Ne parlano gli avvocati Boris Martella e Lucia Bianco
Quali sono le principali modifiche che la riforma del lavoro sportivo introduce?
Lucia Bianco: Per comprendere quali siano le novità introdotte dalla riforma del lavoro sportivo è necessario compiere un brevissimo excursus, partendo dalla Legge 91/81 che, introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento il professionismo sportivo, definiva gli “sportivi professionisti, quali gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica».
Secondo tale legge, pertanto, solo chi assumeva la qualifica di professionista conferita dalle singole federazioni godeva di un particolare e rigoroso regime di tutela, sotto tutti i profili, assicurativi, fiscali e previdenziali. Il primo grande cambiamento rispetto alla L.91/81 è stato quindi quello di introdurre con l’art. 5 della legge delega n 86/19 e del successivo decreto attuativo n. 36/21 l’istituto del lavoro sportivo, ricorrendone i presupposti ivi contenuti.
Da quanto precede si evince che la svolta epocale è proprio questa intanto, quella di aver configurato un istituto ad hoc. Venendo alle principali modifiche della riforma, le stesse interessano maggiormente il settore dilettantistico, proprio per quanto detto in precedenza, vale a dire che lo sportivo professionista era già ben tutelato dalle disposizioni legislative di cui alla richiamata L.91/81 e dagli accordi collettivi per ciascuna delle categorie menzionate nella stessa legge. Viceversa per il settore dilettantistico cambia praticamente tutto perché introduce rilevanti novità soprattutto sul compenso sportivo, che ha sempre interessato la giurisprudenza della Suprema Corte la quale anche di recente si è pronunciata ribadendo il principio secondo cui Il soggetto che rende la prestazione e riceve il compenso non deve svolgere tale attività con carattere di professionalità e cioè in corrispondenza all’«arte o professione» abitualmente esercitata anche se in modo non esclusivo. Oggi i compensi sportivi possono essere erogati «sulla base delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni in relazioni a quali sono le attività necessarie per garantire l’avviamento e la promozione dello sport e le qualifiche dei soggetti che devono attuare tali attività. Ad esempio gli istruttori, tecnici, allenatori, arbitri e anche i collaboratori amministrativi nonché ogni altra figura espressamente prevista dai regolamenti federali per lo svolgimento dell’attività.
Tra le novità di portata maggiormente prorompente c’è l’introduzione, nell’alveo del lavoro sportivo, con alcune deroghe rispetto alla disciplina prevista per i rapporti di lavoro di diritto comune, del contratto di apprendistato.
La disciplina del contratto di apprendistato nei rapporti di lavoro di diritto comune è oggi posta dagli artt. 41-47 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (c.d. Jobs act), i quali hanno sostituito il Testo Unico sull’apprendistato entrato in vigore nel 2011.
Trattasi di un contratto finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. La ratio che sottende detta fattispecie contrattuale è rinvenibile nella possibilità per il datore di lavoro di assumere un soggetto di giovane età usufruendo di incentivi di natura soprattutto contributiva. Partendo da questa generale previsione, nel lavoro sportivo l’apprendistato ha come peculiarità che al termine del periodo stabilito convenzionalmente tra le parti il contratto si risolve automaticamente. D’altra parte, è lo stesso contratto di lavoro dello sportivo professionista che ha da sempre avuto la natura di contratto a tempo determinato. Al termine del periodo di apprendistato, poi, qualora tra l’atleta e il sodalizio venisse stipulato un contratto di lavoro sportivo, quest’ultimo sarebbe tenuto a corrispondere il premio di formazione tecnica alle diverse società o associazioni presso le quali l’atleta abbia precedentemente svolto attività dilettantistica, amatoriale o giovanile, parametrato su criteri anagrafici, temporali ed economici. La ratio di detta previsione è quella di compensare l’abolizione del vincolo sportivo, attuata sempre dalla Riforma, ed evitare così che gli investimenti portati a termine dalla società in materia di formazione siano integralmente vanificati dalla libertà contrattuale dell’atleta.
