Tag: riciclo

  • Riciclo delle pavimentazioni stradali in crescita: nel 2023 risparmiate oltre 10 mlm di tonnellate di materie

    Riciclo delle pavimentazioni stradali in crescita: nel 2023 risparmiate oltre 10 mlm di tonnellate di materie

    I dati sono dell’Associazione Strade Italiane e Bitumi e si riferiscono all’Italia e ad altri Paesi europei


    Prosegue la crescita delle attività di riciclo delle strade, grazie all’impiego del fresato d’asfalto (materiale ottenuto dalla rimozione delle pavimentazioni stradali) che consolida in Italia un tasso di recupero al 60%. Grazie a queste attività lo scorso anno si è evitato di utilizzare 10 milioni di tonnellate di inerti e oltre 420mila tonnellate di bitume. Si assottiglia il gap rispetto agli altri Paesi europei che in media recuperano circa il 68% del fresato.

    Sono questi i principali dati e trend che emergono dall’analisi condotta dal Siteb – Associazione Strade Italiane e Bitumi – sul riciclo delle pavimentazioni stradali in Italia e nei principali Paesi Europei (fonte Eapa).
     

    L’Italia negli ultimi anni ha ridotto il gap rispetto agli altri Paesi europei, come Germania (85% di riciclo di fresato), Francia (77%), e Spagna (61%), che registrano percentuali di riciclo ancora superiori a quella del nostro Paese. Del restante 40% di fresato solo una minima parte viene recuperata nella produzione di aggregati riciclati o nel conglomerato bituminoso (asfalto) a freddo, la maggior parte resta a deposito in attesa di utilizzo.
     
    La stragrande maggioranza delle strade è oggi realizzata in asfalto. Non esiste materiale migliore del fresato d’asfalto per i lavori di manutenzione delle pavimentazioni stradali, sia perché i costituenti sono gli stessi del conglomerato originale, sia in quanto è al 100% riciclabile.

    I dati SITEB evidenziano che mediamente le pavimentazioni stradali realizzate oggi in Italia contengono almeno il 30% di fresato, era il 20% nel 2014 e il 25% nel 2018.

    Il dato sul riciclo complessivo però sale se si tiene conto anche del fresato impiegato in altre applicazioni quali: sottofondi, riempimenti e conglomerati a freddo.

    È un trend in crescita, destinato nel prossimo futuro a lievitare in quanto tutti gli operatori sono oggi impegnati nel trovare soluzioni tecniche che consentano un maggior recupero del fresato in fase produttiva, senza intaccare la qualità del prodotto finale.
    SITEB ha calcolato che l’impiego del 30% del fresato nel totale di 35 milioni di tonnellate di conglomerato bituminoso prodotto nel 2023, ha evitato l’utilizzo di 10 milioni di tonnellate di inerti e 420.000 tonnellate di bitume vergine, per un valore economico complessivo di 440 milioni di euro in un solo anno.

    Ipotizzando per i prossimi anni un incremento dell’impiego del fresato dal 30% al 50% del conglomerato bituminoso prodotto in Italia, il risparmio di materiali potrebbe raggiungere quota 17,5 milioni di tonnellate per gli inerti e 700mila tonnellate per il bitume, per un controvalore economico di 735 milioni di euro per il solo conglomerato. Un potenziale enorme per il nostro Paese, storicamente privo di materie prime.

    La Redazione

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  • “Gestione rifiuti in Italia, più luci che ombre”

    “Gestione rifiuti in Italia, più luci che ombre”

    Il commento di Assoambiente sui dati forniti da Ispra


    E’ un quadro con più luci che ombre quello che emerge dagli ultimi dati diffusi dall’ISPRA: bene la riduzione dei rifiuti, il raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata, l’aumento di produzione energetica sia dagli inceneritori che dei digestori anaerobici, la stabilizzazione dei costi. Resta preoccupante l’aumento dell’export di rifiuti, il mancato aumento del tasso di incenerimento, il mancato raggiungimento dell’obiettivo relativo al tasso di riciclo effettivo, l’ancora elevato valore della circolazione infraregionale, l’alto tasso di conferimento in discarica”.
     
