Parla Andrea Bonaccorsi, docente dell’Università di Pisa e Direttore del Corso
Scalability: cosa significa di preciso questo termine quando viene applicato alle aziende ed esistono figure che se ne occupano? In Toscana parte tra breve un Master per scalability manager, che aiutano le pmi a crescere.
Cerchiamo di capirne di più con Andrea Bonaccorsi (in foto) docente dell’Università di Pisa e Direttore del Master in Scalabilità
Scalability: crescere velocemente in termini di dimensione. Qual è il quadro italiano rispetto al resto d’Europa?
Si dice spesso che l’Italia sia diversa dagli altri Paesi europei perché ha una quota elevata di piccole imprese e di imprese familiari. In realtà la differenza più importante, secondo i dati della Banca d’Italia, è che le imprese italiane, a parità di dimensione e di proprietà familiare, sono scarsamente managerializzate. Gli imprenditori preferiscono gestire in proprio, senza delegare a figure professionali adeguate. Questo pone spesso un limite alla crescita dimensionale, perché questa richiede l’ assunzione di rischi diversi rispetto alla gestione ordinaria. Ma implica anche che il processo di successione familiare, che in paesi come Francia e Germania è in corso da anni in modo ordinato e pianificato, da noi sia ritardato e spesso gestito solo in emergenza.
E quindi come e quanto crescono le aziende italiane in termini percentuali?
Difficile definire le tendenze medie. Ma i segnali qualitativi sono incoraggianti: dalla crescita dell’ingresso in Borsa nel segmento Euronext Growth alla operatività del private equity, fino a dinamiche di Merger & Acquisition che riguardano ormai anche imprese di piccole dimensioni. Il segmento delle medie imprese su cui da anni Mediobanca investiga è solido, ma è ancora troppo bassa la transizione dalla fascia delle piccole alle medie. Non è lontano dal vero ritenere che un migliaio di piccole imprese potrebbero crescere fino a salire nel segmento delle medie.
Si tratta solo di una crescita dimensionale?
No, per niente. È una crescita prima di tutto culturale. Poi strategica e di modello di business. E, ancora, organizzativa. E solo alla fine diventa una crescita finanziaria e di governance. Le imprese di successo crescono normalmente in modo lineare, nel senso che aumentano il fatturato di qualche punto percentuale l’anno e nello stesso modo i costi. Per questo tipo di crescita le competenze tradizionali di imprenditori e manager sono più che sufficienti. Quando cerchiamo di favorire processi di crescita accelerata, di tipo non-lineare, si pensa a iter in cui gli aumenti sono sempre a doppia cifra e si possono raddoppiare fatturato e addetti in pochi anni. In questo caso servono competenze più sofisticate, perché l’impresa è messa sotto pressione. Usiamo l’espressione scalability, che è presa dal mondo del software. Un software è scalabile quando le prestazioni non degradano se viene, utilizzato su larga scala. Attenzione, però.
A cosa?
La crescita non è obbligata. Si tratta di verificare se il potenziale di crescita esiste effettivamente. Se il potenziale è limitato o inesistente, niente scalability.
In Italia la crescita dimensionale veloce avviene in genere in modo corretto, sano? Spesso dopo una crescita rapida si assiste ad una contrazione.
Il tema della scalabilità viene posto solo per le startup, per una ragione molto precisa: i fondi di Venture Capital cercano esattamente opportunità di investimento in rapida crescita, allo scopo di realizzare un exit profittevole entro un intervallo di tempo compatibile con la chiusura del fondo. Di fatto cercano occasioni di crescita molto rapida, ma anche in business grandi e a rischio contenuto. Noi nel corso del Master che organizziamo abbiamo adottato il termine scalability per coprire non solo le startup, ma anche le PMI ad alto potenziale. In aula stiamo ibridando le competenze, con esiti interessanti.
Quali gli errori più frequenti? Le contrazioni avvengono perché c’è improvvisazione, non esistono figure idonee alla scalability?
In questi anni le principali difficoltà hanno a che fare con la creazione di strutture organizzative adeguate alla crescita e con la attrazione di risorse umane di talento. Molto spesso vediamo aziende che crescono solo perché trascinate dal fatturato o da qualche vento di opportunità.
Veniamo alla figura professionale: in Italia c’è solo il Master che guida a prepararla?
Diciamo che siamo stati i primi, e ancora siamo i soli, a proporre un percorso finalizzato alla crescita dimensionale rapida. Abbiamo identificato almeno quattro profili di azienda ad alto potenziale di crescita: La startup tecnologica, L’impresa knowledge-based (consulenza, software, AI), L’impresa human touch-based (servizi alla persona, turismo esperienziale, salute, silver economy), La PMI con forti competenze verticali, buone tecnologie e presidio del mercato (B2C o B2B). Per ciascuna di queste tipologie abbiamo sviluppato percorsi di ridisegno del modello di business, definizione del purpose aziendale, marketing digitale e business development, progettazione organizzativa e HR, per finire con gli aspetti di controllo, governance, finanziario e legale. Ma ogni tipologia ha problematiche tipiche. In aula si realizzano le contaminazioni più creative tra persone con diverse esperienze.