Boris Martella: La principale novità di tale riforma è la valorizzazione della figura del lavoratore sportivo, indipendentemente dal genere di appartenenza e dalla collocazione nel settore professionistico o dilettantistico.
La legge n. 91 del 1981, infatti, disciplinava unicamente il rapporto di lavoro dello sportivo professionista, trovando così applicazione ad una percentuale molto esigua degli sportivi, posto che a tutt’oggi solo quattro federazioni nazionali riconoscono nel proprio ambito il settore professionistico.
Tutti gli altri soggetti che, invece, prestavano a vario titolo la propria attività nel settore sportivo, anche ai primissimi livelli e a titolo oneroso (si pensi, solo per citare un esempio, ai giocatori e alle giocatrici di serie A di pallavolo), per il solo fatto di non essere qualificati come professionisti, risultavano invece privi di una disciplina legale di riferimento e non erano qualificabili come lavoratori, tanto meno subordinati, non godendo pertanto di alcuna delle relative tutele normative ed economiche previste dall’ordinamento.
A fronte di ciò, vi era una netta differenza tra i (pochi) sportivi professionisti qualificati come lavoratori subordinati e che beneficiavano di tutte le relative tutele (anche ai fini contributivi e previdenziali) e i (tanti) sportivi dilettanti che, invece, venivano contrattualizzati sulla base di semplici accordi di collaborazione sportiva, che prevedevano l’assoggettamento del corrispettivo alla disciplina fiscale prevista dei redditi diversi ex art. 67 comma 1 lettera m) del TUIR, senza l’applicazione di alcuna disposizione e tanto meno tutela normativa ed economica prevista per il rapporto di lavoro, anche sotto il profilo previdenziale.
Il D.Lgs. n. 36/2021, invece, intende superare tale dicotomia, offrendo una definizione più ampia ed inclusiva di lavoratore sportivo, così da garantire a tutti coloro che soddisfino i relativi presupposti analoghe tutele, pur con le dovute differenze del caso.
In tale ottica la nuova disciplina include nella categoria di lavoratore sportivo qualsiasi soggetto che ricopra una delle specifiche funzioni individuate dalla legge (atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico e direttore di gara) e che eserciti attività sportiva remunerata, “senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico”, con esclusione del personale con mansioni di carattere amministrativo-gestionale.
In altri termini, tale nuova definizione da un lato include nella categoria del lavoratore sportivo nuovi profili che non erano contemplati dalla precedente normativa (tra i quali gli istruttori, il direttore sportivo e il direttore di gara), dall’altro priva di ogni rilevanza ai suddetti fini qualificatori il genere di appartenenza del soggetto (con l’evidente finalità di eliminare qualsiasi eventuale discriminazione in tal senso), come pure la sua natura professionistica o dilettantistica.
Di conseguenza, ciò che rileva unicamente ai fini della qualificazione di lavoratore sportivo (e alla conseguente applicazione della relativa disciplina) è il fatto che il soggetto presti un’attività remunerata nell’ambito del settore sportivo, ricoprendo una delle specifiche funzioni individuate tassativamente dalla legge, risultando invece irrilevante ogni altro aspetto. E questa è sicuramente una delle novità di maggiore pregio e rilevanza della riforma da poco entrata in vigore.
Cosa cambia per le società sportive
Lucia Bianco: Per quanto concerne le società professionistiche come abbiamo visto, la novità di maggior rilievo è il contratto di apprendistato cui le normative sportive si sono dovute adeguare, e alcune delle quali ad esempio la Lega di Serie A, il massimo campionato di calcio professionistico devono ancora farlo. In particolare avrà un impatto decisamente importante la disposizione secondo cui, a differenza dell’art. 6 della L.91/81 la società che ha addestrato tecnicamente l’atleta non avrà il diritto di stipulare il primo contratto professionistico. Pensiamo ad esempio ad una differenza sostanziale tra tale disposizione e quella di cui all’art. 33 NOIF : in detto articolo si prevede che il cosiddetto Giovane di Serie (cioè il calciatore che rientra nella fascia di età dai 14 anni fino al compimento del 19° anno di età) nella stagione sportiva dell’anno in cui compie 19 anni stipuli con la società di appartenenza un cosiddetto apporto di addestramento tecnico a seguito del quale la società ha il diritto di stipulare il primo contratto professionistico.
