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Novembre 21, 2024
FocusMarketing

«L’Ambassador deve rappresentare il marchio»

Così David Conti sulla comunicazione del futuro


La comunicazione aziendale del XXI secolo si arricchisce di due figure professionali come Ambassador e Influencer. Questi professionisti coinvolgono le persone mediante strategie di comunicazione con l’obiettivo di accrescere l’importanza di un brand.

È decisamente una nuova modalità di presentare i prodotti di un’azienda, individuando mercati specifici di riferimento.

Possiamo definirla un’azione marketing ben precisa che sostituisce il vecchio commerciale del XX secolo.

David Conti, 29 anni, abbraccia con passione questa attività, seppure non abbia molti follower sui suoi profili social (usa soltanto Facebook e LinkedIn). David Conti è toscano di nascita, cresciuto a Pienza, con in tasca una laurea in Economia e Commercio conseguita a Siena.

Come funziona il lavoro di un Ambasciatore di stile o addirittura di un Brand Ambassador?

Scopriamo questa nuova comunicazione aziendale insieme a David Conti.

David, come sviluppa la sua attività aziendale?

«La mia attività nasce anzitutto come passione, motivo per cui non è il mio primo lavoro, che mi vede invece impegnato nel settore finanziario. Il suo Take Off, quindi, è un mix di fortuna e passione. Nel 2018 ho avuto l’occasione di presenziare, come ospite della Maison de Champagne Moët & Chandon, alla prima mondiale della serie televisiva, tutt’ora in voga, “L’Amica Geniale”, tratta dal libro della scrittrice Elena Ferrante. Da lì, dove fui notato da varie aziende del settore del lusso, sono iniziate le mie principali collaborazioni. Il metodo utilizzato è prevalentemente quello del product placement e dell’endorsement, in quanto condividere certe storie e certi contesti è di vantaggio reciproco, sia per la bellezza dell’evento in sé, sia per la formula comunicativa che ne deriva. Tutto è iniziato così, in maniera semplice e coincisa».

Influencer e Ambassador sono due figure professionali del XXI secolo. Come aiutano la diffusione di un brand e la sua conoscenza specifica sul mercato?

«Diciamo che, in realtà, gli Ambassador sono esistiti già da tempo. Molti prodotti storici, che oggi conosciamo, e non parlo solo del segmento del lusso, ma anche del cibo, sono diventati noti proprio grazie ad Ambassador del tempo, che hanno permesso a quel prodotto specifico di giungere fino ai giorni nostri perché oggetto di attenzione. Ecco, l’Ambassador in  senso tale deve rappresentare il marchio (in questo caso), aiutando a trasferire il sapere delle proprie qualità alle future generazioni. Questo attraverso la stabilità. Infatti è importante con gli Ambassador puntare sul lungo termine e soprattutto alla condivisione dei valori alla base del brand e della persona su una platea macro. Essi hanno anche una variante micro, che sono i Brand Advocate, i quali si occupano invece di micro categorie. E sono molto funzionali. Un esempio di strategia basata sugli advocates è stata usata nel mercato del vino, con ottimi risultati. Gli influencer, invece, svolgono una funzione più vicina al media che alla figura dell’Ambassador  il quale, per nome, ha un solo prodotto di brand specifico per categoria che può promuovere. L’influencer aiuta la diffusione di qualsiasi brand che ritiene essere giusto per il proprio target, oppure può toccare un argomento specifico che l’influencer tratta (ad esempio, la moda, il cinema e altro). Quindi i KPI (Key Performance Index) che ne derivano sono molto diversi e hanno obiettivi diversi. Tornano a fattore comune per avere una comunicazione integrata e al passo con la nuova transizione tecnologica che stiamo vivendo».

Che metodi preferisce quando deve divulgare il prodotto di un’azienda?

«Partiamo dicendo che, essendo targettizzato sul segmento del lusso, soprattutto di brand storici, ho dei precisi diktat. Per prima cosa utilizzo i media tradizionali (magazine/radio/TV) nei quali posso raccontare il perché di un prodotto, collegandolo ad una storia magari condivisa, per farne capire l’utilità pratica. Poi, la formula degli eventi, in cui, se parliamo di prodotto di moda, ad esempio, posso condividere – come ho detto nella prima risposta – la bellezza e il prestigio dell’evento con lo stesso brand. Questo crea sicurezza, affidabilità e stabilità ripetuta nel tempo, cosa molto importante soprattutto per il mio settore, in cui il lungo termine la fa da padrone».

Come incide un Ambassador sulla comunicazione di un’azienda?

«Un Ambassador incide nella comunicazione, aiutando l’azienda stessa ad essere conosciuta, accreditarsi presso nuovi consumatori, di età magari inferiore, e a poter, in un certo senso, vivere all’infinito. L’Ambassador, inoltre, deve far vedere attraverso la sua persona che l’azienda è un organismo vivente e che rappresentandola, esso si muove con il resto del mondo, è aggiornata e sempre appetibile da un punto di vista di vendite, per non sminuire mai il proprio Return on Sales».

La comunicazione aziendale quali cambiamenti subirà nel futuro?

«Sicuramente la nuova tradizione porterà dei cambiamenti epocali. Andremo sempre di più verso l’esperienza, collegata allo storytelling. Questo sicuramente. Non basta più il prodotto, ma dobbiamo vedere comesi muove in un determinato contesto, che sia aspirazionale per la persona che guarda, e che quindi, crei la voglia di acquisto finale. L’experience dovrà essere vissuta quasi in contemporanea dallo spettatore/prospect client, così da sentirsi parte non solo dell’azienda ma anche del sistema di valori che essa rappresenta, ritrovando, in un certo senso, se stessa, e come vorrebbe essere. In questo, il digitale e Internet sono maestri, quindi credo che vedremo molte sorprese in questo senso».

                                                 Francesco Fravolini

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