Parla Giuseppe Pinu, che con suo fratello Niccolò porta avanti la sartoria di famiglia
Tradizione e innovazione caratterizzano la Sartoria Pinu, rilanciata dai figli Niccolò e Giuseppe, che ereditano la bottega dal padre Aurelio.
Facciamo un passo indietro e conosciamo la nascita della sartoria Pinu.
Nel 1954 Aurelio Pinu apprende le tecniche e i segreti dell’arte sartoriale dai laboratori di Cambrais, in Francia. Così decide di aprire la sua bottega a Nuoro. È da quel momento che comincia l’attività artigianale con una dozzina di operai, senza tralasciare il fiore all’occhiello della sartoria: servizio di confezionamento abiti di altissima qualità.
Dopo gli anni ’90 arrivano i figli Niccolò e Giuseppe per continuare la storia di famiglia e proseguire quella che potremmo definire la tradizione artigianale della famiglia Pinu,. Si punta a conservare e valorizzare la ricchezza culturale del lavoro, realizzato a mano.
Acquisita la qualifica di stilisti a Milano, i fratelli Niccolò e Giuseppe tornano a Nuoro e introducono in azienda il valore aggiunto, ormai divenuto fondamentale in questo momento storico, che si trasformerà nel loro successo. Parliamo di abbinamento della tradizione all’innovazione. Questo permette loro di espandere la propria attività sul mercato nazionale e internazionale. Oggi gli abiti di velluto Pinu, ispirati al mondo pastorale, sono apprezzati per la loro eleganza e la modernità.
La Sartoria Pinu, da oltre 60 anni, specializzata nella realizzazione di capi su misura, grazie al suo laboratorio e al suo punto vendita, offre una vasta gamma di abbigliamento da uomo pronto e su misura, velluto, cerimonia, camiceria, calzature ed accessori.
Istituto ModaImmagine
Giuseppe Pinu nel 1995 fonda e da allora dirige l’Imi, Istituto ModaImmagine – unico in tutta l’isola- una scuola che si occupa a tempo pieno della formazione sartoriale di giovani appassionati, formandoli e accompagnandoli dopo il diploma verso il mestiere della moda e della sartoria. Con Giuseppe Pinu approfondiamo la conoscenza del settore artigianale della sartoria dove l’innovazione stravolge i processi di produzione.
Perché puntare su tradizione e innovazione?
«La tradizione abbinata all’innovazione è un tassello su cui puntiamo da sempre. L’innovazione deve essere legata alla tradizione soprattutto per quanto riguarda le tecniche di lavorazione: l’innovazione prevede processi di trattamento decisamente più veloci. Ancora molti clienti richiedono certi passaggi nella lavorazione, per cui cerchiamo di accontentarli, con un’ innovazione che rispetta la tradizione , intesa come lavorazione sartoriale. L’innovazione l’abbiamo adottata tramite delle macchine da cucire che agevolano semplicemente il lavoro in velocità, ma senza fare dei punti diversi da quelli che facevamo con le macchine a pedale, per citare un chiaro esempio».
Quali sono i cambiamenti avvenuti nella lavorazione dei prodotti?
«I cambiamenti nella lavorazione dei prodotti sono stati fatti da un punto di vista puramente estetico. L’innovazione dei capi è avvenuta in questo senso e abbiamo creato delle nuove linee e dei nuovi reparti di modellature: cartamodelli molto moderni che si collegassero con una globalità di abbigliamento mondial perché oggi tutto il mondo della sartoria ha sposato questo nuovo trend. Pertanto abbiamo linee innovative di capi moderni e soprattutto che si avvicinano a un pubblico anche più giovane. La nostra sartoria ha un sistema molto innovativo di lavorazione che incrocia le competenze manuali della vecchia scuola sartoriale, quindi della sartoria pura, a quelle moderne della progettazione di modellistica con sistemi cad e informatici. Per questo sviluppiamo dei modelli che abbiano un’affidabilità di taglio e modellistica anche utile per essere vendute online oppure nel nostro negozio e allo stesso tempo anche per un classico su misura».
