Tag: decarbonizzazione

  • Nucleare in Italia: impatto economico da 50 miliardi e 117 mila nuovi posti di lavoro

    Nucleare in Italia: impatto economico da 50 miliardi e 117 mila nuovi posti di lavoro

    Nuova analisi di EY


    L’energia nucleare sta riemergendo come una risorsa chiave nella transizione energetica italiana, in un contesto mondiale caratterizzato dalla necessità di ridurre le emissioni di carbonio e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Secondo la nuova analisi di EY “Nucleare Italia: il punto della situazione”, questa energia può svolgere un ruolo determinante nel percorso verso la decarbonizzazione e la stabilità energetica del Paese.

    Paola Testa (in foto), EY Europe West Energy & Resources Consulting Leader, commenta: “La strada per la decarbonizzazione richiederà l’adozione di una varietà di fonti energetiche per soddisfare la domanda di energia in modo sostenibile e sicuro. In questo contesto, l’energia nucleare sta emergendo come uno strumento essenziale nel contrastare il cambiamento climatico. Per questo, anche in Italia, risulta determinante la collaborazione tra il mondo istituzionale, accademico e industriale per consolidare il percorso verso la transizione energetica di cui questa energia ne rappresenta il futuro. Le prospettive per il 2025 indicano che gli investimenti nel nucleare potrebbero avere un impatto economico complessivo di 50,3 miliardi di euro, beneficiando di 35,5 miliardi di ricadute indirette e indotte, con un risparmio annuo stimato tra 8 e 10 miliardi di euro sulle importazioni di energia.”

    L’Italia sta intraprendendo un percorso legislativo volto a riconsiderare l’energia nucleare come una risorsa strategica all’interno del proprio mix energetico, in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione e sicurezza energetica. Il disegno di legge recentemente approvato, si inserisce, infatti, in un contesto normativo europeo che disciplina la sicurezza nucleare, la gestione dei rifiuti radioattivi e la promozione di fonti energetiche a basse emissioni.

    Su questo punto Testa aggiunge: “Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2025 rappresenta un passo significativo verso la sostenibilità energetica. L’energia nucleare, se gestita in modo sicuro e responsabile, può contribuire alla riduzione delle emissioni di carbonio e garantire una fonte energetica stabile che possa affiancare le rinnovabili e mantenere stabile la baseline produttiva. I futuri decreti legislativi dovranno abilitare anche investimenti e fondi per la creazione di piattaforme di sviluppo tecnologico che si muovano nella realizzazione di alleanze industriali a presidio e protezione della filiera energetica e nucleare italiane ed europea. D’altronde, l’investimento nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie avanzate, come la fusione nucleare realizzabile in un futuro non troppo lontano, potrebbe portare a innovazioni cruciali per il futuro energetico del Paese”.

    Grazie ad una rete di partnership italiane ed europee che favoriscono la crescita e l’innovazione nel settore, il Paese sta consolidando il proprio ruolo come attore di primo piano nello sviluppo delle tecnologie nucleari avanzate e punta a definire una strategia per dell’energia nucleare nel mix energetico entro il 2027 e a coprire tra l’11% e il 22%della domanda elettrica nazionale entro il 2050. In questo contesto, gli SMR (Small Modular Reactors, reattori avanzati con una capacità massima di 300 MWe per unità ovvero circa un terzo della potenza di un reattore convenzionale), rappresentano una delle opzioni più promettenti per il rilancio del nucleare in Italia, grazie alla loro flessibilità e ai potenziali vantaggi in termini di sicurezza.

    Secondo le stime EY, lo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e Italia potrebbe generare un mercato complessivo di circa 46 miliardi di euro per la filiera industriale italiana, con un valore aggiunto di 14,8 miliardi di euro e la creazione di circa 117.000 nuovi posti di lavoro.

    Risulta dunque cruciale puntare ad un piano di sviluppo delle competenze per coprire l’intero spettro di figure professionali necessarie attraverso, ad esempio, percorsi formativi specifici per tecnici, ingegneri e operatori del settore, con particolare attenzione alla progettazione e

    costruzione di impianti, alla gestione operativa dei reattori e allo smaltimento sicuro dei rifiuti radioattivi o ancora facendo leva sulla formazione di profili provenienti dagli istituti tecnici superiori (ITS).

    Facendo un paragone con gli altri Paesi europei, in Europa l’energia nucleare gioca un ruolo cruciale nella transizione energetica. La Francia ha una capacità nucleare installata di circa 61 GW, coprendo il 70% della domanda elettrica nazionale. La Germania, invece, ha deciso di disattivare le proprie centrali nucleari entro il 2022, ma sta valutando la possibilità di riaprire il dibattito sul nucleare a causa delle crescenti preoccupazioni per la sicurezza energetica e la decarbonizzazione.

    In conclusione, l’evoluzione recente del quadro normativo e delle strategie energetiche italiane mostra uno sviluppo significativo rispetto al contesto delineato nello studio di EY del gennaio 2024. L’Italia sta rivalutando il ruolo dell’energia nucleare per supportare la transizione energetica, rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre la dipendenza dalle importazioni.

