Si tratta della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)

Pubblicata il 5 luglio 2024, la Direttiva UE 2024/1760, nota come Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) o Supply Chain Act, entrerà in vigore a partire dal 2026 e rappresenta una svolta normativa di ampia portata per le imprese europee, a partire dalle realtà grandi per coinvolgere successivamente anche le PMI inserite nelle loro catene di fornitura.
L’obiettivo principale della CSDDD è superare l’approccio puramente contrattuale, in cui il rischio di non conformità era spesso trasferito ai fornitori e subfornitori, imponendo invece un dovere di cooperazione e monitoraggio condiviso. La normativa, infatti, obbliga le aziende a identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi delle loro operazioni, comprese quelle dei loro partner commerciali, con un focus particolare sulla tutela dei diritti umani e sulla sostenibilità ambientale.
Secondo Michele Pertile, avvocato (studio legale Casa & Associati), la portata innovativa del Supply Chain Act risiede proprio nella trasformazione delle dinamiche contrattuali tra imprese.

“L’approccio fin qui praticato e osservato nelle catene di fornitura – spiega – in forza del quale le imprese committenti e acquirenti si limitano di fatto a cercare di allocare, sul piano delle garanzie contrattuali i rischi della eventuale non-compliance in capo ai propri fornitori e subfornitori, spesso
PMI, con l’entrata a regime della CSDDD non potrà pertanto ritenersi più sufficiente. Il Supply Chain Act mira, infatti, a superare tale approccio formalistico al problema dei diritti umani e più in generale al tema della sostenibilità. Si è osservato che spesso le PMI, per carenze strutturali o perché più semplicemente mosse dal timore di perdere fatturato per il venir meno della relazione contrattuale con il cliente, tendono ad assumersi il rischio di rilasciare dichiarazioni e garanzie spesso non precedute da attività di adeguata verifica circa la sussistenza di effettivi o potenziali impatti avversi sui diritti umani o sull’ambiente che si annidano tra i vari soggetti e rapporti della filiera in cui operano. La Direttiva CSDDD spinge invece nella direzione di addossare la responsabilità contrattuale per i diritti umani e la sostenibilità su ambedue le parti, tanto dunque sulle imprese acquirenti che sui fornitori/subfornitori. Il processo di costante attuazione del dovere di Due Diligence implica lo svolgimento di attività che necessariamente coinvolgono tutte le società ed i partner commerciali diretti o indiretti. Non si tratta, in sintesi, di mera traslazione di rischi ma di attuare un dovere di cooperazione nel perseguimento di risultati che dovranno essere tangibili, monitorati e pubblicati attraverso gli strumenti previsti dalla Direttiva”.
L’impatto sulle imprese sarà significativo, a partire dalle PMI che, pur non essendo direttamente soggette agli obblighi della direttiva, si troveranno a dover adeguarsi alle richieste di sostenibilità imposte dalle grandi aziende, traducendosi in oneri amministrativi e finanziari importanti. Come evidenzia Luminita Naca (foto in alto), founding partner di Mint Solutions, “molte piccole e medie imprese, pur non essendo direttamente soggette agli obblighi della direttiva, devono adeguarsi alle richieste di sostenibilità imposte dalle grandi aziende, per non perdere contratti e opportunità di mercato. La necessità di implementare sistemi di tracciamento, certificazioni ambientali e misure di trasparenza può rappresentare una sfida considerevole per realtà con risorse limitate. La proposta Omnibus, presentata dalla Commissione UE pochi giorni fa, introduce una revisione delle tempistiche e degli obblighi previsti dalla CSDDD e dalla CSRD, con l’obiettivo principale di ridurre gli oneri amministrativi e garantire un’applicazione più graduale e sostenibile della normativa. Sebbene ciò possa sembrare un passo indietro per l’ambizione europea di leadership nella sostenibilità, la proposta mira a garantire che le aziende possano concentrarsi sugli obiettivi essenziali e adottare la transizione in modo più realistico e strutturato. Posticipare gli obblighi consente alle aziende di strutturarsi meglio, evitando costi eccessivi e disorganizzazione. Inoltre, ridurre il peso delle rendicontazioni sulle PMI potrebbe favorire un’adozione più diffusa e spontanea della sostenibilità, piuttosto che una mera conformità formale imposta dall’alto”.

Sull’impatto per le imprese italiane interviene anche Andrea Puccio, founding partner di Puccio Associati, che sottolinea come, “l’impatto del Supply Chain Act sulle imprese sarà significativo, con effetti particolarmente rilevanti per le grandi aziende italiane e le PMI che fanno parte delle loro filiere. La CSDDD segna un cambiamento fondamentale per il tessuto imprenditoriale europeo e ridefinisce profondamente il concetto di responsabilità aziendale, estendendolo ben oltre il perimetro organizzativo tradizionalmente inteso. In Italia, circa 400 grandi imprese saranno direttamente coinvolte e, attraverso un effetto domino, decine di migliaia di PMI integrate nelle loro catene di fornitura subiranno l’impatto delle nuove normative. L’espansione delle responsabilità aziendali comporterà la necessità di un adeguamento strutturale, con un investimento in risorse e competenze specialistiche. Tuttavia, tale sfida rappresenta, al contempo, anche l’opportunità per migliorare l’efficienza operativa e ottimizzare i processi aziendali. Le imprese saranno chiamate a mappare e monitorare in modo ancor più rigoroso l’intera filiera produttiva, comprese le catene di fornitura indirette. Questo compito richiederà l’adozione di sistemi avanzati e l’integrazione con strumenti già utilizzati per la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive). Sebbene l’adattamento iniziale possa comportare costi elevati e difficoltà operative, la nuova normativa rappresenta per le aziende una concreta opportunità di allinearsi agli standard internazionali, rispondendo alla crescente domanda di trasparenza e sostenibilità da parte di consumatori e investitori. In questo modo, le imprese potranno non solo migliorare la loro reputazione, ma anche sviluppare una maggiore fiducia tra i propri stakeholder, rafforzando la competitività sui mercati globali”.
La Redazione
![]()