La prima a disciplinare un istituto del genere è stata la Lega Pro ( la terza lega professionistica nel calcio) che ha sottoscritto un addendum all’Accordo Collettivo tra la stessa Lega Pro, la Federazione Italiana Giuoco calcio e l’Associazione Italiana Calciatori in materia di apprendistato, finalizzato ad erogare una formazione, anche trasversale, per il conseguimento delle competenze di “calciatore professionista” idoneo, sotto l’aspetto della tecnica e della tattica calcistica, a rendere le proprie prestazioni a livello nazionale nelle società sportive che partecipano ai Campionati delle leghe professionistiche e nelle rappresentative nazionali .
I punti salienti dell’addendum si possono sintetizzare nei seguenti punti: a) le società sportive possono sottoscrivere contratti di apprendistato professionalizzante con calciatori che abbiano già compiuto il diciottesimo anno di età e fino al compimento del ventitreesimo anno; b) limite complessivo massimo di tre stagioni sportive nelle quali viene erogata la formazione. Questo termine deve intendersi cumulativo, nel senso che eventuali periodi di apprendistato svolti presso altri sodalizi concorrono al raggiungimento del limite triennale, a condizione che tra i vari periodi di apprendistato non sia intercorsa un’interruzione superiore alla stagione sportiva.
Boris Martella: Le società ed associazioni sportive dilettantistiche sono di certo quelle più interessate dalle novità apportate dalla riforma e dovranno apportare alcune modifiche al fine di adeguarsi a tali novità e rispettare le nuove disposizioni.
In particolare, tali soggetti devono necessariamente adeguarsi a quelli che sono i nuovi presupposti formali per poter esercitare l’attività nel settore dilettantistico, sia per quanto concerne la ragione sociale (che dovrà esplicitamente indicare la finalità sportiva e la denominazione sociale dilettantistica), sia per quanto riguarda il contenuto dei relativi atti costitutivi e statuti.
Particolare attenzione va altresì attribuita all’adozione di tutte le misure necessarie a rispettare le previsioni che vietano a tali soggetti il perseguimento del fine di lucro, nonché quelle che impongono il riconoscimento ai fini sportivi dalle federazioni di riferimento e la certificazione della effettiva natura dilettantistica mediante l’iscrizione nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche tenuto dal Dipartimento per lo Sport.
Oltre a tali aspetti di natura formale e procedurale, le società ed associazioni sportive dilettantistiche hanno inoltre il compito, tutt’altro che semplice, di regolamentare correttamente i rapporti contrattuali con tutti coloro che, alla luce della nuova normativa, sono qualificabili come lavoratori sportivi.
Al riguardo la normativa prevede la possibilità di disciplinare il rapporto con il lavoratore sportivo sia nella forma della collaborazione coordinata e continuativa di natura autonoma, sia quale rapporto di lavoro subordinato e le associazioni e società sportive dilettantistiche devono apprestare la massima attenzione a tale scelta, posto che la fattispecie contrattuale formalmente indicata dalle parti non sarà insindacabile e dovrà necessariamente risultare coerente con le reali modalità di esecuzione del rapporto, al fine di evitare possibili controversie volte ad accertare una differente qualificazione del rapporto, con le relative conseguenze economiche e normative.
Oltre a tali aspetti contrattuali, le associazioni e società sportive dilettantistiche devono necessariamente tenere in debita considerazione le norme che disciplinano il trattamento fiscale e previdenziale dei compensi percepiti dai lavoratori sportivi, nonché l’iscrizione degli stessi al fondo o gestione INPS di competenza.
