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  • L’osservazione della Terra vale 290 milioni

    L’osservazione della Terra vale 290 milioni

    Dati dello Space Economy Report


    La Space Economy è un settore in forte crescita, grazie alla costante espansione delle attività spaziali, ma anche alla contaminazione con altri settori economici. Il mercato globale è stimato nel 2024 in 596 miliardi di dollari (secondo lo Space Economy Report di Novaspace), con una previsione di crescita fino a 944 miliardi entro il 2033, formata soprattutto da soluzioni nelle telecomunicazioni e nella navigazione satellitare. E in Italia il settore spaziale assume un ruolo sempre più importante, da ambito di nicchia a comparto strategico, per lo sviluppo tecnologico ed economico anche in settori tradizionalmente distanti.

    Nove aziende su dieci della filiera italiana dello spazio lavorano anche in altri comparti e l’87% di queste ha avviato iniziative di innovazione nell’ultimo anno. Nel 2024, nel nostro ecosistema industriale sono avvenuti importanti passi avanti: la missione Axiom 3 ha visto per la prima volta imprese italiane partecipare a missioni commerciali verso la Stazione Spaziale Internazionale ed è proseguito il programma Space Factory 4.0 che punta a creare un sistema di fabbriche di satelliti interconnesse, facendo evolvere la filiera in una logica di servitizzazione.

    Ma nell’ultimo anno è aumentata anche di 25 punti percentuali la quota di aziende italiane non del settore spazio che hanno sentito parlare di Space Economy almeno una volta (85%). E sono cresciute di 8 punti quelli che stanno cercando di comprendere meglio l’impatto per le proprie attività, il 21% del totale. Tra i motori della crescita nel medio-lungo termine della Space Economy in Italia c’è l’Osservazione della Terra, il cui mercato nel 2024 prosegue la sua crescita, raggiungendo un valore complessivo di 290 milioni di euro, +28% rispetto all’anno precedente. Un mercato, però, ancora fortemente dipendente dalle commesse pubbliche: servirà una domanda privata per garantire la sostenibilità nel lungo periodo e non disperdere le opportunità di crescita oggi sostenute con investimenti dai PNRR.

    Analizzando l’ecosistema delle startup nella Space Economy, con 170 milioni di euro raccolti nel 2024 e una concentrazione su un numero limitato di realtà, l’Italia mostra un gap rispetto ai paesi europei più avanzati inferiori rispetto ad altri settori tecnologici. Una base promettente perché le startup italiane della Space Economy possano stimolare l’innovazione proponendo nuove tecnologie, prodotti e soluzioni, ma anche nuovi approcci di mercato, verso un’evoluzione di servizi rivolti agli utenti finali.

    Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy del Politecnico di Milano, presentato di recente al convegno “Il futuro della Space Economy italiana tra tradizione e innovazione”.
    “Il contesto internazionale della Space Economy è in grande fermento, con assetti geopolitici in forte mutamento: Stati Uniti e Cina confermano il loro ruolo di leader, ma nazioni emergenti come Emirati Arabi e India stanno facendo grandi passi in avanti – spiega Michele Lavagna (in foto), Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Space Economy – L’Europa, che vanta una tradizione di eccellenza con competenze tecniche all’avanguardia e capacità industriali di primo piano, deve conoscere nuove aree di intervento per continuare ad essere competitiva a livello globale. In questo contesto, la crescita e la competitività futura della Space Economy in Italia dipenderanno soprattutto dalla nostra capacità di sfruttare appieno il valore dell’eredità tecnologica e industriale per riuscire a innovare i modelli di business ei processi di filiera”.

    “Nella Space Economy oggi l’Italia deve creare concrete opportunità di sviluppo a startup e PMI, che rappresentano circa l’80% delle imprese del settore – dice Paolo Trucco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Space Economy- Inoltre, deve coinvolgere una platea sempre più ampia di potenziali utilizzatori finali, con cui sviluppare soluzioni e servizi innovativi che diano slancio ad un mercato privato. Dal punto di vista legislativo, il nostro paese è un apripista. La prima legge quadro sullo Spazio approvata alla Camera e in discussione al Senato ci pone all’avanguardia tra i grandi player globali, rafforzando il settore con il Piano Nazionale per l’Economia dello Spazio e il fondo pluriennale per la Space Economy. L’auspicio è che possa contribuire a supportare ulteriormente l’ecosistema dello spazio italiano, promuovendo una maggior apertura al mercato privato e nuove opportunità di sviluppo a startup e PMI innovative”.

