22.7 C
Rome
Settembre 17, 2024
Focus

Autonomia Differenziata: l’impatto sulle Pmi

Inchiesta tra esperti del tema


L’autonomia differenziata è legge dello Stato ma è divenuta subito materia di scontro nelle opposizioni. Al di là del merito politico è importante comprendere quanto possa influire sulle imprese e sul loro modello di business, proprio in relazione ai possibili scambi commerciali con le altre realtà economiche italiane.
Le regioni possono essere maggiormente indipendenti con l’autonomia differenziata sia in campo
legislativo sia in quello fiscale. Questa proposta sostenuta dal governo ha suscitato un forte dibattito ratioiuris.it/lautonomia-differenzia su alcune criticità del disegno di legge. Non sono mancati vantaggi e svantaggi wired.it/article/autonomia-differenz che producono riflessioni e commenti. Scendiamo nel dettaglio con l’analisi realizzata da Wired wired.it/article/autonomia-differen «Vantaggi. Maggiore adattamento alle esigenze locali. Le regioni avrebbero la possibilità di legiferare su materie che rispondono meglio alle specificità e necessità locali come sanità, istruzione e trasporti, migliorando l’efficacia dei servizi pubblici. Ritenzione del gettito fiscale. Le regioni potrebbero trattenere una parte maggiore delle tasse raccolte, consentendo di finanziare direttamente i servizi e le infrastrutture necessarie, potenzialmente migliorando la qualità della vita dei cittadini. Incentivo alla competizione. L’autonomia potrebbe stimolare una competizione positiva tra le regioni, incoraggiando l’innovazione e l’efficienza nella gestione delle risorse pubbliche. Svantaggi. Aumento delle disuguaglianze. C’è il rischio che l’autonomia differenziata possa accentuare le disuguaglianze tra le regioni del Nord e del Sud Italia, poiché le regioni più ricche potrebbero beneficiare maggiormente delle risorse fiscali, mentre quelle più povere potrebbero trovarsi in difficoltà. Sottrazione di risorse alla collettività. La decentralizzazione delle risorse potrebbe portare a una diminuzione delle risorse disponibili per il welfare nazionale, compromettendo l’uguaglianza dei servizi pubblici su tutto il territorio. Compromissione dei servizi nazionali: La divisione delle competenze potrebbe disarticolare servizi essenziali, come i trasporti e la sanità, rendendo difficile garantire standard minimi di prestazione su scala nazionale. L’autonomia differenziata presenta opportunità per una governance più locale e reattiva, ma anche sfide significative legate alla coesione sociale e all’uguaglianza dei servizi».

Francesco Fravolini

Sull’argomento la redazione di Aziendatop.it ha raccolto vari pareri, che pubblichiamo qui di seguito.


Alberto Mingardi: “Che sia il primo passo verso il Federalismo fiscale”

Direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni che promuove le idee liberali


Alberto Mingardi

In che modo l’autonomia differenziata può influenzare l’attività delle imprese sparse nelle regioni italiane?

Inviterei a diffidare di chiunque risponda in modo netto. La legge Calderoli consente di mettere in atto una possibilità: quella, da parte di ciascuna regione, di chiedere di fornire determinati servizi o esercitare determinate competenze, attualmente appannaggio dello Stato centrale. Questa è una possibilità che poi è regolata da tutta una serie di dispositivi. La Regione del caso e lo Stato centrale devono, insomma, pervenire a un accordo. A oggi noi non sappiamo che cosa le Regioni chiederanno di poter gestire in prima persona, né quali Regioni lo faranno. Ciò dipenderà da molte cose: dalla disponibilità della controparte nazionale, dalle domande degli elettori – che, insoddisfatti di un servizio erogato dal centro, potrebbero volere provare a darne la responsabilità a un livello di governo più basso- dalla imprenditorialità amministrativa dei governi regionali.

Venti modelli di economia differente come cambiano i rapporti commerciali con l’estero?