In altri termini, sono numerosi e rilevanti gli adempimenti richiesti alle associazioni e società sportive dilettantistiche e in tale contesto risulta opportuno avvalersi di un’assistenza legale qualificata inmateria giuslavoristica, fiscale e previdenziale, al fine di adeguarsi e conformarsi alle novità dellariforma ed evitare le possibili conseguenze pregiudizievoli che potrebbero altrimenti configurarsi.
Quali gli effetti?
Lucia Bianco: Indubbiamente gli effetti della riforma nel settore professionistico proprio alla luce della novità del contratto di apprendistato e soprattutto nella Lega Pro, pioniera di questa nuova figura, si sono già visti nel senso che dalla sua introduzione sono stati stipulati una trentina di contratti di apprendistato.
Si modifica l’assetto dei settori giovanili a mio parere che potranno godere, al netto della precipua applicazione normativa, di un trattamento migliorativo, basti pensare che anche nel contratto di apprendistato devono essere estese le tutele sanitarie, quelle sulla sicurezza sul luogo di lavoro e quelle assicurative.
Dal punto di vista retributivo invece per le società professionistiche indubbiamente vi sarà un vantaggio economico dal momento che per gli apprendisti di età compresa tra il diciannovesimo anno compiuto ed il ventitreesimo dovrà essere corrisposto il 75% del minimo federale lordo fissato annualmente per i calciatori professionisti di oltre ventiquattro anni; per gli apprendisti tra diciotto e diciannove anni da compiere invece il 70% del minimo federale lordo fissato annualmente per calciatori professionisti di età compresa tra i diciannove ed i ventiquattro anni.
Boris Martella: Come anticipato, la riforma impone alle società e associazioni sportive dilettantistiche l’adozione ed implementazione di numerose misure di natura formale, procedurale e sostanziale.
Ma probabilmente l’effetto di maggiore rilevanza ed impatto riguarda la necessità di modificare radicalmente il proprio approccio, specialmente per quanto attiene l’instaurazione, esecuzione e gestione dei rapporti con i lavoratori sportivi.
La riforma ha inteso chiaramente valorizzare il lavoratore sportivo in maniera più ampia e tutelante rispetto al passato e tale finalità non può essere ignorata ed anzi va necessariamente salvaguardata adottando tutte le misure ed azioni idonee ad adeguare la propria struttura al nuovo contesto normativo, ovviamente nel rispetto delle peculiarità di ciascuna realtà e settore.
In che modo i lavoratori sportivi saranno più tutelati?
Lucia Bianco: Direi che la tutela è in re ipsa. Nel senso che la volontà del legislatore di modificare dopo 40 anni la L.91/81 nell’ambito del più generale riordino dell’ordinamento sportivo, che trova il suo impianto nella legge delega n 86/19, ha fatto sì che si introducesse una figura tipica di lavoratore, estendendo come abbiamo visto nella precedente disamina figure che non erano mai state oggetto di tutela, se non a seguito di pronunce giurisprudenziali. Va da sé pertanto che avendo un preciso e univoco quadro normativo di riferimento il lavoratore sportivo godrà di maggiori tutele. A tal proposito è il caso di sottolineare come le singole Federazioni siano ancora al lavoro per uniformare ancora meglio le proprie regolamentazioni, e mi riferisco soprattutto ai settori professionistici, alla disciplina legislativa.
Boris Martella: La riforma, oltre ad ampliare la categoria del lavoratore sportivo, detta una disciplina normativa comune che trova applicazione ad ogni lavoratore sportivo, oltre a delle ulteriori regole che disciplinano il lavoro sportivo nel settore professionistici e quello nel settore dilettantistico.
Ciò detto, per quanto concerne il lavoratore sportivo nel settore dilettantistico, rispetto al passato, la riforma introduce importanti novità e tutele.