    I cambiamenti globali.

    Il contesto internazionale della Space Economy è in grande fermento. Gli Stati Uniti e la Cina confermano il loro ruolo di leader, con approcci e livelli di trasparenza significativamente diversi, Emirati Arabi e India stanno emergendo in modo deciso. L’Europa è un’eccellenza nel settore spaziale, ma rischia di perdere competitività per alcune criticità, a cominciare dall’ammontare degli investimenti. Il budget pubblico europeo per lo spazio si aggira intorno ai 13 miliardi di dollari (2023), quello statunitense 73 miliardi, mentre si prevede che la Cina superi entro il 2030 il valore attuale europeo con una spesa prevista di 20 miliardi di dollari.

    L’ecosistema spaziale europeo, inoltre, dipende ancora pesantemente dai fondi pubblici, con conseguenti difficoltà per lo sviluppo di iniziative commerciali sostenibili. Imprese e startup sono spesso costrette a cercare nuovi mercati extraeuropei per poter scalare e competere a livello globale oppure a cedere i propri asset.
    La politica del ritorno geografico dell’ESA ha garantito finora investimenti nazionali significativi in programmi spaziali comuni, con lo sviluppo di tecnologie, prodotti, servizi, competenze e capacità industriali. Come anche indicato nel Rapporto Draghi, è urgente individuare nuove politiche che limitano la frammentazione della base industriale spaziale dell’UE, valorizzando appieno la capacità innovativa e la dinamicità di PMI e startup.

    La filiera spazio italiana. La Space Industry italiana è composta per l’89% da imprese che lavorano anche in altri comparti, perlopiù aviazione (63%), industria metalmeccanica (44%), automobilistica (38%) e ICT ed elettronica (35%). Dall’indagine dell’Osservatorio su un campione statisticamente significativo di 115 imprese della filiera nazionale, emerge la consapevolezza del momento di discontinuità che l’industria spaziale sta attraversando: solo il 13% delle aziende non ha avviato iniziative di innovazione, ma non esiste ancora un approccio unico e consolidato. Il 52% delle imprese dispone di propri ambasciatori per ricercare e diffondere innovazione, senza una struttura formale nell’organizzazione, un terzo (30%) assegna ad ogni dipendente obiettivi per stimolare nuove idee dal basso o ha un team ad hoc per l’innovazione (29%).

    Circa il 40% delle aziende ha abbracciato o sta valutando di servitizzare i propri asset spaziali, in particolare per la gestione e realizzazione di asset spaziali o nelle applicazioni ed elaborazioni segnali e dati satellitari, perché una domanda in gran parte di natura istituzionale predilige soluzioni sviluppate ad-hoc e servizi personalizzati.

    Il segmento upstream (aziende della filiera impegnate in ricerca, sviluppo, realizzazione e gestione delle infrastrutture e tecnologie spaziali abilitanti) sta facendo i primi passi nell’adozione di tecnologie e soluzioni di Intelligenza Artificiale: il 78% delle aziende non ha ancora adottato soluzioni di IA, ma più della metà si sta attrezzando per sfruttarne le opportunità in futuro. Le imprese hanno necessità di far evolvere le competenze interne: quelle più richieste sono in ambito programmazione e analisi dati, essenziali per un terzo dei rispondenti (31%), accanto a quelle più tradizionali come progettazione aeromeccanica e ingegneria dei sistemi.

    Utente finale: le aziende. Oggi la Space Economy in Italia è sempre più familiare anche ai non addetti ai lavori e nel 2024 sono aumentate di 25 punti percentuali le aziende non spazio che dichiarano di averne sentito parlare almeno una volta (85%). Mentre si sviluppano sempre più applicazioni downstream per il mercato degli utenti finali.

