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  • Cresce il mercato della Cybersicurezza: 2,48 miliardi di euro:  +15%, ma le minacce sono più veloci

    Cresce il mercato della Cybersicurezza: 2,48 miliardi di euro: +15%, ma le minacce sono più veloci

    Dati di uno dei 50 Osservatori del Politecnico di Milano


    Aumentano gli attacchi informatici, alimentati da tecnologie sempre più avanzate, potenziate dall’Intelligenza Artificiale, e il panorama della cybersecurity in Italia e nel mondo è in rapida evoluzione. Nel nostro Paese, il 73% delle grandi imprese ha subito almeno un attacco nell’ultimo anno e le organizzazioni stanno cercando di rafforzare la propria cybersicurezza.

    Cresce del 15%, infatti, il mercato italiano della cybersecurity, che nel 2024 raggiunge il valore di 2,48 miliardi di euro. E si prevede un ulteriore aumento nel 2025, con il 57% delle grandi organizzazioni che vede la sicurezza informatica come priorità di investimento nel digitale e il 60% che si dichiara intenzionato ad aumentare la spesa. Ma l’Italia continua ad essere all’ultimo posto tra i membri del G7 nel rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL, con un valore ancora lontano da quello degli Stati Uniti e dal Regno Unito. Sono in aumento gli specialisti interni dedicati alla cybersecurity e oggi il 58% delle grandi imprese dispone di un Chief Information Security Officer, profilo sempre più business-oriented attento a identificare e gestire i rischi. Ma si evidenziano ancora diverse lacune nei processi di gestione del rischio cyber.
    Mentre esplodono le minacce, non si diffonde infatti alla stessa velocità la capacità di gestirle. E si amplia il divario tra organizzazioni mature e non: ancora poche imprese hanno oggi un approccio proattivo e resiliente ai rischi cyber.

    Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano presentata durante il convegno “Cyber divide: rischio per tutti, protezione per pochi?” Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.

    “Il mercato della Cybersecurity in Italia continua a crescere – dice Alessandro Piva (in foto), Direttore dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection – Nonostante questo segnale incoraggiante il ‘cyber divide’ tra organizzazioni mature e non mature è sempre più evidente e rappresenta una criticità silenziosa: la protezione rischia di rimanere un ‘privilegio’ per poche organizzazioni. È essenziale che le istituzioni locali ed internazionali continuino a lavorare per abbattere le barriere che impediscono l’introduzione di tecnologie e competenze. Nonostante l’aumento degli investimenti, infatti, ancora oggi la cybersecurity viene vista in molte realtà come un’attività onerosa e c’è il rischio che sia compromessa la capacità di resilienza e risposta alle minacce. Inoltre il progresso dell’AI generativa rischia di creare nuove vulnerabilità e un’ulteriore intensificazione degli attacchi.”
     
    “Il panorama delle minacce informatiche si conferma allarmante: nel 2024 sono stati registrati 3.541 incidenti cyber gravi di dominio pubblico a livello globale, di cui circa il 10% in Italia, ma la capacità di gestire efficacemente i rischi cyber moderni non si sta diffondendo alla stessa velocità – afferma Gabriele Faggioli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection – Di certo, si evidenzia una crescente centralità della cybersecurity nelle priorità aziendali e istituzionali per la maggiore rilevanza delle minacce informatiche, per i progressi tecnologici e anche per l’evoluzione delle normative. Persone con scarsa alfabetizzazione digitale possono essere sempre più vittima di disinformazione, frodi online e violazioni della privacy. La cybersecurity si appresta a diventare un pilastro della competitività economica e dell’equilibrio sociale e politico”.

     
    Il mercato – Nel 2024 si osserva un’ulteriore crescita del mercato italiano della cybersecurity, che registra un incremento del 15%, dopo il +16% del 2023 e il +18% del 2022. Il mercato inizia ad essere influenzato anche dalla spesa di organizzazioni estranee ai servizi essenziali e fuori dai settori sottoposti a pressione normativa. Anche grazie alla spinta della NIS2, crescono più della media comparti come Logistica e trasporti (+25%) e Servizi (+24%), insieme a Finanza e a Pubblica Amministrazione, che beneficia degli investimenti dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
    La spesa cresce lievemente più della media nelle imprese con addetti tra i 250 e i 1.000 (+16%). Ma le grandi organizzazioni sono consapevoli di non aver ancora raggiunto il traguardo: il 51% ammette che il ritardo accumulato non è stato colmato ed è necessario continuare a investire. I servizi sono la quota maggiore degli investimenti delle grandi organizzazioni (41%), che si affidano all’esterno sia per accedere a competenze specializzate difficilmente internalizzabili, sia per la gestione delle operations. Infine, il 48% prevede invece un aumento dei fornitori, per integrare competenze avanzate e soluzioni specializzate.
     
