Patrizia Biscaro, HR Advisory Lead di Alight Solutions, ci dice come prepararsi alla Direttiva Ue
Salari diversi tra uomo e donne a parità di lavoro? Addio all’iniquità dal 2027 grazie ad un intervento dell’Unione europea. Fra tre anni infatti scatta l’obbligo per le aziende di rendere trasparenti le politiche retributive. In Italia, le donne sono pagate il 4,2% in meno degli uomini per lo stesso lavoro e anche se questa differenza è minore rispetto a quella dell’Europa, pari al 12,7%, occorrono interventi. Alle aziende conviene arrivare preparate a quel momento e iniziare a studiare come combattere il gender gap a livello salariale.Con la legge europea, dunque, si volta pagina perché le aziende, oltre ad avere l’obbligo di rendere noti i salari, dovranno intraprendere misure per risolvere le differenze che potranno essere basate sui ruoli, sull’esperienza e sulle categorie di lavoro, ma non sul genere, né su altri criteri ingiustificati e ingiustificabili.
Cosa significa per le aziende?
Si prevede che, a partire dal 2027, le aziende dovranno presentare informazioni sulle retribuzioni a diversi livelli. Inoltre, dovranno riportare i dati relativi al 2026. Se il report rivelerà differenze retributive superiori al 5% tra i gruppi, sarà necessaria un’analisi più approfondita e la società dovrà adottare misure mirate a correggere eventuali disparità. Se le aziende non dovessero ancora soddisfare i criteri, rischierebbero di incorrere in sanzioni finanziarie. Anche se l’importo esatto di queste penalità non è ancora definito, è certo che la reputazione di un’azienda ne risulterà danneggiata. Infatti, le differenze retributive ingiustificate all’interno di un’azienda possono causare insoddisfazione tra i dipendenti o problemi nel reclutamento di potenziali nuove risorse.
Ne parliamo con Patrizia Biscaro (in foto), HR Advisory Lead di Alight Solutions alight.com/it
Come iniziare a colmare il divario salariale?
Se le aziende vogliono prepararsi all’imminente legislazione, devono prendere provvedimenti fin da ora affinché ci sia un ambiente favorevole. Primo passo: classificazione precisa delle attività e analisi del gap esistente. Significa valutare i ruoli all’interno dell’azienda e stabilire criteri chiari di retribuzione basati su standard oggettivi, come le competenze e l’esperienza. Reportistica e analisi puntuali dovranno portare ad una comprensione del gap esistente, e fornire un’idea delle aree di intervento su cui focalizzarsi. Trasparenza salariale. Occorre fornire ai dipendenti informazioni sulla politica salariale e sulle differenze di retribuzione, raccogliendo queste informazioni in un archivio comune e, se necessario, utilizzare la tecnologia per analizzare i dati e giustificare le retribuzioni. Inoltre, è fondamentale assicurarsi di un dato.
Quale?
I dipendenti che svolgono lo stesso lavoro devono essere ricompensati allo stesso modo, senza pregiudizi di genere o altre discriminazioni. Questo va segnalato sia ai dipendenti presenti che a quelli nuovi. Altre misure: pari opportunità. Bisogna offrire un processo di candidatura imparziale, senza discriminazioni basate sul genere, sull’età o su altri criteri non correlati alle capacità del candidato, garantendo a tutti pari opportunità di avanzamento nella carriera. Questo vale non solo per le assunzioni, ma anche all’interno dell’azienda, attraverso l’offerta di un trattamento equo e trasparenza nei percorsi di carriera. Monitoraggio: occorre attuare un controllo regolare dei dati salariali per individuare e risolvere eventuali disuguaglianze. Sebbene molte aziende credano di essere trasparenti ed esenti da gap salariali, attraverso la semplice rendicontazione di ruoli e stipendi potrebbero scoprire di non essere in linea con gli standard.
In quel caso?
E’ opportuno che inizino ad approfondire le conoscenze di questi aspetti attraverso l’analisi e la rendicontazione. Questa legge porterà a dei cambiamenti e avrà un forte impatto sulla struttura funzionale all’interno delle aziende: le responsabilità lavorative saranno allineate in modo più preciso alle retribuzioni, e i dipendenti avranno una migliore consapevolezza di ciò che dovrebbero guadagnare. Forse in futuro, nelle classifiche best place to work dovrà subentrare un principio di equal pay, for equal work. In ogni caso, si tratta di un passo importante e necessario verso l’uguaglianza retributiva.
Facciamo un passo indietro: perché, almeno in Italia, continua ad esserci differenza salariale a parità di lavoro?
Bisogna tenere presente che tra le nuove generazioni la disparità è sempre meno presente. Rimane invece molto rilevante nella categoria di dipendenti sopra i 55 anni dove raggiunge una percentuale di 14.2% per gli over 65. È plausibile che questo trend sia dovuto a un retaggio culturale e all’introduzione di leggi a protezione dell’uguaglianza sul posto di lavoro solo nell’ultimo ventennio. Ad oggi, secondo dati Eurostat, l’Italia sul gender pay-gap si posiziona tra i Paesi più virtuosi. L’Italia ha infatti introdotto delle modifiche all’articolo 20 del codice delle pari opportunità già nel dicembre 2021 (Legge 162/2021), anticipando la Direttiva Europea ed estendendo l’obbligo di pubblicazione dei dati a tutte le aziende sopra i 50 dipendenti. La Direttiva Europea ha solo rafforzato la legge italiana (162/2021) e bisognerà vedere nei prossimi mesi come tale verrà integrata e recepita. Molti dei punti della Direttiva sono già in vigore con benefici per i dipendenti, ma anche per le aziende.
Quali?
Più le aziende ridurranno le disparità retributive e chiariranno i processi di selezione e sviluppo di carriera, più riceveranno incentivi fiscali – fino all’ 1% dei contributi a carico del datore di lavoro, con un massimo di 50 mila euro e potranno qualificarsi in Gare pubbliche. Al contrario, sia la legge 162/2021 che la Direttiva Europea prevedono sanzioni per chi non pubblicherà i dati e non metterà in atto politiche per ridurre la differenza retributiva. Per il dipendente, grazie a queste nuove misure, sarà possibile chiedere l’accesso ai dati e vedere, all’interno di una popolazione rappresentativa, come si posiziona rispetto a posizioni simili. Da non dimenticare infatti che entrambi i provvedimenti legislativi sono a favore dell’equal pay for equal work. Focalizzano l’analisi e il confronto non solo all’interno della stessa famiglia professionale – per esempio HR, IT, Finance, eccetera, ma tra varie famiglie professionali. E non è tutto.
Prego.
I dipendenti avranno accesso alle politiche retributive e di progressione nella carriera. Dall’altro lato, i candidati potranno vedere in anticipo il pay range della posizione a cui si stanno candidando e non saranno più tenuti a condividere il pacchetto retributivo attuale, anche questo per evitare un susseguirsi di discrepanza retributiva.
Il consiglio alle aziende?
Quello di prepararsi. Preparazione vuol dire avere i dati a disposizione, saperli confrontare e definire un piano di azione e la messa a terra delle policy. Spesso le società hanno i dati base a disposizione ma devono ancora implementare e lavorare sui passi successivi. Dal punto di vista economico, la Direttiva ha un grande impatto in quanto le aziende saranno tenute a ridurre la disparità retributiva e, a seconda di come verrà recepita dalla legge italiana, anche a restituire la differenza.
Cinzia Ficco