    Da un’analisi su oltre 200 imprese italiane di grandi dimensioni end-user della filiera Space Economy italiana – realtà tradizionalmente lontane dalla Space Industry interessate a nuove applicazioni d’uso e servizi derivanti dall’utilizzo combinato di tecnologie spaziali e digitali – una su due (50%) ritiene oggi l’economia dello spazio un tema di rilievo e da approfondire. Crescono le realtà che stanno cercando di capire meglio l’impatto che potrà avere per il proprio business: sono il 21%, 8 punti in più rispetto allo scorso anno.
    Tuttavia, solo il 7% delle imprese end user hanno progetti attivi in ambito Space Economy. Le aziende che più si stanno interessando sono quelle che investono più in tecnologie digitali: queste sono le uniche che presentano iniziative interne ben consolidate in ambito Space Economy, anche se con un tasso ancora residuo (4%). I principali fattori che stimolano le imprese ad avvicinarsi alla Space Economy sono l’analisi delle iniziative dei concorrenti (26%), l’esigenza di allinearsi con le richieste dei clienti (26%) e le proposte pervenute dai fornitori di soluzioni tecnologiche (25%). Non mancano, tuttavia, le criticità, come la mancanza di competenze interne e gli alti costi da sostenere.

    Il mercato dell’Osservazione della Terra. Il mercato 2024 dei servizi di Osservazione della Terra in Italia vale 290 milioni di euro, con una crescita del 28% rispetto all’anno precedente. Oltre tre quarti del valore (77%, 6 punti in più) provengono da commesse di clienti istituzionali, mentre solo il 23% dalla domanda di grandi imprese, PMI e startup, con un impatto rilevante dalle risorse del PNRR.

    In linea con l’attuale contesto geopolitico, si evidenzia un significativo aumento nell’ambito militare e della sicurezza pubblica, che pesa il 30% del mercato complessivo (+20 punti rispetto al 2023). Al secondo posto c’è un altro ambito del settore pubblico, l’ambiente e la fauna selvatica, con il 17% del fatturato, mentre al terzo uno privato, l’agricoltura, silvicoltura e pesca, con il 16%.

    Per erogare servizi ai clienti finali in 3 casi su 4 (75%) vengono utilizzati dati provenienti da fonti pubbliche italiane ed europee, ma cresce l’utilizzo di dati privati di multinazionali (13%): gli attori privati hanno esigenze che spesso l’asset pubblico da solo non è in grado di soddisfare e richiedono di integrare le opportunità con dati forniti da missioni commerciali.

    L’avvio. Nel 2024, il capitale di rischio raccolto a livello globale da startup operanti nella Space Economy è pari a 5,5 miliardi di dollari. Un valore lontano dagli 11 miliardi del 2021, periodo di rimbalzo post pandemia e basso costo del capitale, quando il fund raiser era stato influenzato dalla diffusione delle SPAC, ma questo assestamento suggerisce una progressiva maturità dell’imprenditorialità innovativa in ambito Space Economy. Analizzando la distribuzione tra i continenti, 2,65 miliardi sono stati raccolti da startup con sede in Nord America. Poi viene l’Asia con 1,54 miliardi, che per la prima volta supera l’Europa con 1,26 miliardi. Il Regno Unito guida, invece, la classifica europea, con 244 milioni di dollari raccolti, seguito dalla Germania con 223 milioni, Italia con 170 milioni, Spagna con 167 milioni e Francia con 139 milioni di dollari.
    Nel 2024 l’Italia si posiziona, quindi, in terza posizione europea per investimenti in startup della Space Economy, trainata dal mega-round della startup D-Orbit (150 milioni di dollari). Il finanziamento dell’ecosistema startup italiano è concentrato su un numero limitato di startup, a differenza di altri Paesi dove il capitale affluisce in modo più distribuito. Il round mediano è pari a 1,58 milioni, comparabile con quello britannico di 1,5 milioni, ma lontano da 9 milioni tedeschi e dai 5 milioni francesi.

