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Ottobre 11, 2024
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Organizzazione: cultura del genio o cultura della crescita?

Il libro di Mary C. Murphy, psicologa, ci guida nella scelta dei due modelli


Cultura del genio vs cultura della crescita.  Quale delle due incide di più sull’evoluzione di individui, team e organizzazioni?

Se ne occupa in un libro intitolato la Cultura della Crescita, pubblicato di recente da Apogeo, Mary C. Murphy, psicologa, direttrice a Stanford del Summer Institute on Diversity, docente di Psicologia e Neuroscienze presso L’Università dell’Indiana, Ceo di Equity Accelerator, organizzazione di ricerca e consulenza che collabora con scuole e aziende per creare ambienti di apprendimento e lavoro più equi, insignita nel 2019 del Presidential Early Career Award for Scientist and Engineers, il più alto riconoscimento che il governo degli Stati Uniti conferisce agli studiosi per meriti raggiunti nelle prime fasi della loro carriera.

Alla base del testo, un lavoro di quasi 300 pagine, una posizione netta: le grandi idee provengono da persone di ogni provenienza e inquadramento, non solo dagli elementi considerati più brillanti o talentuosi.

Leggendo il testo, si scopre che le organizzazioni e i team più orientati alla crescita sono gli unici capaci di innescare la collaborazione, stimolare l’innovazione, creare la fiducia necessaria per l’assunzione di rischi e, come effetto finale, sono quelli con maggiore probabilità di ottenere i risultati migliori,  a partire dalla capacità di trattenere i talenti più interessanti.

Basandosi su casi studio tratti dal suo lavoro con aziende Fortune 500, tra cui Patagonia e Microsoft, e diverse start up, l’autrice illustra come creare ambienti in cui le persone vogliano stare, dove tutti possano prosperare ed esprimere  il proprio potenziale, sia in gruppo che individualmente.

“Il termine cultura del genio – scrive – sembra affascinante, vero? In realtà, essa si allinea alla mentalità fissa, in cui la convinzione generale è che il talento e l’abilità sono innati: o ce li hai o non ce li hai. Le culture del genio apprezzano la brillantezza e l’intelligenza più di ogni altra cosa, soprattutto se sembrano essere innate, e si concentrano quasi esclusivamente sull’intelligenza fissa: le persone che fanno domanda di lavoro in queste organizzazioni spesso inseriscono nei loro curriculum il proprio quoziente  intellettivo, i punteggi dei test a cui si sono sottoposti,  i riconoscimenti e i risultati accademici e intellettuali ottenuti, sperando di essere considerati degni di far parte degli eletti. Le culture della crescita, invece, sono anch’esse in cerca di persone intelligenti, ma vogliono che queste siano altamente motivate e interessate a sviluppare ulteriormente le loro a con l’apprendimento, provando nuove strategie e chiedendo aiuto in caso di difficoltà. Di conseguenza, è probabile che le candidature di queste persone evidenzino non solo i loro successi, ma anche le sfide che hanno superato, il loro impego nel lavoro e il desiderio di migliorarsi. Una cultura della crescita è incentrata sulla convinzione che il talento e l’abilità possano essere affinati e migliorati attraverso strategie efficaci, come il mentoring e il sostegno da pate dell’organizzazione”.

La prefazione del libro è di Carol Dweck, Lewis and Virginia Eaton Professor of Psycology all’Università di Stanford, autrice di Mindset.

V.F.

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