    I fattori di rischio Cyber. Secondo i Chief Information Security Officer italiani, il principale fattore di impatto sul rischio cyber anche nel 2024 si conferma quello “umano”, segnalato dal 75%. Poi vengono l’obsolescenza delle infrastrutture, indicata dal 73% dei CISO, le azioni malevoli dei cybercriminali (59%), la dipendenza da terze parti non-IT (34%) e l’eterogeneità dell’infrastruttura IT (33%). La principale novità però viene dall’intelligenza artificiale, che genera nuovi rischi: da un lato, l’AI permette di intensificare gli attacchi su larga scala che possono essere messi in atto dai cybercriminali; dall’altro, si verifica sempre più spesso l’introduzione in azienda di strumenti di AI non governati: il 33% dei CISO ritiene che l’adozione spontanea di soluzioni di AI da parte del business generi un alto impatto nell’esposizione al rischio cyber.
    Oltre all’evoluzione tecnologica, anche la normativa è un elemento centrale nello scenario cyber. La NIS2 – che ha l’obiettivo di ridurre il divide e stabilire un livello comune di cyber-resilienza tra le organizzazioni – impatterà su un ampio volume di imprese, richiedendo un adeguamento nella capacità di resilienza, come anche DORA, indirizzata alle istituzioni finanziarie. Mentre il Cyber Resilience Act sta obbligando i produttori di tecnologie hardware e software a considerare aspetti di sicurezza sin dalle prime fasi di sviluppo e commercializzazione di soluzioni IT, redistribuendo almeno in parte i rischi cyber, sensibilizzando i produttori e limitando le vulnerabilità.
     
    Sfide e priorità per la cybersecurity – Il 96% dei CISO segnala un miglioramento nella sicurezza nella sua azienda. Le due azioni principali adottate dalle grandi organizzazioni italiane per fronteggiare il rischio cyber sono consolidare la tecnologia di cybersecurity, come avvenuto nel 74% dei casi, e potenziare i programmi di formazione e sensibilizzazione, fatto dal 63% delle organizzazioni.
    La principale sfida per il futuro secondo i CISO è ripensare il modello operativo: il 44% riconosce che un presidio completamente o prevalentemente interno è insostenibile nel medio-lungo periodo. La necessaria flessibilità (di tecnologie e competenze) è possibile solo con partner esterni, selezionando con cura i fornitori e strutturando un approccio ibrido per bilanciare le attività da gestire internamente e esternamente. La seconda sfida è la maggiore automazione nelle attività di cybersecurity: oggi, il 52% delle grandi imprese ricorre a soluzioni integrate con algoritmi di AI. E la Generative AI – utilizzata oggi solo dal 9% delle organizzazioni – sarà una nuova arma per ridurre i tempi di rilevamento delle minacce e di risposta. La terza sfida è un maggior dialogo tra cybersecurity e business: è assente nel 40% dei casi e sporadico nel 9%, un disallineamento che rischia di amplificarsi con l’aumento delle minacce e l’adozione di nuove tecnologie.
     
    Il cyber divide – Si acuisce il fenomeno del divide. Le grandi imprese italiane sono più strutturate delle piccole e medie imprese ma si evidenziano carenze in tutte le fasi del risk management, soprattutto nei processi di incident response e disaster recovery, aumentando il rischio di interruzioni operative e perdite economiche. Anche il monitoraggio e la valutazione dei rischi in termini di business sono spesso sporadici, influenzando negativamente la definizione delle priorità. La gestione delle terze parti rimane un’area critica, con scarsa valutazione e monitoraggio della sicurezza dei fornitori. L’attività di misurazione e reporting è affermata principalmente nelle grandi organizzazioni quotate, evidenziando ancora una scarsa centralità della cybersecurity nella governance aziendale di molte realtà.