    Se prendiamo in esame gli investimenti raccolti dal 2016, le startup italiane hanno raccolto complessivamente 469 milioni di dollari, quelle francesi 853 milioni, quelle tedesche 677 milioni e quelle spagnole 626 milioni. Dati tutt’altro che negativi: nella media dei settori gli investimenti italiani in startup ad alto contenuto tecnologico sono 4-5 volte più bassi di quelli francesi e tedeschi e metà di quelli spagnoli. Nella Space Economy, l’Italia mostra un gap inferiore.

    La Redazione

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  • Piemonte, nasce Space Industries: “Realizzeremo oltre 200 satelliti l’anno”

    Piemonte, nasce Space Industries: “Realizzeremo oltre 200 satelliti l’anno”

    Giuseppe Santangelo, ad della nuova realtà, specializzata nell’assemblaggio, integrazione e testing di satelliti


    Ha avuto luogo oggi, a Torino, la prima presentazione ufficiale di Space Industries S.p.A., una nuova realtà del settore Spazio, specializzata nell’assemblaggio, integrazione e testing di satelliti fino a 500 Kg.

    Space Industries è nata su iniziativa della famiglia Micelli, proprietaria del gruppo Comat – socio di maggioranza – e di Giuseppe Santangelo (in foto) nel ruolo di Amministratore Delegato.

    Doppio passaporto, italiano e U.S., Santangelo è stato CEO di Teoresi S.p.A. dal 2008 al 2013, prima di spostarsi negli Stati Uniti dove, nel 2014 ha fondato Skypersonic, Inc. quotata poi al NASDAQ nel 2020 insieme a Red Cat. Tornato nel 2023 in Italia per assumere il ruolo di Managing Director di Tyvak International, da febbraio 2025 è CEO di Space Industries S.p.A.

    Space Industries ha il suo quartier generale nel prestigioso edificio del Palazzo Asinari di San Marzano, nel cuore del capoluogo sabaudo. Già diventata sede di uno dei partner dell’azienda, la startup Ecosmic, specializzata nel monitoraggio del traffico e dei detriti spaziali.

    Lo stabilimento produttivo è a Settimo Torinese, in un’area strategica dal punto di vista industriale e logistico.

    L’area produttiva complessiva si estenderà su circa 6.000 metri quadrati, dei quali circa 3.000 saranno di Camera Bianca modulare, rendendola così una delle più grandi d’Europa. Grazie all’ottimizzazione di spazi e processi, Space Industries sarà in grado, entro il 2030, di realizzare fino a 40 satelliti in parallelo, impiegando 100 giorni per la realizzazione di un satellite, con l’obiettivo di produrre un satellite per ogni giorno lavorativo, per una stima di oltre 200 satelliti l’anno.

    Space Industries S.p.A. è presente in altri 5 Paesi del mondo con la sua rete commerciale, che
    si estenderà a 32 entro il 2029.

    Le ottimizzazioni di processo e di prodotto nascono anche dalla valorizzazione dell’expertise del settore automotive. Mettendo a sistema competenze trasversali, Space Industries mira non solo a creare valore in termini di produzione industriale, ma anche a portare un impatto positivo sul territorio valorizzando una filiera produttiva che costituisce un patrimonio di know-how ed esperienza unico al mondo.

    Grazie a questo modello si stima un incremento dell’efficienza produttiva pari ogni satellite fino al 30%. Dal punto di vista economico, gli investimenti previsti complessivi sono di 15 milioni di euro, con la creazione di circa 300 posti di lavoro, nei prossimi 5 anni. Tra le figure ricercate, ingegneri e tecnici AIT, meccanici, informatici, elettronici, responsabili commerciali, ma anche figure amministrative e gestionali.

    Si stima inoltre la nascita di un indotto dedicato di circa 500 professionisti.

    Ma il modello di business di Space Industries passa anche dalla creazione e dal consolidamento di partnership strategiche con aziende del settore.

    Grazie a una rete commerciale in 6 Paesi (Italia, U.S.A., Norvegia, U.A.E., Turchia e India), che si amplierà ulteriormente già dal 2026, Space Industries mira a diventare un attrattore di opportunità commerciali sul territorio, e a metterle a terra sulla base di un principio di forte collaborazione e orizzontalità con gli altri player industriali.

    Per quanto riguarda il Palazzo Asinari di San Marzano, si tratta di una scelta in cui Space Industries crede fortemente.

