Giovanni Rana versus Elon Musk: chi salverà le nostre aziende?
Paolo Iacci, docente e autore di un libro, pubblicato da FrancoAngeli

Giovanni Rana o Elon Musk? Se le nostre aziende vogliono continuare ad essere organizzazioni sostenibili, devono fin da ora scegliere il modello di leadership di cui dotarsi, che, oggi – tempo di rapidi cambiamenti in cui sono le aziende a rincorrere i lavoratori – non può che essere modulare, flessibile. Quindi più simile a quello dell’imprenditore di tortellini che a quello del cofondatore e capo di Tesla, SpaceX, Neuralink e The Boring Company. L’aggettivo da abbinare al management delle organizzazioni future potrebbe essere ironico.
Stop ai management grigi e alle loro passioni tristi. Si facciano avanti le guide aziendali con la faccia del signore della pasta fresca, capace di comunicare all’interno dell’azienda e al suo esterno lo stesso messaggio di leggerezza e sincerità.
E’ questo in sintesi il pensiero di Paolo Iacci, presidente di Eca Italia ecaitalia.com, direttore scientifico di AIDP, titolare della cattedra di “Gestione delle risorse umane” all’Università Statale di Milano, che di recente ha scritto un libro con FrancoAngeli e l’ha dedicato proprio all’ironia (dal greco, dissimulazione).
Perché l’ironia? E’ sinonimo di libertà, nella vita e soprattutto nel lavoro.
“Usare l’ironia – scrive Silvia Zanella nella Prefazione del libro – significa soprattutto decostruire, saper usare senso critico, mettersi in discussione, non avere paura del senso di umorismo, arma implacabile per svelare ciò che non funziona. L’ironia serve sia a chi ha la responsabilità di un team, sia al singolo individuo. L’ironia è una risorsa utile a rendere più sereno il clima lavorativo e a instaurare relazioni di fiducia con i colleghi e i clienti”. E si sa, la fiducia fa crescere la sicurezza e l’engagement. E dunque, la produttività e la buona reputazione. Certo, non è sempre tutto automatico, ma il senso del discorso sull’ironia per Zanella e Iacci è che se vogliamo vivere in un ecosistema, non possiamo celebrare gli egosistemi e abbracciare una cultura manageriale egoriferita, col tempo a rischio implosione.
Paolo, se ha scritto un libro sull’ironia significa che vede in giro troppi manager “ingessati”?
Il problema è un altro. Veniamo da una cultura del lavoro che è ancora figlia del Dopoguerra. All’epoca ci si avvicinava al periodo del grande sviluppo. Oggi siamo in una fase completamente nuova. Allora il lavoro rappresentava una possibilità di riscatto, ma era anche fatica. E la sua concezione era impregnata di cultura cattolica e di quella marxista. Oggi abbiamo un mindset rovesciato. I giovani e non solo loro cercano una nuova possibilità di realizzarsi anche attraverso il lavoro. La felicità non viene più rimandata. Anzi, la si cerca anche in ufficio. A questo punto l’ironia cos’è? Rappresenta la possibilità di esprimere liberamente se stessi all’interno di un complesso organizzato. Ma deve essere quasi sempre autoironia. L’ironia che ci salva non è una battuta singola, ma uno stile, un atteggiamento, una postura leggera. L’ironia è una figura retorica che serve per dire il contrario di ciò che si vuole affermare. In questo senso è anche la possibilità di esprimersi in condizioni avverse e di smorzare contraddizioni troppo forti. Nella vita come nelle organizzazioni aziendali. Ma è necessario che sia compresa da chi scegliamo come destinatario. Altrimenti può scappare di mano ed essere fraintesa.
Nelle organizzazioni italiane si fa meno ironia che in quelle di altri Paesi?
Non ci sono dati, ma elementi che ci confermano la presenza di un profondo malessere nelle aziende italiane. Il 46% in Italia si dichiara stressato rispetto ad una media europea del 39%. Le persone si sentono disingaggiate. Secondo l’ultimo rapporto Gallup nelle organizzazioni il 18 % delle persone sotto i 40 anni e il 26% di quelle sopra i 40 anni sono apertamente disingaggiate. Non solo, secondo il Salary Satisfaction report 2024 ben il 50 per cento degli italiani rinuncerebbe a una parte del proprio salario a favore di un miglior ambiente di lavoro e di un work life bilance più soddisfacente. Questo significa che abbiamo bisogno di uno stile di leadership più vicino alle persone, capace di non esacerbare gli animi e rendere meno pesante il lavoro, senza sacrificare produttività ed efficienza.
In concreto, cosa significa fare dell’ironia, usare l’umorismo per salvare un’azienda?
Certo, una battuta in sé non ha questi poteri. In realtà quello che salva le aziende è l’ironia su stessi, che parte dalla consapevolezza di essere limitati. Ce lo spiegano Socrate con il suo So di non sapere e, in genere, la cultura greca. Abbiamo bisogno di leader meno egoici, più schivi, e non per questo meno bravi. Nel libro cito Borghi perché da operaio ha portato in Italia i primi frigoriferi. Ne ha costruito uno dopo averne comprati tanti. Viveva dentro la fabbrica e conosceva per questo i suoi limiti.
Ironia, soddisfazione al lavoro, maggiore produttività. Ha elementi per dire che ci sia un rapporto quasi deterministico tra loro?
Credo che così si faccia facile retorica. Non ci può essere un rapporto deterministico, perché non è la caratteristica di una persona che può salvare le aziende, l’ho già detto. Se vogliamo un ecosistema non rincorriamo gli egosistemi. Questo alla lunga porta al coinvolgimento delle persone e al loro entusiasmo.
Più facile usare l’ironia all’interno di un’azienda che all’esterno?
In genere è un po’ più facile, perché all’interno può essere meglio controllata. Certo, ci sono pubblicità in cui la comunicazione interna ed esterna si incrociano. Ma sono rare. Mi viene in mente Giovanni Rana, che è sempre un po’ autoironico. E’ l’immagine di un imprenditore tranquillo, che offre al pubblico quello che offrirebbe a casa sua. E’ l’antiMusk, perché gioca sui suoi limiti. Un altro esempio di pubblicità ironica è quello dell’Ikea – portateci i vostri bambini, ce li teniamo sulle palle noi – Comunicazione interna ed esterna coincidono. Il riferimento è alle sfere presenti all’ingresso di ogni negozio Ikea.
L’ironia è più donna? Quindi è più facile vedere una manager ironica?
Da un certo punto di vista sì, perché l’ironia richiede una particolare sensibilità che è più femminile. Anche se a parlarne sono più gli uomini.
Cinzia Ficco