Perché dovrebbero cambiare? La politica doganale è di competenza dell’Unione europea: non sarà la Lombardia a mettere dazi, come del resto già oggi non lo fa più l’Italia, se non tramite l’Unione europea. Già oggi le Regioni provano ciascuna a fare i promoter dei propri prodotti e delle proprie imprese all’estero e ad attrarre investimenti da altri Paesi, utilizzando strumenti diversi: alcuni dei quali sono un po’ caricaturali e somigliano in grande ai gemellaggi che facevano i Comuni. Sono cose che servono? Personalmente ho i miei dubbi e preferirei non venisse presentato il conto al contribuente. Ma la misura in cui c’è una politica commerciale regionale è quella. 

Il turismo può essere declinato in diverse modalità. È un valore aggiunto oppure rischia di diventare un problema nella comunicazione all’estero dell’offerta turistica Italia? 

Dal punto di vista economico, le nazioni sono pressoché sempre unità insensate. Anche in questo caso. La gente non va al mare in Italia, ma a Jesolo o a Costa Rei. Il turista desidera la riviera romagnola, con i suoi servizi, o la Sicilia, con la sua storia e la sua natura, non l’ “Italia. E a sua volta a Jesolo o a Costa Rei c’è quell’albergo o quella stazione balneare che vuole attirare clienti, per sé e non per l’ “Italia”. Il successo del turismo è dato in parte dalla bellezza del territorio e in parte dall’efficienza dei servizi. Questi sono imprese private, già oggi in concorrenza. Il pubblico s’illude sempre di mobilitare la domanda, fare comunicazione per tutti, inventare strategie di promozione territoriale, eccetera. Sono cose che servono fino a un certo punto e che funzionano o meno a seconda della capacità imprenditoriale delle persone, dei promotori, degli inventori e curatori di brand territoriali a cui ci si affida. Ciò che deve fare il pubblico è la sua parte, che avvantaggia tanto i turisti quanto gli abitanti: strade sicure e se possibili pulite, infrastrutture non faraoniche ma funzionanti, eccetera. Tutte queste cose sono fatte meglio da un livello di governo distante, che sta a Roma, o come si suol dire sul territorio? A me sembra abbastanza evidente la risposta che esperienza e buonsenso ci suggeriscono. Quanto alla comunicazione del turismo, non preoccupiamoci. Già oggi non è italiana, ma appannaggio, per fortuna, di attori in concorrenza, perlopiù privati.

Quali sono i reali rischi dell’autonomia differenziata per le pmi?

Il problema, non per le PMI ma per tutti, è che allo spostamento di alcune competenze non segua la responsabilizzazione fiscale dei territori: tu spendi, dunque tu finanzi e tu trattieni quote del prelievo per finanziare certe spese. Se tutto dev’essere finanziato a piè’ di lista, con denaro preso ai contribuenti da Roma, il rischio è che ancora una volta aumentino spese e quindi tasse o debiti. Speriamo invece l’autonomia sia il primo passo verso il federalismo fiscale, cioè verso una riduzione della distanza fra contribuente e chi spende i soldi del contribuente, che consentirebbe al primo di sorvegliare meglio il secondo. Immagino che la domanda sui rischi si riferisca a un potenziale proliferare di regolamentazioni regionali. Capisco che si possa pensare un Paese nel quale in alcune materie le regole sono diverse da luogo a luogo rischia di essere più complicato. Ma non è già così con i regolamenti edilizi comunali e addirittura con alcune imposte come IMU e addizionale IRPEF? Aggiungo una cosa.

Prego

In un Paese come il nostro siamo sicuri che le regole regionali saranno peggiori di quelle nazionali? Siccome le imprese non avranno divieto di operare nella Regione B se hanno sede legale nella Regione A, potrebbe invece essere una utile occasione di confronto. E si potrebbe pensare a una sorta di passo ulteriore: se le ritiene più favorevoli, ciascuno opera con le regole della regione in cui ha sede legale. Però stiamo discutendo di poca roba, orari di apertura e cose simili, non delle regolamentazioni con più impatto sulla vita delle imprese che sono ormai di origine europea.

