccole lo è addirittura nel 78,8% dei casi. La ricerca evidenzia che, nel triennio 2020 – 2022, complice la pandemia, è iniziata una prima transizione efficiente da parte di molte PMI verso un modello di gestione collegiale: oltre il 33,9% è guidata da uno o più amministratori delegati». Con Fabio Speranza, avvocato di Partner d’Impresa, network professionale che riunisce un team multidisciplinare di oltre 200 professionisti tra commercialisti, legali, fiscalisti e consulenti del lavoro, cerchiamo di conoscere strategie e modalità più efficienti.
Come gestire il passaggio generazionale con efficienza a beneficio dell’impresa?
«La gestione di questo momento delicato richiede una pianificazione anticipata da ragionare
insieme al consulente legale e che consenta di tutelare gli interessi della famiglia ma anche la
continuità e il futuro dell’impresa. Alla base di un processo del genere c’è da considerare con
obiettività quali sono le reali abilità degli eredi nella gestione aziendale e operare per affidarsi a
una gestione oppure co-gestione esterna che possa integrarle, sostituirle o amplificarle dove
necessario».
Quando avviene maggiormente il turnover nelle imprese familiari?
«La maggior parte delle imprese italiane, prevalentemente a conduzione familiare, passa di
generazione in generazione solo in seguito alla morte dell’imprenditore, con frequenti difficoltà
da parte degli eredi, che improvvisamente devono gestire imprese che non conoscono, spesso
senza le necessarie capacità».
C’è un metodo per avviare con gradualità il passaggio generazionale?
«In genere la regolamentazione della successione si protrae per un periodo di diversi anni e,
pertanto, dovrebbe essere affrontata come un processo strutturato, con fasi ben definite, come
del resto ogni altro progetto strategico a lungo termine dell’impresa. Le cinque fasi concernenti
una successione aziendale sono: l’impostazione di una riflessione, l’analisi della situazione attuale, la valutazione dell’azienda, la preparazione alla trasmissione e infine il trasferimento con tutti i passaggi organizzativi e procedurali che incombono. Si può generalmente valutare un modello di successione che si struttura in cinque fasi: l’impostazione di una riflessione, l’analisi della situazione attuale, la valutazione dell’azienda, la preparazione alla trasmissione e infine il trasferimento con tutti i passi organizzativi e procedurali che incombono. Si parte dall’avvio del processo di successione attraverso l’analisi della situazione attuale dell’azienda, individuando le idee e gli obiettivi dell’imprenditore. È necessaria la valutazione delle diverse opzioni interne ed esterne alla famiglia, preparando l’impresa a questo evento ed individuando il predecessore e il successore che sarà coinvolto nel passaggio. Il successore individuato in questa fase dovrà assumere formalmente e simbolicamente la gestione e la proprietà. Dopo aver superato questa fase preliminare occorre avviare il processo di successione attraverso un periodo di riflessione in cui si spiegano le fasi del processo di successione a tutti gli stakeholders interessati. Deve essere fatta una analisi della situazione attuale dell’azienda. Analisi e garanzia della situazione attuale privata (diritto matrimoniale, diritto di successione, mandato precauzionale. Vanno illustrati i vantaggi e svantaggi delle possibili opzioni di successione. I requisiti per la realizzazione di qualsiasi opzione, la ricerca di potenziali acquirenti, la strutturazione del patrimonio privato e dell’azienda. Va attuata la pianificazione finanziaria privata, del diritto successorio e delle merci, e va sostenuto il successore nell’elaborazione del business plan e nella pianificazione della liquidità. Infine va eseguita l’implementazione delle transazioni patrimoniali per finanziare la successione e gestire parti di patrimonio liberate (asset allocation)».
Quali sono i vantaggi della gestione manageriale esterna?
«Nello scenario di impresa attuale, dove la competitività è alta e le competenze necessarie
diventano sempre più diversificate e specialistiche, un manager non familiare può apportare
all’azienda know-how specifici non presenti e relazioni delle quali essa non dispone. Può
divenire fondamentale nel rafforzare i processi decisionali interni, nel sopperire alla mancanza di
eredi con competenze adeguate e nel ridurre il grado di emotività, tipicamente presente nelle
imprese di famiglia, aiutando a prendere decisioni in maniera più obiettiva».
Perché il caso Benetton è divenuto di interesse per le PMI?
«L’insuccesso di questa azienda non è un motivo valido per non vedere il valore aggiunto che
può portare all’interno di una struttura aziendale di famiglia una delega a un manager esterno,
che può essere un valido supporto alla crescita di impresa e una soluzione determinante al
fondamentale momento del passaggio generazionale. Questo in Italia, più che in altri Paesi, è
un processo che si fa fatica a gestire, ma che in tante saranno obbligate a fare in questi
prossimi anni».