    La sua funzione sarà duplice. In primis sarà un presidio dello Spazio nel cuore di Torino. L’idea è quella di renderlo un palazzo aperto ad opportunità divulgative legate all’astrofisica, all’ingegneria spaziale, all’astronomia e a tutte le discipline legate a ciò che è oltre l’atmosfera terrestre.

    In secondo luogo – ma non per importanza – Palazzo Carpano sarà la sede della fondazione Inspire 4 Tomorrow, presentata al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, lo scorso 5 febbraio. La fondazione, di cui Giuseppe Santangelo è tra i Direttori, ha l’obiettivo di mettere a terra le azioni dell’Agenda 2030. Tra queste vi è quella di porre la tecnologia al servizio del Pianeta, della sua protezione e della tutela e sviluppo delle comunità locali.

    L’inaugurazione degli spazi produttivi di Space Industries avverrà entro l’autunno 2025.

    “Sono orgoglioso di poter guidare questa nuova impresa – ha detto Giuseppe Santangelo, CEO e co-founder di Space Industries – Space Industries si colloca in uno spazio di mercato ancora poco presidiato, dando la possibilità alle tante aziende e startup che non hanno spazi produttivi, di diventare nostri clienti e di integrare i loro prodotti in maniera veloce, economica, efficiente e scalabile. Puntiamo a diventare una scelta no-brainer quando si parla di assemblaggio, integrazione e testing di satelliti. Space Industries è un modello aperto, ha bisogno di altri partner per poter moltiplicare valore. Per questo motivo i valori di collaborazione, affidabilità, responsabilità ed innovazione sono alla base della nostra azione. Siamo pronti ad accogliere chiunque voglia avere un ruolo attivo in questo progetto e cogliere le opportunità nel settore privato che stanno prendendo vita nella Space Economy globale”,

    “La notizia degli investimenti di Space Industries, una nuova realtà legata all’aerospazio che sceglie il Piemonte, conferma il trend positivo di crescita di questo settore che ha visto incrementare in questi anni imprese, addetti e fatturato caratterizzando il nostro territorio come la culla dell’aerospazio a livello europeo. Si inserisce in un contesto che gode di ottima salute e ne integra il potenziale perché non esisteva finora un’ officina dei satelliti con assemblaggio, integrazione e test. Si capisce bene quindi quanto Torino e il Piemonte stiano diventando un vero cuore pulsante nel settore spaziale: le pmi si affiancano alle grandi generando valore e professionalità. La Regione in questo contesto è parte attiva, non solo nel sostenere i nuovi investimenti, ma anche con progetti strategici, come la Città dell’Aerospazio che sta prendendo forma e si candida a diventare a tutti gli effetti la Capitale dell’aerospazio per la produzione, l’innovazione e la ricerca” , hanno detto il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio e l’assessore alle Attività produttive Andrea Tronzano.

    “Siamo davvero molto contenti di accogliere una nuova realtà all’avanguardia nel settore dell’aerospazio–h affermato il sindaco di Torino Stefano Lo Russo – L’arrivo di Space Industries S.p.A. ribadisce il grande potenziale del nostro territorio e il ruolo che Torino può avere come polo di innovazione e sviluppo. Proprio di recente, per la prima volta, siamo stati inseriti nella classifica delle dieci città più attrattive per investimenti esteri e l’Unione Europea ci ha insigniti del titolo di capitale europea dell’Innovazione. Riconoscimenti che dimostrano come la nostra città guardi al futuro, cercando di allargare i confini e le opportunità. Una nuova realtà industriale significa nuovi posti di lavoro e nuovi investimenti e come istituzioni continueremo a impegnarci per favorire l’insediamento di nuove e importanti realtà come quella che accogliamo oggi”

    “Siamo felici – le parole della Sindaca di Settimo Torinese, Elena Piastra – che un’azienda innovativa come Space Industries abbia scelto la città di Settimo per insediare il proprio stabilimento produttivo. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato diverse politiche di incentivi per attrarre nuove aziende manifatturiere che rappresentano un elemento fondamentale per il nostro territorio”.

    La Redazione

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