Il passaggio generazionale nella logica delle contrapposte esigenze
La gestione di un passaggio generazionale, all’interno di una famiglia imprenditoriale, deve tenere in conto molti fattori e seguire alcune regole procedimentali, quali la considerazione generale dei desideri del complessivo nucleo di interessi personali e imprenditoriali coinvolti, onde operare già una prima analisi predittiva, che tenga conto dei fattori emotivi e psicologici.
Oltre a questa fondamentale, preliminare analisi, occorre poi addentrarsi nella serie di problematiche di natura patrimoniale e finanziaria, con la presa in carico dell’analisi del patrimonio aziendale e familiare e la concreta applicazione dei criteri di gestione oculata e di equilibrio economico.
Il passo successivo, più che determinante, è la strutturazione della governance che gestirà l’azienda durante e dopo il passaggio generazionale, con le opportune scelte degli strumenti giuridici ritenuti più idonei (trust, patto di famiglia, holding di famiglia, fondo patrimoniale, intestazione fiduciaria e via dicendo).
La suddivisione del beni aziendali e personali deve essere riguardata con molta attenzione, considerato che occorre evitare le potenzialità di una possibile, futura contesa ereditaria, soprattutto in ragione del corretto uso della cosiddetta quota disponibile, che è la parte che rimane nella piena libertà dell’imprenditore interessato alla sorte dei suoi beni per il periodo successivo alla morte ed all’apertura del testamento.
La successione necessaria e la tutela degli eredi legittimari
L’ordinamento giuridico consente al singolo di disporre, nel modo che egli ritiene più opportuno, dei suoi beni per il periodo successivo alla morte e
consente altresì al fatto che, in corso di vita, egli conceda in donazione a chi desidera i suoi beni. Questo purché egli non generi una lesione dei diritti che la legge assicura ai congiunti più stretti, tassativamente indicati dalla legge stessa.
La legge, in altri termini, non tollera che il defunto lasci che tutti i suoi beni siano donati ad un estraneo e che qualcuno dei figli o il coniuge non ricevano nulla.
La legge prevede, perciò, che quando vi siano determinate categorie di successibili, ossia:
• coniuge superstite del defunto (al quale è equiparato il relativo unito civilmente),
• figli legittimi, legittimati, adottivi, naturali e, in mancanza,
• ascendenti (solo in mancanza di figli o di loro discendenti), (in buona sostanza le categorie dei più stretti congiunti), una parte dei beni del de cuius deve essere attribuita ai soggetti successibili. La quota che la legge riserva a questa categoria si chiama quota di legittima (o di riserva); i soggetti che vi hanno diritto sono designati quali legittimari o riservatari o successori necessari e non devono essere confusi con i successori legittimi, ovvero concoloro ai quali l’eredità viene devoluta ex lege mancando il testamento.
Il complesso delle disposizioni e degli istituti giuridici che riguarda la determinazione delle categorie dei legittimari, le quote ad essi spettanti, i mezzi di controllo concessi per verificare l’osservanza degli obblighi, va sotto il nome di successione necessaria.
Il fondamento di questi principi risulta chiaramente quello di ispirazione alla tutela dei più stretti vincoli familiari, di fronte alla quale resta limitata la facoltà di disporre del testatore. Siccome tali norme sono rivolte alla protezione di un interesse generale esse hanno, in genere, carattere inderogabile.
Le categorie dei legittimari
Legittimari sono, come accennato, il coniuge, i figli, gli ascendenti legittimi.
La riserva a favore dei figli non è fissa, ma variabile, secondo l’esistenza o meno del coniuge (quota variabile) (artt. 537 e 542 c.c.). Quando manca il coniuge, la quota di riserva a favore dei figli è di metà del patrimonio se il genitore lascia un solo figlio, di due terzi se i figli sono di più (art. 538 c.c.).
La riserva a favore degli ascendenti legittimi opera soltanto se il defunto non lascia figli: in tal caso è di un terzo, che si riduce ad un quarto se con gli ascendenti concorre il coniuge (art. 544 c.c.).
La posizione del coniuge superstite
Fra i legittimari, il coniuge superstite occupa una posizione particolare (il discorso dovrebbe essere ripetuto, con i necessari adattamenti, anche per l’unito civilmente).
In linea generale, si noti, il titolo a succedere del coniuge (nella successione legittima e necessaria) è dato dal rapporto di coniugio con il defunto, esistente all’epoca dell’aperta successione. Dunque:
1) il coniuge separato senza addebito conserva i propri diritti successori;
2) il coniuge separato con addebito e quello divorziato non conservano i diritti successori spettanti al coniuge nella successione legittima e necessaria, ma ad essi è riconosciuto, in presenza di certe condizioni, un assegno successorio;
a) al coniuge separato con addebito spetta un assegno vitalizio, qualora, al tempo dell’aperta successione, lo stesso godesse degli alimenti a carico del coniuge premorto (v. art. 548 c.c.);
b) al coniuge divorziato che versi in stato di bisogno può essere riconosciuto il diritto di conseguire un assegno a carico dell’eredità, qualora lo stesso, al tempo dell’aperta successione, godesse già di un “assegno divorzile” a carico dell’ex coniuge deceduto (v. art. 9-bis legge n. 898/1970).
Di là di questo, la peculiarità della posizione successoria del coniuge superstite (come legittimario) dipende dalla circostanza che la legge riserva a tale ultimo soggetto alcuni diritti specifici:
1) il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare;
2) il diritto di uso sui mobili che corredano detta casa; il riconoscimento di questi diritti è subordinato ad alcuni presupposti, oggettivi e soggettivi:
a) il soggetto beneficiario deve rivestire la qualità di coniuge superstite del defunto;
b) al tempo dell’aperta successione, deve esservi una casa adibita a residenza familiare e quest’ultima deve essere di proprietà esclusiva del defunto o in comunione fra quest’ultimo e il coniuge superstite.
Pasquale Dui, avvocato e professore a contratto di diritto privato e del lavoro