Quali consigli suggerire per gestire il passaggio generazionale con formazione e
competenza?
«Un passaggio generazionale oltre che programmato va gestito con l’aiuto di consulenti riuniti
anche in team multidisciplinare che accompagnano l’imprenditore con la loro esperienza in tutte
le fasi del processo di successione. Questo consente all’imprenditore di poter valutare tutti i
possibili e probabili scenari e di individuare gli strumenti tecnici (legali, fiscali, patrimoniali e
altro) più adatti per realizzare il processo di cui si è accennato sopra».
Che strumenti legali è possibile usare?
«La continuità ed efficienza aziendale è più facilmente garantita utilizzando opportuni strumenti
giuridici che consentono di organizzare il passaggio generazionale, sia questo interno o esterno
all’azienda, in modo da poter trasferire, tramite una corretta e preparata pianificazione, le
competenze e la capacità di comando costruendo una governance adeguata senza provocare
traumi. Prendere consapevolezza dell’esistenza di questi strumenti può aiutare l’imprenditore ad
avvalersi di professionisti esperti in grado di condurli in questo non facile percorso. Il primo in
elenco è la donazione dell’azienda; uno degli strumenti più utilizzati per trasferire l’azienda ai
discendenti diretti. La legge italiana, in questo caso, prevede una “neutralità fiscale” e consente
di evitare l’imposizione di tasse sulle plusvalenze, purché l’azienda venga devoluta in favore di
discendenti o del coniuge del donante e venga mantenuta ai medesimi valori fiscalmente
riconosciuti e che il donatario prosegua l’attività per almeno cinque anni. Un secondo strumento
offerto dal panorama legislativo è il conferimento d’azienda in un’altra società (nuova o
esistente). Anche questa gode di un regime di neutralità fiscale. Questo metodo permette di
trasferire l’azienda senza generare plusvalenze o minusvalenze imponibili in capo a chi attua il
conferimento, e senza l’applicazione dell’IVA, facilitando così un passaggio più agevole e meno
oneroso. Il trasferimento delle partecipazioni societari, invece, consente un regime fiscale
favorevole se i discendenti o familiari che beneficiano del trasferimento proseguono l’esercizio
dell’attività d’impresa o detengano attraverso il trasferimento delle quote il controllo dell’azienda
per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. I patti di famiglia, regolati
dall’art. 768-bis del Codice Civile, sono poi uno strumento che permette all’imprenditore di
trasferire l’azienda o le partecipazioni societarie ai discendenti, (ossia solo ai figli) in modo
controllato, garantendo la tutela dei legittimari, cioè quei componenti della famiglia che non
beneficiano di quote di partecipazione o di gestione dell’azienda, che vengono liquidati con
importi corrispondenti a quanto definito dall’asse ereditario.
Condizioni necessarie?
Per applicare questa norma è necessario il consenso di tutti i legittimari, il che può rendere il processo complesso e non sempre praticabile. Inoltre, richiede che siano subito disponibili le risorse finanziarie sufficienti per le liquidazioni dovute. La pianificazione successoria si può attuare, sia in sede di costituzione della società sia anche successivamente con la modifica dello statuto, grazie
all’inserimento di clausole specifiche che facilitino attraverso una programmazione preventiva il
passaggio generazionale. Queste possono soddisfare diverse esigenze dell’imprenditore; ad
esempio consentirgli di accrescere la propria partecipazione rispetto a quella degli altri soci
superstiti, fare in modo che i suoi eredi conseguano la qualità di soci o permettergli di
controllare l’ingresso di estranei nella società».
Le sfide principali
«Circa il 23% delle PMI italiane è attualmente guidato da titolari over 70, il che indica una
necessità imminente di affrontare il passaggio generazionale. Solo il 18% delle aziende familiari
– si legge nella Ricerca dell’Osservatorio AUB sulle aziende familiari italiane – ha pianificato un
processo di transizione generazionale: questo aspetto suggerisce una mancanza di
preparazione per molte aziende. Circa 7 aziende su 10 non riescono a superare con successo
la transizione dalla prima alla seconda generazione: questa criticità evidenzia l’elevato tasso di
fallimento in questo processo. Il passaggio generazionale non è solo un evento, ma un
processo complesso che richiede un’adeguata pianificazione e affiancamento generazionale,
spesso trascurato. Le dinamiche familiari si fondono con le esigenze aziendali, rendendo il
processo ancora più delicato».
Francesco Fravolini