Che cos’è bespoke experience?
«La bespoke experience è l’esperienza sartoriale che facciamo fare ai nostri clienti. È il motto che ci lega dal 1954 e abbiamo individuato una parola inglese che significa: parliamo di quello che dobbiamo fare, ovvero Bespoke, che è proprio quello che facciamo con i nostri clienti quando li invitiamo nella nostra sartoria. Qui, guidando il cliente, creiamo insieme l’abito personalizzato. Costruiamo il prodotto, in mezzo a tessuti vintage, fodere e bottoni anche d’epoca con materiali legati alla sartoria quindi senza plastiche, tra bottoni di corno, corozo, un avorio vegetale conosciuto anche come tagua (è un materiale ricavato dai semi di una palma, ndr) di madreperla, tessuti di lana sopravissana, mohair, kashmir. Solitamente quando il cliente viene da noi non si aspetta di avere tutte queste possibilità, non pensa che per fare un abito ci sia bisogno di conoscerlo bene. Anche le fodere vengono personalizzate e la giacca viene confezionata in base alle abitudini e agli usi quotidiani del cliente. La tasca può servire come un portapenne, per l’ agenda, il quotidiano, come portasigaro, o per l’orologio a cipolla, la pochette. Ci sono infinite possibilità perché la giacca e il pantalone possano essere personalizzati in base alla vita quotidiana del cliente: questa per noi è la vera bespoke experience».
Perché ha fondato la scuola ModaImmagine?
«La scuola modaimmagine (IMI fashionschool) è stata fondata nel 1995 al mio rientro da Milano, dove, fresco di formazione sartoriale in una importante scuola di fashion design dell’editore Fernando Burgo, ho fatto in modo che la moda diventasse un’ opportunità per tutti i giovani intenzionati a intraprendere quest’arte anche sul nostro territorio, in cui scarseggiano queste figure a causa di alcune politiche locali. La scuola quindi è nata per trasmettere l’arte della moda moderna anche nella sartoria. La scuola modaimmagine realizza da sempre e ancora oggi una formazione globale. Per cui oggi si può studiare in Sardegna con gli stessi mezzi informatici che ci sono a Milano oppure in una grande città europea che si occupa di moda. Alla direzione artistica della scuola oggi c’è la stilista Lucia Cherchi».
C’è molto coinvolgimento dei giovani nel lavoro artigianale?
«I giovani sono sempre stati coinvolti dal lavoro artigianale e sono sempre stati appassionati della artigianalità dei prodotti, ma questo è un segnale che non è stato colto dal territorio e da chi doveva magari preoccuparsi di curare di indirizzare i giovani nei luoghi giusti di formazione o agevolare le aziende a ospitare giovani da formare. Questa visione non è stata mai “assorbita” . Considero quindi il mio lavoro una missione per i giovani appassionati all’artigianalità, all’identità dei prodotti, ai valori della propria terra».
Quali mercati esteri volete intercettare?
«La necessità di intercettare mercati esteri nasce dalle richieste della clientela estera che viene a visitarci, spinta da una prima motivazione turistica. Abbiamo scoperto che alla clientela estera piacciono i capi sartoriali, anche quelli legati alla nostra tradizione locale del velluto. I mercati esteri che vogliamo intercettare sono quelli europei dove abbiamo appunto avuto modo di verificare che la nostra clientela apprezza molto i nostri capi e vorrebbe oggi averla. Pertanto, grazie alle nostre modellature e ai mezzi informatici che oggi ci permettono di avvicinarci a questi clienti, possiamo interagire con loro e creare degli abiti su misura quasi a distanza. Ci vogliamo rivolgere a un mercato europeo perché lo sentiamo più legato alla nostra filosofia sartoriale e all’abito italiano».
Francesco Fravolini