Quali caratteristiche e competenze deve avere questa figura?
Forte capacità sistemica e integrativa. Resistenza allo stress e capacità di guidare la squadra verso obiettivi sfidanti. Competenze di negoziazione e di gestione dei conflitti. E un occhio continuo agli indicatori economico-finanziari.
Questa figura deve essere interna all’azienda?
Senz’altro sì. Serve allineare innanzitutto proprietà e gestione. Se i soci non sono allineati sulla crescita, si generano conflitti insanabili e rallentamenti fatali nel processo di crescita. Un tema specifico è l’allineamento della proprietà familiare. In Italia esiste un gigantesco problema di ritardo nella gestione della successione, che va preparata in ampio anticipo e con metodi adeguati. Per questo nel Master facciamo molto lavoro sulla gestione dei conflitti, sulla negoziazione e in particolare sui conflitti di interesse, insegnando a identificarli e gestirli in modo trasparente. Se la figura non è interna non avrà mai le leve per guidare la crescita. Certo poi possono servire consulenti e in alcuni casi temporary manager, ma solo in modo mirato e specifico. Nessuna crescita rapida è guidata dall’esterno.
Come viene tutelata, inquadrata dalla legge?
È ancora un tema troppo giovane per rivendicare una definizione separata. In aula abbiamo imprenditori, amministratori delegati, direttori generali, manager di linea, ma anche startupper e consulenti.
Mi fa un paio di esempi di casi riusciti di scalability, che hanno curato gli allievi del Master?
Più di due! Dalla prima edizione sono usciti almeno sei casi già avviati di crescita. Smart Solutions, una spinoff universitaria nel campo della automazione di fabbrica e della robotica, è entrata nel perimetro di Digital 360 con una cessione, ampliando notevolmente il parco clienti. Seacom, azienda di software, ha ceduto il 60% del capitale ad un grande gruppo di Information Technology (It Way) all’interno del quale ha assunto obiettivi di crescita sul segmento dei Big Data. Hidra, consulting con competenze di punta sulla sostenibilità e la non financial disclosure ha avviato una partnership strategica con cessione di una quota azionaria del 20% a un gruppo inglese di revisione (Baker Tilly), con il quale far crescere il mercato europeo. Erre Quadro, leader nella Technology Intelligence e nella analisi brevettuale ha avviato un percorso di partnership finanziaria per trasformare i propri algoritmi proprietari in un modello di piattaforma secondo un modello di Software as a Service. Re-Creo è una startup interamente digitale di servizi avanzati nel settore Real Estate, che ha in corso una campagna di crowdfunding per investire in una piattaforma. 181 Travel ha chiuso un round da 2,5 milioni di euro per crescere rapidamente nel settore del turismo esperienziale attraverso accordi con grandi operatori turistici e di destination management. In tutti questi casi i progetti sono nati e cresciuti in aula. Non è comune che una esperienza formativa generi fin da subito un impatto così rilevante.
In Italia ci sono molti scalability manager?
Non so dirle quanti sono, ma sono ancora troppo pochi per le esigenze di un grande Paese industriale. Siamo appena al terzo anno e riscontriamo molta vivacità. Nella campagna di iscrizioni per l’edizione 2024 abbiamo raggiunto oltre 700 persone potenzialmente interessate. Ci poniamo anche noi il tema della scalabilità. Esiste un fabbisogno enorme di formazione di alta qualità e alto impatto per supportare la crescita aziendale. Anche noi dovremmo crescere!
Mi dice qualcosa sul Master?
Il Master in Scalability è il frutto della progettazione congiunta tra Università di Pisa, Firenze e Siena e Scuola Sant’Anna. Si avvale della collaborazione di 10 docenti accademici e 60 docenti aziendali. La terza edizione (2024) inizia in presenza a Pisa il 2 febbraio prossimo. Un anno, 22 week end (venerdi e sabato mattina), di cui 17 online e 5 in presenza. Le sessioni in presenza si tengono a Pisa. Il Master è supportato e gestito da una innovativa spinoff dell’Università di Pisa (Beam Me Up), con un alto livello di servizio alla classe. E quest’anno stiamo preparando i materiali per creare la comunità degli ex allievi – ormai una sessantina nelle prime due edizioni- che ci chiedono di mantenere i contatti e condividere le esperienze della crescita scalabile. In cordata si va in gruppo, in fondo.
Cinzia Ficco