    È questo il commento di Chicco Testa, Presidente ASSOAMBIENTE – l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche – all’analisi condotta dall’Associazione sui nuovi dati forniti da ISPRA sulla gestione dei rifiuti urbani nel nostro Paese.
    Partendo dalle good news, nel 2022 la produzione di rifiuti urbani in Italia è diminuita: 29,1 milioni di tonnellate contro le 29,6 del 2021. Una contrazione dell’1,8% registrata in un anno di espansione economica con il Pil a +3,7% e i consumi finali delle famiglie a +6,1%. Il fenomeno riguarda praticamente tutte le Regioni e in particolar modo la Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
     
    La raccolta differenziata è aumentata in percentuale (dal 64 % al 65,2%), ma si è ridotta in quantità assoluta (da 18,953 milioni di tonnellate a 18,930) con una contrazione soprattutto della frazione organica. L’Italia ha superato finalmente, con 10 anni di ritardo, l’obiettivo di raccolta differenziata del 65% prevista dalla legge al 2012. Interessante anche la graduale, ma costante convergenza del tasso di raccolta differenziata fra le diverse regioni: mentre le regioni del Nord “leader” si stanno ormai stabilizzando intorno al 75%, le regioni più arretrate hanno ormai tutte superato il tasso del 50%.
    Pur a fronte di una crescita della raccolta, l’Italia non ha superato ancora l’obiettivo del 50% di riciclo effettivo previsto dalla direttiva Europea al 2020 fermandosi al 49,2 %. La qualità dei materiali raccolti in forma differenziata quindi è peggiorata nel tempo, forse un po’ di stanchezza da parte dei cittadini cui le politiche ambientali stanno chiedendo continue modifiche di comportamento e per l’effetto del diffondersi del porta a porta. Sono quindi aumentati gli scarti del riciclo, passati da 4,6 milioni di tonnellate a 4,8.
     
    La gestione dei rifiuti organici presenta dati contrastanti: la quantità di raccolta differenziata di biowaste di origine urbana si è ridotta nel 2022, passando da 6,8 a 6,5 milioni di tonnellate; sono aumentati il numero di impianti (arrivato a 358 unità), la capacità di trattamento (che passa da 11,2 milioni di tonnellate a circa 12) e il quantitativo complessivo di frazione organica trattata (passata da 8,3 a 8,4 milioni di tonnellate). È aumentata sia la produzione di biogas (da 324 a 331 milioni di metri cubi), sia quella di biometano (153 milioni di metri cubi, con un aumento di 30 milioni di metri cubi), cui vanno aggiunti circa 85 milioni di metri cubi provenienti dai digestori anaerobici.
     
    I dati ISPRA evidenziano una leggera riduzione del recupero energetico, 100.000 tonnellate in meno. Il sistema degli impianti waste to energy italiano genera 4,5 MWh elettrici (in aumento sul 2021), cui si affiancano 2,3 MWh termici (in riduzione sul 2021). A questi valori vanno aggiunti circa 0,4 milioni di MWh elettrici e 0,2 termici, provenienti dai digestori anaerobici. Il settore rifiuti si conferma un importante produttore di energia, in crescita, fondamentale nella transizione energetica e con un ampio margine di miglioramento.
     
    L’uso della discarica come sistema di smaltimento è diminuito, ma di poco, passando da 5,6 milioni tonnellate a 5,2 (dal 19% al 17,8%). L’uso della discarica si è dimezzato dal 2013 al 2022, ma è ancora lontano dall’obiettivo di un quantitativo massimo per i rifiuti urbani del 10% al 2035, specie in alcune regioni (Sicilia, Toscana, Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata) con tassi superiori al 30 %. Preoccupa il dato di aumento dell’uso della discarica di alcune Regioni rispetto al 2021: Piemonte, Lazio, Abruzzo.
     
    La riduzione nell’uso di inceneritori e discariche ha alimentato però l’aumento dell’export fuori Italia (+30%, da 550.000 a 830.000 tonnellate). Abbiamo mandato all’estero l’equivalente dei rifiuti gestiti da due impianti di incenerimento medio grandi. Ancora consistente è anche il flusso di export infraregionale, tra cui i rifiuti avviati a discarica in impianti fuori dalla regione di origine che sono stati pari a 492.000 tonnellate.
     