    La Redazione

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  • Osservatorio Smart Agrifood Polimi: rallenta il mercato dell’agricoltura 4.0

    Osservatorio Smart Agrifood Polimi: rallenta il mercato dell’agricoltura 4.0

    Messo a dura prova dal cambiamento climatico


    Nel 2024, il settore agricolo è stato messo a dura prova da diversi fattori, primo fra tutti il cambiamento climatico con il suo impatto su produzioni e prezzi. In questo contesto, il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 ha segnato per la prima volta un rallentamento: -8% rispetto al 2023, assestandosi a 2,3 miliardi di euro, con un calo in particolare degli investimenti in macchinari (29% del totale del mercato) e attrezzature (26,5% del totale), mentre continua la crescita delle soluzioni software come FMIS (Farm Management Information System, 13,5 % del totale), Decision Support System (DSS, 9,5% del totale), sistemi di monitoraggio e mappatura dei suoli (9% del totale) e delle colture (9% del totale) che, tuttavia, non compensano il calo degli investimenti legati all’hardware.

    Il rallentamento del mercato di Agricoltura 4.0 è causato dalla flessione dei redditi agricoli, dagli investimenti già realizzati negli scorsi anni, ma anche della riduzione degli incentivi pubblici. In Italia, infatti, l’84% delle aziende agricole utilizzatrici di soluzioni 4.0 ha già usufruito di almeno un incentivo e gli stessi provider tecnologici (81%) ritengono che le agevolazioni pubbliche negli ultimi anni siano state un fattore chiave per la crescita.

    A fronte del rallentamento della spesa complessiva, nel 2024 la superficie italiana coltivata con soluzioni 4.0 è risultata quasi stazionaria, passando dall’9% del 2023 al 9,5% del 2024. L’adozione delle tecnologie si è infatti intensificata tra le aziende che ne erano già utilizzatrici, mentre è cresciuta poco la quota di nuovi investimenti.

    Il 41% delle aziende agricole italiane adotta oggi almeno una soluzione di Agricoltura 4.0 (considerando i software gestionali, la % sarebbe ben più alta), il 29% due o più. Il livello di digitalizzazione aumenta con le dimensioni aziendali e quando le aziende fanno parte di gruppi di produttori o consorzi o cooperative (il 38% delle aziende agricole “semplici” utilizza soluzioni di Agricoltura, contro il 44% di quelle che sono parte di cooperative e il 55% di organizzazioni di produttori).

    Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia*, presentata di recente durante il convegno “Smart agrifood: è tempo di una nuova consapevolezza!”, nel quale è intervenuto in apertura tramite video messaggio il Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida.

    L’Osservatorio Smart Agrifood è uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (https://www.osservatori.net/) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.

    “Nel 2024, abbiamo assistito per la prima volta ad un rallentamento del mercato dovuto perlopiù ad un calo negli investimenti in macchinari agricoli, anche se è significativo osservare una crescita delle soluzioni software – spiega Andrea Bacchetti, direttore dell’Osservatorio Smart agrifood- È ormai evidente che la sfida della digitalizzazione delle filiere agroalimentari passa in primis dal settore primario, con un ruolo importante di consorzi, cooperative e aziende della trasformazione che potranno guidare le varie realtà della produzione agricola nell’adozione di soluzioni digitali, attraverso una maggiore valorizzazione economica ed enfasi sulla qualità delle produzioni realizzate da tali attori”.

    “Il cambiamento climatico rimane in cima alle principali preoccupazioni degli stakeholder del settore agroalimentare italiano, seguito dalla volatilità dei prezzi, dalla bassa redditività dell’agricoltura e dallo stato dei suoli e della biodiversità – afferma Chiara Corbo (in foto), Direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood. In uno scenario così articolato, l’innovazione digitale si conferma strumento chiave di resilienza e sostenibilità. Le analisi di casi di applicazione in campo di soluzioni digitali in diversi Paesi europei evidenziano chiari benefici per gli agricoltori in termini di sostenibilità. Ad esempio, se l’utilizzo di DSS su grano duro in Turchia ha consentito di diminuire del 35% l’azoto apportato alla coltura e incrementarne la resa del 6%, in Italia, su una coltura di pomodoro da industria, grazie all’uso di DSS e stazioni agrometeorologiche è stato ottenuto un beneficio netto di 400 euro per ettaro, frutto di un aumento di resa e di un risparmio di input agronomici”.