In primo luogo la riforma prevede che tale rapporto possa essere contrattualizzato sia nella forma del lavoro autonomo, sia in quella del rapporto di lavoro subordinato. E questa è sicuramente una prima novità di estremo rilievo, se si considera che in precedenza il ricorso al lavoro subordinato era appannaggio esclusivamente del lavoratore sportivo nel settore professionistico.
Di conseguenza, in virtù di quanto previsto dalla riforma, è possibile applicare la disciplina del lavoro subordinato anche i lavoratori sportivi non professionisti, con la conseguente applicazione di tutte le relative norme e tutele.
Ma la riforma introduce importanti novità anche per i lavoratori sportivi dilettanti che vengono contrattualizzati nelle forme del lavoro autonomo.
Da un punto di vista fiscale, infatti, il compenso percepito da tali soggetti non è assoggettato ad alcun prelievo sino all’importo complessivo di 15mila euro annui, mentre in precedenza tale limite era fissato a 10mila euro.
Inoltre è previsto che i compensi percepiti dai lavoratori sportivi dilettanti non subordinati siano assoggettati a contribuzione previdenziale per gli importi superiori ai 5mila euro annui e che tali contributi debbano essere versati alla Gestione Separata dell’INPS, alla quale tali lavoratori sportivi vanno obbligatoriamente iscritti. La copertura previdenziale di tali compensi, pur esclusivamente per gli importi superiori al suddetto limite, rappresenta senz’altro una novità di assoluto rilievo rispetto al recente passato in cui, come detto, i compensi percepiti dagli sportivi dilettanti non erano in alcun modo assoggettati ad alcun trattamento previdenziale.
Sono previste ulteriori evoluzioni? Nuovi decreti correttivi
Lucia Bianco: dopo l’ultimo decreto legislativo che è stato approvato in data 28 luglio 2023, ma che non è ancora stato pubblicato, su proposta del Ministro per lo Sport Abodi e il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone che ha riconosciuto i diritti e le tutele dei lavoratori sportivi, linea con gli indirizzi comunitari, e, al tempo stesso, ha reso sostenibile ed efficiente il modello per i datori di lavoro, a partire da associazioni e società sportive dilettantistiche, contribuendo a rendere maggiormente trasparente il rapporto di lavoro nel settore, non si può escludere un ulteriore intervento da parte del legislatore al fine di armonizzare al massimo le disposizioni via via intervenute dopo la legge delega 86/19.
Boris Martella: Il D.Lgs. n. 36/2021 ha già subito alcune rilevanti modifiche ad opera di un primo decreto correttivo (il D.Lgs. n. 163 del 5 ottobre 2022).
A breve, inoltre, un ulteriore decreto correttivo di recente approvato dal Parlamento ed attualmente in fase di pubblicazione entrerà in vigore ed apporterà ulteriori modifiche all’impianto originario della riforma (tra le varie novità, a titolo esemplificativo, si cita l’innalzamento da 18 a 24 ore del numero di ore settimanali di prestazione dell’atleta – al netto del tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive – entro il quale trova applicazione la presunzione della natura autonoma del rapporto di lavoro con l’atleta).
Allo stato non sono previsti ulteriori interventi, ma non è da escludere che possano essere apportate in futuro ulteriori modifiche, anche in ragione di quelle che saranno le eventuali criticità che emergeranno dall’applicazione di tali norme.
Di certo sarà altresì importante confrontarsi con i chiarimenti, le indicazioni e le istruzioni operative che verranno fornite con circolari e messaggi da vari Enti ed Istituti (su tutti l’INPS e il Ministero del Lavoro) e che consentiranno di disporre di ulteriori elementi di approfondimento e chiarimento per la corretta applicazione delle novità apportate dalla riforma.
Contributi di Boris Martella, Senior Associate di Norton Rose Fulbright e Lucia Bianco, avvocato indipendente, che collabora con Norton Rose Fulbright e titolare della Legal Boutique Bianco Sports Law.