    Infine, i costi del sistema: il costo ad abitante medio nazionale è pari a 192 euro anno, con un minimo di 141 (Molise) ed un massimo di 271 (Liguria). Un valore in diminuzione rispetto al 2021, quando era pari a 194,5.

    La Redazione

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  • Rifiuti da costruzione e demolizione: tasso di riciclo all’81%, ma quasi la metà dei prodotti resta inutilizzata

    Rifiuti da costruzione e demolizione: tasso di riciclo all’81%, ma quasi la metà dei prodotti resta inutilizzata

    Se n’è parlato oggi a Roma in un convegno promosso da Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati


    l settore del riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione gestisce ogni anno poco meno di 80 milioni di tonnellate di rifiuti, l’81% dei quali viene avviato a riciclo.

    Solo poco più della metà dei rifiuti riciclati oggi viene effettivamente utilizzato, il resto è inutilizzato nei piazzali di molti impianti, ormai saturi. Se non si incentiva l’impiego di questi prodotti, anche nella realizzazione delle opere previste dal PNRR, si rischia di bloccare l’intera filiera delle costruzioni.

    L’allarme è stato lanciato nel corso dell’evento promosso oggi a Roma da ANPAR, l’Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati che fa parte di Assoambiente, e da Nadeco (Associazione Nazionale Demolizione ed Economia Circolare per le Costruzioni), dal titolo “Riciclo rifiuti inerti, traino dell’economia circolare”.

    Il settore della gestione dei rifiuti inerti gestisce 78,7 milioni di tonnellate (dati ISPRA), circa il 48% dei rifiuti speciali prodotti a livello nazionale e ad oggi ha superato gli obiettivi di riciclo dettati dall’UE, attestandosi a quota 81% (rapporto rifiuti speciali ISPRA 2023).

    Il problema quindi riguarda non il tasso di riciclo, ma il tasso di circolarità, ovvero l’effettivo impiego di questi materiali che vengono correttamente trasformati in prodotti dalle aziende del settore, ma che poi stentano a trovare uno sbocco nei diversi mercati e in particolare in quello dei lavori stradali e più in generale delle grandi infrastrutture. La causa principale sta nella diffidenza ancora diffusa da parte delle stazioni appaltanti pubbliche. Proprio i lavori stradali, quelli ferroviari e quelli portuali e aereoportuali potrebbero costituire un’opportunità, in considerazione dei fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la realizzazione di opere, per l’utilizzo degli aggregati riciclati in sostituzione di beni primari, soprattutto per la realizzazione degli strati di fondazione e i sottofondi o rilevati stradali.

    L’effetto prodotto da questo scarso utilizzo è che molti impianti sono ormai saturi, hanno raggiunto i limiti di stoccaggio e l’intera filiera delle costruzioni rischia di bloccarsi una volta che saranno impossibili i conferimenti dei materiali provenienti dalle demolizioni. Nelle aree del centro Italia in cui si sta affrontando la complessa ricostruzione post terremoto, e che rappresenta il più grande cantiere d’Europa, oltre il 50% dei prodotti riciclati ottenuti dal trattamento delle macerie attende solo di essere impiegato.

    Oggi non è possibile parlare di sostenibilità delle opere”, osserva Paolo Barberi – Presidente ANPAR, “se nella progettazione e realizzazione si prescinde dall’uso prioritario degli aggregati riciclati. Tale uso infatti consente di evitare che si facciano nuove ferite sul territorio attraverso l’uso di materiali inerti provenienti da attività estrattive e contemporaneamente permette di riciclare significativi quantitativi di rifiuti che altrimenti finirebbero in discarica, ottenendo un prodotto ad elevate prestazioni con un basso costo ambientale. Per questo chiediamo al Governo di dettare linee guida destinate alle maggiori stazioni appaltanti pubbliche beneficiarie dei fondi del PNRR (in particolare il Gruppo Ferrovie) che incentivino l’utilizzo di questi materiali attraverso l’adozione di nuovo capitolati di appalto”.