Cinzia Ficco

………………………………………..

Federico Pirro: “Uno Stato disgregato significherebbe indebolire l’Italia

Guida il Centro Studi e documentazione sull’industria nel Mezzogiorno all’Università di Bari


Federico Pirro

In che modo l’autonomia differenziata può influenzare l’attività delle imprese sparse nelle regioni italiane?

Intanto non darei affatto per scontato che entri in vigore l’autonomia differenziata, e non lo dico tanto in riferimento al probabile referendum abrogativo – per il quale è in corso la raccolta di firme da parte di partiti, movimenti e sindacati che sono contrari, o a possibili pronunciamenti della Corte Costituzionale – quanto alla rocciosa -ancorché sommessa- opposizione di larga parte della Confindustria e di altre associazioni datoriali che temono realmente la disgregazione del mercato nazionale. E, a mio avviso, è incomprensibile come Zaia, Calderoli e gli altri uomini politici fautori dell’autonomia – che sciocchi certo non sono – non si rendano conto della ostilità confindustriale e delle altre associazioni datoriali italiane. Ma c’è di più: per quanto costretti dall’alleanza con la Lega e Forza Italia, la stragrande maggioranza del gruppo dirigente di vertice e del ceto politico allargato di Fratelli d’Italia – come del resto quello di Forza Italia – è nettamente contraria al testo di legge approvato in Parlamento, non solo per storiche vocazioni centralistiche della loro cultura di riferimento, ma anche perché – con un’Unione Europea con la quale bisogna fare i conti ogni giorno ed anche con durezza, se del caso – presentarsi con uno Stato di fatto disgregato significherebbe indebolire grandemente l’Italia nel contesto europeo. E’ questo che si vuole ? Proprio in questi ultimi giorni infatti – quando i governi del Nord-Est hanno chiesto di avviare le trattative con il Governo per il trasferimento di competenze che non hanno bisogno della preliminare approvazione dei Lep – ci si è accorti nel Governo e in Fratelli d’Italia che buona parte di quelle competenze al momento sono esercitate a livello nazionale proprio da Ministri di questo partito.

Quindi?

Si prenda inoltre in considerazione il grande disegno che sta portando innanzi il Ministro Fitto per il rilancio del Mezzogiorno con la ZES unica e il suo piano strategico di sviluppo: un disegno che ha una forte – e doverosa, a mio parere- accentuazione dirigistica e centralistica. Allora come è compatibile tale disegno con una parcellizzazione di competenze fra Stato e Regioni che il Ministro invece ha voluto ricomporre nel suo dicastero e nella Presidenza del Consiglio cui afferisce il suo dicastero ? Figuriamoci pertanto se il partito di maggioranza si farà indebolire da chi vorrebbe ora il reale trasferimento di competenze che, invece, devono restare saldamente in capo allo Stato.

Venti modelli di economia differente come cambiano i rapporti commerciali con l’estero?

Ma veramente ci vogliamo presentare su grandi mercati mondiali come quelli di Cina, Stati Uniti, India, e di altre aree con le politiche di promozione commerciali di piccole repubbliche – già marinare, come nel caso di Venezia – che vorrebbero conquistarsi l’autonomia in materia? E’ talmente inconsistente tale prospettiva che credo non meriti nemmeno di essere commentata. Ciò naturalmente non vuol dire che non si possa e non si debba migliorare, con la guida dell’Ice, del Ministero degli Esteri e dell’Unioncamere l’approccio ai mercati esteri di tante nostre PMI e di Regioni che – mi riferisco in particolare ad alcune del Sud – devono superare impostazioni molto riduttive  – ai limiti, per intenderci, di qualche giorno di vacanza all’estero per tante PMI con i loro titolari e dirigenti -di azioni promozionali sui mercati internazionali. Bisognerà lavorare sodo in tale direzione, formando non solo assessori regionali, ma anche gli apparati dei rispettivi assessorati, e soprattutto tanti piccoli imprenditori che preferiscono farsi acquistare le loro merci da buyer stranieri, piuttosto che andarle a vendere direttamente in grandi saloni specializzati nei quali devono investire risorse, portando export manager, imparando le lingue e presentando almeno buoni filmati delle loro aziende.