    La digitalizzazione delle aziende agricole. Rispetto al passato, si assiste a un’evoluzione delle ragioni che spingono le aziende agricole a investire in soluzioni digitali. L’ottimizzazione di input e fattori produttivi – il bisogno principale espresso negli scorsi anni – oggi è superato dall’esigenza di una migliore capacità previsionale (41%), dalla necessità di migliorare le attività di controllo e gestione dell’azienda (38%), dal bisogno di migliorare la pianificazione delle attività (32%) e da quello di accrescere la consapevolezza su quanto accade nell’impresa (31%).
    Queste tendenze evidenziano un crescente livello di consapevolezza circa il paradigma dell’Agricoltura 4.0 da parte delle aziende agricole, che cominciano a percepirne concretamente i benefici e non solo in campo, anche se occorre evidenziare che solo l’8% delle aziende agricole è effettivamente “maturo” dal punto di vista digitale, mentre il 35% è “in cammino” e ben il 57% è in ritardo. Tra le aziende in ritardo, più del 90% è completamente fermo, cioè non ha ancora investito in soluzioni digitali e non è nemmeno sicuro di farlo nei prossimi anni.
     
    La sfida digitale dell’agroalimentare. Da un’analisi sulle direzioni dell’innovazione digitale delle principali aziende italiane dell’agroalimentare, emerge che il processo di digitalizzazione del settore è rallentato innanzitutto dalla scarsa interoperabilità delle soluzioni adottate e dalla carenza di competenze, a cui si accompagnano una generale mancanza di sensibilità, la resistenza al cambiamento nel management e le ridotte dimensioni aziendali, ancora determinanti.
    Guardando al futuro, i tre fattori che avranno un impatto importante nella diffusione del digitale secondo le aziende agroalimentari sono gli incentivi pubblici, la crescente consapevolezza dei benefici e la collaborazione tra gli attori della filiera.
     
    Le startup. Il contesto macroeconomico non ha impedito la nascita di nuove startup, l’espansione verso nuovi ambiti applicativi e le sperimentazioni sulle tecnologie più innovative, in particolare quelle legate all’Intelligenza Artificiale e Machine Learning. A livello globale, a fronte a una generale contrazione degli investimenti in startup – dimezzati, rispetto al 2022, arrivando a 8,5 miliardi di dollari nel 2024 – si osserva l’aumento del numero di nuove realtà che propongono soluzioni digitali per il settore (+7%), soprattutto riferite al mondo agricolo. Emergono nuove aree di applicazione, come l’Agri-Fintech (3% delle startup per numerosità e finanziamenti) che include realtà impegnate nello sviluppo di soluzioni digitali per favorire l’accesso al mercato per gli agricoltori, la modernizzazione dei pagamenti, la creazione di marketplace, la gestione efficiente del rischio e delle assicurazioni.
     
    L’AI nell’AgriFood. Le tecnologie di Intelligenza Artificiale sono tra quelle a cui il settore guarda con maggiore interesse. È cresciuto il numero di startup che offrono soluzioni abilitate da Intelligenza Artificiale e Machine Learning (+22%), così come il numero di soluzioni di Agricoltura 4.0 presenti sul mercato italiano basate su tali tecnologie (circa 1/3 del totale delle nuove soluzioni proposte sul mercato nel 2024). Nel settore primario, l’AI viene sfruttata per la gestione delle attività in campo, la protezione delle colture e il controllo dei fattori di produzione (come agrofarmaci e acqua). Nella trasformazione, l’AI trova applicazione soprattutto nel monitorare e gestire la sostenibilità e la qualità dei prodotti. Tra le applicazioni più interessanti, vi è la protezione delle produzioni di qualità, come le DOP e le IGP.

    Il Carbon Farming

    Dall’analisi di 435 progetti internazionali di carbon farming nel comparto agroalimentare emerge che il 39% si concentra in Nord America, il 33% in Asia e il 18% in Europa, mentre il restante 10% in Centro-Sud America, Africa e Oceania. Considerando il numero di crediti erogati, la Cina mantiene il primato (43%), seguita dagli Stati Uniti (40%). In un mercato ancora in definizione, un ruolo rilevante è giocato dalle startup digitali, che propongono soluzioni per supportare soprattutto le operazioni di monitoraggio e verifica del carbonio stoccato nei suoli, ma anche lo scambio dei crediti di carbonio. Tra le soluzioni maggiormente proposte, ci sono quelle di analisi di dati e big data (45%), i sistemi di mappatura basati su immagini e dati satellitari (40%) e le soluzioni basate sull’Intelligenza Artificiale e Machine Learning (25%). Le startup con offerta digitale attive sul tema del carbon farming sono il 5% del totale delle startup globali con offerta digitale nel settore agroalimentare e raccolgono il 5% del totale dei finanziamenti. 
     