    Possibili benefici per il settore potrebbero arrivare nei prossimi mesi anche dal nuovo Regolamento (DM 152/22) sull’end of waste di questi rifiuti, che dovrebbe porre le basi per vincere la diffidenza degli utilizzatori e creare un mercato forte e stabile, condizione necessaria per garantire la piena transizione verso i principi dell’economia circolare.

    Al contempo restano evidenti le difficoltà di applicazione dei  Criteri Ambientali Minimi (CAM), già pubblicati per il settore dell’edilizia e di recente, purtroppo, rimessi nuovamente in discussione per il settore delle infrastrutture, uno dei principali mercati di sbocco per questi materiali.

    Le nostre associazioni hanno fatto molto, impegnandosi in due anni con i tecnici e le istituzioni per sottolineare le criticità del decreto -per com’è stato proposto inizialmente – e per individuare insieme soluzioni utili a preservare la possibilità di reimmettere nel ciclo produttivo la maggior quantità possibile di aggregati recuperati operando, così, una vera economia circolare. Siamo felici di aver trovato nel Governo un ascoltatore attento e aperto ai suggerimenti: importanti traguardi sono già stati raggiunti, ma possiamo e dobbiamo lavorare e migliorare ancora”, ha affermato Giuseppe Panseri, Presidente di NADECO.

    All’evento ha preso parte il Vice Ministro del MASE Vannia Gava, che ha sottolineato: “Il decreto giunge all’esito di una lunga fase di ascolto degli stakeholder e di monitoraggio delle criticità. Le nuove disposizioni allargano il campo di applicazione delle norme e semplificano gli adempimenti in capo agli operatori nell’ottica di un più ampio e migliore utilizzo dell’aggregato, sempre salvaguardando le esigenze ambientali e di tutela della salute. Siamo convinti che, così facendo, il riciclo degli inerti consentirà davvero al settore di affermarsi come traino per lo sviluppo dell’economia circolare, garantendo più volumi recuperati e reimmessi sul mercato e meno discarica, a vantaggio di molteplici filiere che hanno un peso importante in Italia“.

    La Redazione

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  • Riciclo rifiuti inerti: traino dell’economia circolare. il 12 ottobre un convegno

    Riciclo rifiuti inerti: traino dell’economia circolare. il 12 ottobre un convegno

    A organizzarlo Anpar, che fa parte di Assoambiente e Nadeco. L’appuntamento è a Roma


    ANPAR, l’Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati che fa parte di Assoambiente e Nadeco (Associazione Nazionale Demolizione ed Economia Circolare per le Costruzioni) promuovono per il prossimo 12 ottobre a Roma (sala Longhi, Piazza Sallustio, 21, ore 10) il convegno “Riciclo rifiuti inerti, traino dell’economia circolare – Contesto normativo e opportunità di mercato”.
     
    L’evento, promosso con il patrocinio di Assoambiente, ANCE e Unioncamere, vedrà in apertura gli interventi del Presidente ANPAR – Paolo Barberi, (in foto), di Giuseppe Panseri – Presidente NADECO e del Vice Ministro del MASE Vannia Gava cui va il merito di aver ripreso il dialogo con le Associazioni del settore e avviato il lavoro per la scrittura del nuovo regolamento.
     
    Dopo la relazione di aggiornamento sul decreto End of Waste sugli aggregati riciclati da parte di Daniele Carissimi (MASE) si terranno due tavole rotonde su “Le buone pratiche dell’economia circolare nell’edilizia – La voce delle aziende e degli enti di certificazione” e “Le opportunità e i vincoli di mercato” che vedranno confrontarsi operatori, enti di certificazione, rappresentanti delle Associazioni ed esperti sulle best practice legate al riciclo dei rifiuti inerti e sugli impieghi più innovativi e green oggi possibili.
     
    Le conclusioni saranno affidate al Presidente Assoambiente – Chicco Testa.
     
    L’evento, moderato dalla giornalista Monica D’Ambrosio, è realizzato con la media partnership di RiciclaTV e con il sostegno di CAVA GHISALBA – CAVIT – DESPE – Di.Ma – E-LAB – ICMQ e INERTI SAN VALENTINO.

    La Redazione

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