Quali asset economici sono maggiormente esposti a modifiche strutturali?

Tanto per cominciare le politiche energetiche e infrastrutturali del Paese. Venti mercati locali dell’energia e politiche delle grandi infrastrutture che vengono decise da chi ? Da venti assessori ai trasporti ? Già oggi nella Conferenza Stato-Regioni gli assessori regionali ai vari rami possono dire la loro sulle questioni trattate nelle singole sessioni di lavoro, quando il parere dell’organismo sia obbligatorio. Conferenza però le cui competenze devono restare saldamente nelle mani di chi governa il Paese, chiunque esso sia.

Il turismo può essere declinato in diverse modalità. È un valore aggiunto oppure rischia di diventare un problema nella comunicazione all’estero dell’offerta turistica Italia? 

Sicuramente è un valore aggiunto per la nostra economia con la sua ben nota capacità di trascinamento della domanda di beni industriali di consumo immediato, semidurevole e durevole e sicuramente ogni territorio regionale – già lo fanno in maniera massiccia – vuole e deve presentare al meglio le proprie peculiarità storico-culturali, paesaggistiche, ricettive e gastronomiche. Ma tale azione promozionale deve collocarsi sempre all’interno di una cornice promozionale che deve restare nazionale, soprattutto sui mercati esteri, ed essere guidata dagli Enti preposti alla promozione, lavorando sì di concerto con le Regioni, ma con un direttore d’orchestra, piaccia o meno agli amici del Veneto, che deve essere e restare nazionale, anche perché potrebbero essere ripresentati sulla scena internazionale alcuni prodotti turistici del passato che funzionarono soprattutto nel Sud come gli itinerari turistico-culturali, volti a cucire territori, storie, culture e monumenti lungo itinerari interregionali come, ad esempio, quelli della Magna Grecia, della romanità classica, dell’età bizantina, di quella normanno-sveva, della dominazione spagnola, etc.

Quali sono i reali rischi dell’autonomia differenziata per le pmi?

La risposta si riallaccia a quanto detto sino ad ora. Molteplicità di iniziative promozionali non coordinate fra di loro delle singole Regioni, diversità di forme di incentivazione, e tanto altro ancora. Voglio ribadire tuttavia che, se pure non dovesse superare il vaglio della Corte costituzionale o essere bocciata dal referendum popolare, la legge sull’autonomia approvata in Parlamento, non si potrà tornare, a mio sommesso avviso, ad un recente passato o alle cattive pratiche del presente. Intanto bisognerà spiegare bene alle PMI di ogni area la convenienza alle esportazioni, se si dispone di prodotti di qualità e competitivi anche per prezzi e tempi di consegna. In secondo luogo a livello governativo si potrebbe lavorare alla promozione di filiere strategiche interregionali per presentare sui mercati mondiali cluster, distretti, consorzi che possono ed anzi dovrebbero assumere dimensioni nazionali. Insomma, non basterà dire no a Calderoli, ma bisognerà dire di sì a veri e propri salti collettivi in una nuova efficienza e, se mi si passa l’espressione, a veri salti nel futuro. Senza se e senza ma.

Cinzia Ficco

Leggi anche

Economia, cosa è stata la Scuola di Chicago? Sei lezioni per capirlo

Cinzia Ficco

Formazione: da Atitech opportunità per i giovani

Cinzia Ficco

Per Disegnare il futuro l’appuntamento è il 10 maggio a Milano

Cinzia Ficco