     
    *L’edizione 2024 dell’Osservatorio Smart Agrifood POLIMI School of Management  e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia è stata realizzata con il supporto di AlmavivA, COBO Group, Enapra – Confagricoltura, iFarming, Image Line, RINA, Rurall, xFarm Technologies, Agricolus, Bayer, BPER Banca, Gruppo Iren, GS1 Italy, Hypermeteo, Lutech, PIXAG, Reale Mutua Assicurazioni, RSE – Ricerca sul Sistema Energetico, Rural Hack, Yara, Zoogamma, Alleanza delle cooperative italiane, CAI Agromec, CIA – Confederazione Italiana Agricoltori, Cluster Agrifood Nazionale CLAN, Coldiretti, Confagricoltura Lombardia, Federalimentare, Federunacoma e UNCAI. Con il supporto di CDP – Cassa Depositi e Prestiti

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  • Libri: le proposte di Aziendatop

    Libri: le proposte di Aziendatop


    L’impatto dell’intelligenza artificiale nelle risorse umane è rivoluzionario.

    Sono numerose le opportunità che è in grado di offrire. L’AI diventa uno strumento prezioso per migliorare il benessere degli employee, automatizzando compiti ripetitivi e liberando tempo per attività a più alto valore aggiunto, come la creatività e lagestione empatica delle persone.

    L’AI può supportare l’HR nel rendere i processi di selezione, formazione e gestione delle risorse più equi, trasparenti ed efficienti, facilitando le decisioni basate su dati concreti e migliorando l’esperienza lavorativa.

    Tuttavia, è essenziale bilanciare questa tecnologia con l’elemento umano, per evitare di delegare eccessivamente la delicata funzione HR alle macchine.

    Ne parla Rosario Sica nel suo nuovo libro, dal titolo L’employee experience nell’era dell’Ai, pubblicato da Guerini. La sua è una riflessione critica volta a evitare  l’abuso di strumenti di AI, che invece possono diventare un potente alleato dei professionisti nel promuovere un ambiente di lavoro più inclusivo e sostenibile, ma solo se vengono utilizzati in modo consapevole e responsabile.

    La prefazione è curata da Federico Frattini. Rosario Sica è un fisico cibernetico di formazione, ha collaborato in passato nella cooperazione internazionale e per il MAE ed è stato consulente per società di management consulting. Specializzato nei processi di trasformazione digitale con focus sull’innovazione dello sviluppo organizzativo, è autore di 5 libri e oltre 100 articoli per Harvard Business Review.

    Per Guerini ha pubblicato Il valore del Purpose. Trovare il senso in un’organizzazione: un dovere verso le persone e il futuro (2024).

    Coinvolto nella ricerca applicata, insegna in diverse Università in Italia e all’estero. Ha vissuto e lavorato in vari Paesi, tra cui Vietnam, Fiji, Australia, Nuova Zelanda, Cile, South Africa. Attualmente ricopre la carica di Global Equity Partner di Gruppo BIP ed è Amministratore Delegato di OpenKnowledge, società del Gruppo BIP.

    Altro libro che Aziendatop segnala si intitola L’imprenditore inatteso, Cierre edizioni. L’autore è Mario Magagnino, docente di Comunicazione d’Impresa all’Università di Verona e presidente dell’Osservatorio Monografie Istituzionali d’impresa, unico organismo in Italia che raccoglie e catalologa le autobiografie delle aziende italiane e promuove il Premio  Omi.

    Il suo lavoro di circa 120 pagine si concentra sui primi vent’anni (1891 -1911) della Marelli azineda elettromeccanica nota in tutto il mondo e del suo fondatore, Ercole, un pioniere del welfare aziendale, che raggiunse i 1500 operai dopo venti anni solo con i suoi sforzi.

    Partito da una superficie di 50 metri quadrati, estese la sua azienda su 65 mila metri quadrati e la impose sui mercati esteri.

    Il viaggio all’interno della monografia pubblicata dalla Marelli in occasione del ventennale della Fondazione restituisce primati  per quanto riguarda il made in Italy (design dei prodotti), i livelli di prodizione raggiunti, l’organizzazione del lavoro, il welfare aziendale, l’organizzazione di eventi.

    Marelli dunque “imprenditore inatteso”, illuminato, si dimostra un anticipatore in numerose aree aziendali, compresa la logistica. Il suo impegno per la crescita contro lo strapotere dell’industria tedesca e la corruzione  negli appalti della pubblica amministrazione portò il governo dell’epoca a istituire una commissione, prototipo dell’attuale Consip.

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