    La Redazione

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  • Industria del riciclo rifiuti: una leva strategica per la decarbonizzazione

    Industria del riciclo rifiuti: una leva strategica per la decarbonizzazione

    Assoambiente detta in 5 mosse “L’Agenda 2030 per il riuso”


    L’industria italiana del riciclo si conferma un’eccellenza del nostro Paese e una risorsa strategica per l’economia circolare e la decarbonizzazione dell’economia nazionale ed europea; un prezioso strumento per ridurre la nostra tradizionale dipendenza energetica. Dal 2020 l’uso circolare di materia in Italia sta vivendo una fase di contrazione. Per rafforzare il ruolo strategico del settore e dare sostanza alla circular economy è oggi necessario seguire un’Agenda di riforme che veda impegnate Istituzioni nazionali ed europee e operatori del settore”.
    Sono queste le principali evidenze emerse nel corso della presentazione, tenutasi oggi a Roma, del Rapporto annuale “L’Italia che Ricicla”, promosso dalla Sezione UNICIRCULAR di ASSOAMBIENTE – l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche.

    Il settore dell’economia circolare rappresenta un importante volano economico per l’economia italiana: il valore aggiunto del settore (ossia il reddito lordo dalle attività operative) si attesta al 2,5% del PIL. Un dato più alto della media europea che trova conferma anche sul fronte dell’occupazione: nel Belpaese lavorano circa 613 mila persone a tempo indeterminato nel comparto dell’economia circolare, circa il 2,4% degli occupati a tempo indeterminato.

    Sino alla pandemia, il nostro Paese aveva registrato un costante aumento dell’utilizzo di materiali riciclati nei processi produttivi, dal 2020 questa tendenza si è invertita, con un aumento dei consumi, cui ha fatto da contraltare una riduzione dell’utilizzo di materie prime ottenute dal riciclo. Per riprendere un percorso virtuoso da un punto di vista ambientale, l’uso circolare della materia deve essere supportato in modo più incisivo. Sono necessari nuovi investimenti: secondo gli ultimi dati, la quota di PIL investita in economia circolare in Italia è pari allo 0,7%, inferiore sia alla media europea (0,8%), che a quella delle principali economie come Germania (0,9%) e Francia (0,8%).
    Nel 2023 l’Italia è risultata importatrice netta di materie prime seconde per circa 8 milioni di tonnellate, a testimonianza di un potenziale di crescita che potrebbe essere sfruttato dall’industria del riciclo, se adeguatamente sostenuta, soprattutto nei settori dell’organico, dei metalli ferrosi e non ferrosi e del vetro. I flussi di materie in entrata provengono principalmente dall’Europa continentale e dal continente americano, mentre i flussi in uscita sono diretti principalmente verso Turchia, India e Cina.

    “È oggi necessaria – ha affermato Paolo Barberi – Presidente della Sezione UNICIRCULAR di Assoambiente – una strategia industriale che consideri la circolarità come un pilastro essenziale per la competitività e la sostenibilità del Paese. In particolare, vanno rimosse le barriere regolatorie che rappresentano il vero freno alla decarbonizzazione del nostro sistema produttivo”.
    La risposta alle sfide a cui l’industria italiana del riciclo è chiamata a rispondere nei prossimi anni è contenuta nell’“Agenda 2030 per il Riciclo”, formulata da Assoambiente attorno a cinque punti strategici, per delineare il piano di transizione verso un’economia circolare matura:

    1. il completamento del mercato unico europeo per i prodotti riciclati: vanno rimossi gli ostacoli normativi, burocratici e regolamentari, uniformando le normative dell’End of Waste;
    2. il riconoscimento del contributo del riciclo alla decarbonizzazione, con il conseguente sostegno economico a queste attività per la capacità di ridurre o evitare emissioni;
    3. una rivoluzione fiscale per il riciclo: vanno ripensati i regimi a sostegno di questi beni, prevedendo strumenti come il credito d’imposta per l’economia circolare, l’IVA agevolata su materie prime seconde e la revisione della tassazione ambientale;
    4. il rafforzamento delle attività complementari al riciclo: occorre migliorare quantità e qualità delle raccolte differenziate e potenziare il recupero energetico per le frazioni non riciclabili;
    5. un ripensamento normativo e amministrativo delle regole per il riciclo: vanno recepite in modo efficace le prescrizioni europee, anche attraverso un maggiore coinvolgimento degli operatori, e rafforzati gli appalti green delle PA e i Criteri Ambientali Minimi (CAM).


    L’industria del riciclo – ha aggiunto Chicco Testa (in foto), Presidente di Assoambiente – oggi può rivelarsi strategica anche per ridurre la dipendenza del nostro Paese dall’importazione di materie prime (anche di quelle “critiche”) e di energia da altri Paesi, portando a compimento finalmente l’atteso disaccoppiamento tra andamento delle attività economiche e consumo di materia, già raggiunto da altre economie europee”.

    La Redazione

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